14 Novembre 1973
Sull'orizzonte del Medio Oriente, ultimamente oscurato dalla ripresa d'un sanguinoso conflitto, si è ora riaccesa una luce di speranza.
Noi vogliamo esprimere qui il nostro plauso, il nostro apprezzamento per chi ha preso l'iniziativa e per quanti hanno collaborato a ritessere con fiduciosa pazienza le fila di un accordo per la cessazione del fuoco che sembrava compromesso già sul suo nascere, in modo da aprire la via a ravvicinate prospettive di una Conferenza di pace, della quale mai, forse, come in questi tempi si è sentita l'urgenza, di fronte al pericolo d'un minaccioso aggravarsi della situazione.
E vogliamo, insieme, far nuovamente pervenire a tutti i responsabili la nostra parola di esortazione e di incoraggiamento ad agire con lungimirante saggezza e decisa volontà, perché la speranza rinata non abbia ad andare ancora una volta delusa, ma possa invece essere coronata - sia pure a conclusione di un cammino che non si preannuncia facile o breve - da una definitiva ed accettata soluzione pacifica: la quale, tenendo conto equamente dei diritti e delle legittime attese di ognuna delle parti interessate, dia stabile e sicura tranquillità a quelle regioni e a quelle genti, care a noi, tutte, e molte delle quali hanno già troppo e troppo a lungo sofferto.
Il nostro pensiero non può non andare qui, con particolare intensità di interesse e di affetto, alla Terra e alla Città che per tanti titoli e da tanti credenti sono considerate e chiamate Sante.
In questa fase che deve preludere e porre le condizioni necessarie all'inizio del negoziato di pace, la nostra trepidazione si volge in modo speciale ai prigionieri, e in primo luogo a quelli che, per le ferite riportate nel conflitto, si trovano più esposti a sofferenze e a pericoli.
Noi auspichiamo, con tutto il cuore, e invochiamo che essi possano essere al più presto restituiti alla loro patria e ai loro cari, portando così una prima, vivente testimonianza di nuovi propositi di pace, sui quali imploriamo la benedizione di Dio e per i quali invitiamo il mondo tutto alla preghiera.
Se il processo ideale e spirituale, che l'Anno Santo propone all'uomo contemporaneo, avrà il suo logico svolgimento, molte cose, oggi acquisite dalla mentalità culturale comune, dovranno cambiare e migliorarsi.
Logico svolgimento, sì, possiamo adoperare questo consueto e legittimo, modo di dire; ma in realtà dovremmo dire: divino intervento; cioè se la luce di Dio ci si rivela ( Cfr. Mt 11,27 ); se noi, alunni della verità, sappiamo ascoltare la voce di Cristo ( Cfr. Gv 18,37 ); se lo Spirito Santo, fattosi nostro Paraclito, cioè nostro assistente, ci vorrà insegnare tutte le cose la cui conoscenza è indispensabile alla nostra vita, allora il pensiero moderno uscirà dalla oscurità speculativa in cui ora si trova, supererà lo stato d'incertezza metafisica nel quale oggi soffre e si disperde, riacquisterà la fiducia nella propria capacità conoscitiva, ritroverà la gioia dell'analisi e della sintesi; aspirerà alle vette delle sue ascensioni ( Cfr. Sal 83,6 ), e volentieri respirerà ancora nella preghiera.
Diciamo più semplicemente, con un elementare paragone: sarà allora come quando in una stanza buia noi accendiamo una luce.
Nulla è cambiato, ma tutto è illuminato; ogni cosa mostra la sua forma, la sua posizione, i suoi colori, il suo scopo, il suo ordine; e chi dimora nella stanza rischiarata, guarda, distingue, ammira, usa le cose rese a lui presenti in una definizione loro propria.
Così noi pensiamo possa avvenire nello spirito dell'uomo moderno, se la luce della fede riappare dentro di lui.
La grande notte della negazione deve cessare, e il raggio pasquale del Signore, risorto, il lumen Christi del Sabato santo deve ridare senso al quadro oscuro della vita umana.
Alcuni dogmi gratuiti della mentalità vigente devono sciogliersi, non a scapito del pensiero evoluto e scientifico, nel quale oggi chi studia, chi pensa e chi si arrende alla moda culturale cerca un rifugio di certezza e un titolo di prestigio, ma a conforto, a corona, a pienezza d'un tale pensiero.
