18 Agosto 1971
Nella ricerca delle idee maggiori del Concilio non possiamo tralasciare quella della libertà, che troviamo espressamente enunciata nei documenti conciliari; uno di questi documenti vi è intenzionalmente dedicato, quello sulla « Libertà religiosa » ( Dignitatis humanae ); altri ne parlano come d'un'esigenza fondamentale per dare dell'uomo la sua essenziale definizione: l'uomo possiede di natura sua questa facoltà di potersi autodeterminare; e per assegnare all'uomo la legittima e responsabile padronanza delle proprie azioni.
La libertà: se ne è tanto parlato ai nostri giorni, in sede dottrinale per esaltarla e rivendicarla, ovvero per negarla e per ridurla ad una illusione psicologica che rimane ad ogni modo prigioniera d'un invincibile determinismo.
E se ne è parlato in sede pratica in ogni campo dell'attività umana, pedagogica, sociale, economica e specialmente politica, per affermarla con la massima energia, ed anche per impugnarla con le forme più diverse di limitazione, di repressione e di negazione.
La libertà è uno dei temi principali e caratteristici della cultura moderna, e affermata, discussa, negata essa costituisce uno dei campi in cui l'uomo è costretto a prendere posizione.
Strano si è che è ben difficile trovare l'accordo degli uomini in questo campo stesso, dove essi s'incontrano spesso più per dividersi e per combattersi, che per celebrare insieme questa graduale e irreversibile conquista del progresso storico e spirituale della civiltà.
Vi sarebbero moltissime cose da dire in ordine alla libertà, delle quali non è questo il momento di fare parola.
È tuttavia sempre opportuno procurare d'avere un concetto chiaro sul significato del termine libertà: esso indica la padronanza di sé, il potere di scegliere, riferito all'azione, l'autonomia ( liberum est quod causa sui est ) ( S. TH. I, 83, 1; cfr. Sir 15,14 ), e si riferisce alla volontà: mentre l'intelletto è determinato dalla conoscenza, la volontà sceglie autodeterminandosi, ma, se vuol essere umana, e non schiava degli istinti o di influssi esteriori, trova nella ragione il motivo della sua scelta ( Cfr. Gv 8,32; S. TH. I-II, 17, 1 ad 2 ); e perciò la libertà dovrebbe, per sé, essere rivolta al bene.
Essa non è fine a se stessa, ma è disponibile ed ordinata all'azione diretta alla ricerca e al conseguimento di valori vitali, inseriti nel quadro obiettivo del Bene assoluto e del vero bene a noi relativo.
Questa analisi psicologica circa il gioco tra la ragione e la volontà, le due facoltà spirituali dell'uomo, è molto importante e dovrebbe essere approfondita per scoprire uno dei difetti capitali prodotti in noi dal peccato originale: l'accordo intimo fra ragione e volontà non è sempre felice, pensiero ed azione non sono in noi sempre coerenti ( Cfr. Rm 7,15 ).
Saremmo qui tentati di studiare come la grazia, cioè l'azione divina soprannaturale, lo Spirito Santo, possa entrare in questo gioco interiore dell'anima umana, con le sue misteriose e pur sperimentabili ispirazioni, o dando alla mente maggiore luce, maggiore capaciti conoscitiva, ovvero dando alla volontà maggiore rettitudine e maggiore forza di eleggere e di agire, sempre rispettando la libertà dell'uomo: è uno dei problemi più interessanti e più complessi della teologia; S. Agostino vi dedicò fra i primi molte mirabili pagine.
Ma ciò che oggi interessa la pubblica discussione non è tanto questa delicata e indispensabile introspezione circa l'esistenza interiore della libertà, ma piuttosto l'uso esteriore, sociale, politico della libertà.
La libertà è diventata un dogma per alcuni, un pericolo per altri.
Essa suppone nel suo esercizio degli ostacoli, dei limiti; e perciò ordinariamente la libertà si pone come una lotta di liberazione, cioè di rimozione degli ostacoli che si oppongono alla sua larga e spontanea affermazione.
È facile immaginare, da un lato, quale idealismo, spesso nobile e coraggioso, sostenga questo sforzo di liberare l'uomo da ciò che costringe, limita, impedisce l'espansione della sua personalità e della sua attività; si parla di liberare l'uomo dalla schiavitù, dalla tirannia, dalla mancanza di diritti civili, ovvero dalla fame, dalla miseria, dalla ignoranza, dalla precarietà delle sue condizioni: è questa una delle cause che maggiormente impegna oggi uomini saggi e valorosi, anche se talora intemperanti e demagogici.
