11 Giugno 1975
Il programma dell'Anno Santo presenta alla Chiesa e, possiamo dire, presenta al mondo uno scopo ben difficile, quello della riconciliazione.
Il programma parla di due scopi fondamentali: rinnovamento e riconciliazione.
Fermiamo ora l'attenzione sul secondo termine di questo poderoso binomio: riconciliazione.
Questo termine suppone una rottura da riparare; mentre il primo termine: rinnovamento, tende ad una novità da produrre; e, sotto certi aspetti, è più facile fare una cosa nuova, che aggiustare una cosa rotta ( Cfr. Lc 5,37 ).
Ma sta il fatto che la parola « riconciliazione » fa parte essenziale dell'economia della redenzione; riguarda una necessità insostituibile della salvezza operata da Cristo; basta a provare ciò l'autorevolezza e la frequenza del concetto, ch'essa esprime, in testi molto chiari e ripetuti nella Sacra Scrittura ( Cfr. Rm 5,10-11; 2 Cor 5,18-20; Col 1,20.22; Ef 2,16; etc. ).
Essa rientra in quel disegno di riparazione, di misericordia, di perdono, che tesse tutta la trama del Vangelo, e che ricongiunge l'opera riparatrice di Cristo alla sua opera rinnovatrice ( Cfr. Ef 4,24; Col 3,10; 2 Cor 5,17; Ap 21,5; etc ).
Con questa avvertenza, che il termine « riconciliazione » suppone due soggetti simultanei da riconciliare fra loro.
Quali sono questi soggetti da riconciliare?
Se prescindiamo dal soggetto singolo, ch'è la coscienza personale, bisognosa anch'essa di essere riconciliata con se stessa, quando dubbi o rimorsi le tolgono la pace interiore, possiamo dire che la riconciliazione riguarda due categorie di soggetti da riconciliare, prima delle quali è quella di Dio con l'uomo, e viceversa dell'uomo con Dio; la vera, la grande riconciliazione, che nella sua realtà profonda esige il Mediatore, esige Cristo, che solo può ristabilire rapporti reali, vitali, rigeneratori fra l'umanità decaduta e Dio, nostro principio, nostro termine, nostra vita ( Cfr. Gv 14,6; Col 3,4 ).
Qui c'è tutta la nostra religione, la nostra teologia, la nostra pietà.
L'altra categoria di soggetti da riconciliare, e sappiamo quanto collegata con la prima ( Cfr. Mt 5,24; Mt 18,33; Mt 6,12 ), riguarda gli uomini fra loro; ed è categoria vastissima e complessa, quanto lo sono le perturbazioni dei rapporti umani, sempre complicate, molteplici, spesso insanabili, spesso collettive.
Qui tutta la fenomenologia spirituale e sociale della guerra e della pace,
qui tutto l'inesauribile dramma del perdono e del rancore,
qui tutta la pedagogia della concordia familiare, comunitaria, sociale,
qui le teorie della lotta di classe e del prestigio dell'onore,
qui la pseudo-giustizia della vendetta privata, mafiosa, tribale, o nazionale che sia,
qui tutto l'egoismo, che si afferma come metodo preferenziale e con esigenze assolute,
qui l'inguaribile piaga dell'odio, che inaridisce i cuori e sterilizza le native sorgenti dell'amore e del bene,
qui l'utopia, o meglio l'ideale evangelico della carità, che Cristo ha osato proporre ai suoi seguaci e a tutti gli uomini: « Io anzi vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano … » ( Mt 5,44 )
qui insomma il paradosso, la necessità costituzionale del regno di Dio della riconciliazione!
La quale vuol dire dunque perdonare e dimenticare le offese, far rinascere relazioni pacifiche e amichevoli, riprendere la conversazione e la fiducia, non lasciarsi intossicare dalla psicologia del male, ma « vincere il male col bene » ( Rm 12,21 ), diffondere la bontà, la generosità, la magnanimità ( Cfr. S. Thtomae Summa Theologiae, II-IIæ, 129, 3, ad 4 ), la speranza nella prevalenza e nella rinascita del bene, e così via, questa è la riconciliazione che l'Anno Santo vuole accendere nei nostri animi, e attestarsi così come anno nuovo nella nostra vita personale e nella nostra storia.
Ricominciare!
Noi osiamo citare ancora la nostra recente Esortazione Apostolica che dalle sue iniziali parole s'intitola Paterna cum benevolentia ( 8 Dec. 1974 ), con la cordiale fiducia che primi a volervi riflettere ed a volerne accogliere l'evangelico invito siano quei nostri fratelli, questi nostri figli, che del malumore cattolico, della contestazione abituale, della critica amara, della sdegnosa distanza, e talvolta della subdola o spregiudicata defezione, ammantata spesso di logica fallace, si sono fatti stile e programma.
Li abbiamo noi forse offesi?
Vorremmo assicurarli che ciò non era certo nelle nostre intenzioni; ad ogni modo, noi per primi domanderemo il loro perdono.
Ma essi, proprio in virtù di questo richiamo dell'Anno Santo alla riconciliazione, non vogliano privare noi e se stessi della gioia della nuova pace fraterna.
Con la nostra augurale Benedizione Apostolica.