La vecchia e ricorrente obiezione della opposizione irriducibile fra scienza e fede, obiezione che ancora sostiene la mentalità materialista ed atea di tanti ambienti dell'opinione pubblica, dovrà arrendersi alle esigenze della scienza stessa, la quale quanto più si dilata e si afferma, tanto più deve riconoscere la crescita del mistero in cui è immerso il campo delle sue esplorazioni.
Nessuna cosa, ci insegna il buon senso ( Cfr. l'opera sempre valida di Garrigou-Lagrange, Le sens commun ), ha in se stessa la sua ragione d'essere; e se noi allarghiamo la nostra conoscenza delle cose, queste ci rimandano al problema esistenziale, che solo un atto pensante e creativo d'un Essere per se stesso vivente, cioè Dio, risolve con pace dell'inquirente pensiero ( Cfr. ROomano Guardini, Il Dio vivente e Vie de la Foi; Christian Chabanis, Dieu exirte-t-il?, Fayard, 1973 ).
E tutto lo sforzo, che si sta svolgendo in diversi Paesi, per imporre una scuola radicalmente negativa di Dio, non dovrà alla fine esaurirsi, o con un atto riflesso ed intelligente dei promotori, o con una incontenibile esplosione di « nuove fedi » istintive e irrazionali, che buona parte della presente generazione giovanile si crea da sé?
« Lo spazio da cui la fede è scacciata non è occupato dalla ragione, ma dall'irrazionalità più sbrigliata e sicura di sé » ( Prof. Sergio Cotta ); ovvero, potremmo aggiungere noi, dal conformismo ideologico più mediocre e più servile.
Una volta di più noi affermeremo che non abbiamo alcuna prevenzione negativa verso la scienza, e nemmeno verso la pedagogia della scuola contemporanea, che intende educare la nuova generazione a studiare e a pensare scientificamente.
Saremo anzi sempre promotori e ammiratori dell'iniziazione allo studio positivo e razionale del mondo, interiore o esteriore che sia, e all'applicazione nella attività umana all'impiego utilitario, per il benessere e l'incremento della vita sociale e civile, della conoscenza risultante da tale studio.
Ma ancora una volta noi dovremo denunciare la fallacia di metodo e di contenuto, la quale vuole restringere la conoscenza umana soltanto nella sfera materialista, atea perciò, e a finalità puramente temporali e edoniste.
La fallacia consiste nella concezione incompleta, angusta e degradante, sia del pensiero che dell'attività, del materialismo secolarizzato e pago di se stesso.
Anche se esso fosse capace di risolvere tutti i problemi economici del nostro tempo, cambiando prodigiosamente le cose materiali, le pietre diciamo, nel pane per la fame naturale dell'umanità, noi dovremmo francamente ricordare la parola liberatrice di Cristo: « non di solo pane vive l'uomo, ma altresì d'ogni parola che procede dalla bocca di Dio » ( Mt 4,4 ).
E ciò che vale nella palestra della conoscenza naturale, che accusa la propria insufficienza a contenere nell'ambito puramente sperimentale e scientifico le sue vittoriose conquiste, vale ancor più nel campo della conoscenza religiosa, la quale non può dirsi soddisfatta dai fenomeni spirituali soggettivi, che una religione sentimentale, autocarismatica, idealista può interiormente generare, restando poi cieca sulla Realtà trascendente verso cui tende indarno le braccia, se lo Spirito Santo, mandato dal Padre nel nome di Cristo ( Cfr. Gv 14,26 ), non le viene in qualche misura incontro.
Qui un nuovo modo di conoscenza può integrare quella autonoma della ragione; la conoscenza per via di fede, accordata da noi, o piuttosto a noi misteriosamente pervenuta per dono divino, alla Parola di Dio può riempire il nostro animo d'una luce vera e gioiosa; una luce tuttora incipiente, già colma di rivelazioni e di certezze, ma ancora enigmatica ( Cfr. 1 Cor 13,12 ), e invitante ad un duplice atto, di assenso fiducioso e di meditazione esploratrice.
Questo può essere ai nostri giorni?
Può avvenire una rigenerazione del pensiero dell'uomo moderno, confortato alla ricerca della verità scientifica, abilitato all'accoglienza e alla contemplazione di quella Verità, ch'è una cosa sola con la Vita?
Sì, noi lo speriamo.
Questa vuol essere una delle grandi mete dell'Anno Santo.
Avanti, Figli carissimi, pensiamo e preghiamo a tal fine.
Con la nostra Benedizione Apostolica.