Dall'altro lato, si vede come l'uso della libertà possa facilmente degenerare in disordine: l'individualismo per primo e perciò l'egoismo, la confusione sociale, donde la repressione, la disintegrazione della comunità, e così via: se ciascuno vuol fare a suo modo, col pretesto della libertà, facilmente avremo la decadenza della società civile organizzata come Stato; e facilmente avremo la prevalenza delle forze violente, istintive, passionali sul pubblico ordine morale.
È a questo punto che si è posta la polemica dottrinale della Chiesa nei riguardi del liberalismo ( al quale dobbiamo riconoscere certi meritevoli aspetti, specialmente nell'ordine pratico ),
per il suo agnosticismo in fatto di principi trascendenti, sia religiosi che etici;
per il suo ottimismo nel risultato della lotta inevitabile fra le varie tendenze, la quale si è risolta spesso nella sopraffazione del più forte, specialmente in campo economico-sociale;
per il naturalismo che ne è derivato a danno d'un deontologismo etico ed a favore di un'indifferenza, speculativa almeno, verso i bisogni e le sofferenze altrui;
per il fermento antinormativo che ha poi alimentato le inquietudini sociali, favorendone così reazioni rivoluzionarie e totalitarie.
Ciò non ostante, la Chiesa « ha scelto la libertà ».
Il Concilio ha fatto propria la grande istanza del mondo civile moderno per riconoscere all'uomo questa primaria e altissima, naturale prerogativa: la libertà.
Due punti meritano d'essere notati.
Il primo riguarda la ragione profonda e suprema della libertà dell'uomo: è ancora la sua dignità.
Ascoltate come si esprime il Concilio: « La vera libertà è nell'uomo il segno altissimo dell'immagine divina.
Dio volle infatti lasciare l'uomo in mano del suo consiglio ( Sir 15,14 già citato ), così che cerchi spontaneamente il suo Creatore, e giunga a Lui liberamente con la sua adesione … » ( Gaudium et Spes, 17 ).
Togliete dall'uomo questo rapporto intenzionalmente libero e moralmente vincolato verso Dio, e toglierete la ragione più giustificativa della libertà umana.
Ed ecco allora il secondo punto, degno di menzione: il rapporto dell'uomo con Dio non deve essere né costretto, né impedito dall'autorità esterna dello Stato, incompetente in campo religioso; è questa la ragione basilare del Decreto Conciliare sulla libertà religiosa nel campo della convivenza civile ( Dignitatis humanae ).
Tralasciamo qui ogni spiegazione, che pur sarebbe dovuta.
Ci preme raccomandarvi di saper voi stessi educare cristianamente alla coscienza e all'uso della libertà, che non solo da oggi, ma oggi con più chiaro e completo insegnamento, la Chiesa cattolica predica ai suoi figli.
L'ha predicata sempre in rapporto alla fede, esortando il cristiano a dare alla fede il primo posto nella scala dei valori, fino a sacrificarvi per la sua libertà, se occorre, ogni altro bene, anche la vita, con la testimonianza suprema, col martirio.
Lo sappiamo: vi sono pagine nella storia della Chiesa, in fatto di libertà religiosa, che meritano riserve e spiegazioni, facilmente derivabili dal contesto storico in cui esse registrarono fatti più conformi allo spirito temporale che a quello evangelico.
Ma accogliamo con gioia il nuovo insegnamento più coerente con questo spirito del Vangelo.
E avvertiamo una cosa: la libertà è facoltà estremamente preziosa, ed estremamente delicata ( Cfr. 1 Pt 2,16 ).
Affinché la libertà resti per noi quel riflesso divino ch'essa è, procuriamo di proteggerla, e dapprima in noi stessi.
Vero che la coscienza dev'esserle guida, ma la coscienza stessa dev'essere guidata dalla scienza delle cose divine ed umane; la verità è liberatrice.
Vero che la libertà deve poter operare senza ostacoli, ma essa dev'essere orientata al bene, e questo orientamento imperativo si chiama senso di responsabilità, si chiama dovere;
vero che la libertà è una prerogativa personale, ma essa non può non essere rispettosa dei diritti altrui, anzi essa non può essere disgiunta dalla carità, la quale non solo ci fa ossequienti alle leggi ( Cfr. Rm 13,1-7 ) e obbedienti all'equilibrio delle convivenze collettive ( Cfr. Col 3,20 ), ma ci vieta l'uso anche delle case lecite, se ciò riesce dannoso al prossimo ( Cfr. Rm 14,15; 1 Cor 10,23 ), ci spoglia da ogni egoismo e converte la nostra autonomia personale in oblazione a Dio ( con promesse, o voti, ad esempio ), e con volontario e generoso impegno all'altrui servizio.
Quante cose!
Ve ne dia intelligenza la Nostra Apostolica Benedizione.