28 Aprile 1976
Noi siamo ancora nella sfera spirituale della Pasqua, la quale ha nel nostro battesimo l'espressione rituale più significativa e l'efficacia rigeneratrice più decisiva per la nostra vita religiosa e morale.
La celebrazione della Pasqua deve ravvivare in noi la coscienza del battesimo ricevuto.
Perciò noi desideriamo risvegliare in noi nel periodo successivo alla Pasqua la maniera di pensare e di vivere propria di chi sa d'essere stato battezzato.
Ricordiamo la teologia del battesimo, che può meritare studio e meditazione per tutto il tempo della nostra vita; cioè essa ci ricorda tutta la nostra storia religiosa:
venuti al mondo in una condizione infelice rispetto al nostro rapporto con la sorgente vera e superiore della vita, che è il Dio vivente, a causa del peccato originale,
noi siamo stati da esso purificati e ridonati alla grazia, la vita soprannaturale, mediante Cristo, nostro Salvatore e Fratello, morto e risorto per noi,
al quale col battesimo nello Spirito Santo, siamo stati associati, e così inseriti in quella « comunanza di spiriti » ( Fil 2,1 ), ch'è la Chiesa, eccetera …
Questo noi conosciamo e sempre meglio dovremmo conoscere e crescere in questa scienza meravigliosa ( Cfr. Fil 1,9 ).
Ma ora ci fermiamo alla consapevolezza complessiva della nostra appartenenza a questo piano divino della nostra salvezza, nel quale il battesimo ci ha introdotti; e ci riferiamo, per intenderci con linguaggio elementare, all'aspetto soggettivo del mistero pasquale, in noi non solo liturgicamente rievocato dalla Pasqua testé celebrata, ma in noi compiuto, quando noi abbiamo avuto la somma fortuna d'essere battezzati.
Sarebbe interessante raccogliere le testimonianze dei Santi neofiti, a cominciare da quella notissima, frettolosa e quasi timida, di S. Agostino: « … e fummo battezzati, egli scrive nelle "Confessioni" ( S. Augustini Confessionum, IX, 6 ), e scomparve da noi ogni apprensione della vita passata.
Né io mi saziavo in quei giorni di mirabile dolcezza di considerare la profondità del tuo disegno ( o Signore ), circa la salvezza del genere umano.
Quanto piansi agli inni ed ai cantici tuoi … ».
Simili a queste le testimonianze dei convertiti ( Cfr., ad es., quella del Papini ).
Del resto il sapiente catechismo del Concilio di Trento, sempre attuale, ci ammonisce circa l'utilità di questo ripensamento ( Concilii Trid. Catechismus, II, 2, 2 ), al quale ci riporta la grande parola, che gli autori definiscono « l'idea madre della teologia di San Paolo » ( Cfr. F. Prat, La Théologie de St Paul, 1, 243 ) quella che suona: « il giusto vivrà mediante la fede » ( Rm 1,17; Gal 3,11 ), e che pone ad ogni cristiano la dottrina e il precetto della derivazione dalla fede, ricevuta e professata col battesimo, del principio ispiratore e originale di tutta la vita cristiana.
« La fede è l'accettazione del Vangelo, e credere significa professare il cristianesimo » ( F. Prat, La Théologie de Sr Paul, 2, 283 ).
Quali conclusioni possiamo noi trarre da questi accenni fugaci?
Due, a noi sembra.
La prima conclusione è quella del dovere, un dovere gratissimo, se noi ne faremo l'esperienza, di modellare la nostra mentalità sopra queste dottrine e sopra le norme, anzi le grazie, derivanti dalla coscienza battesimale.
Non possiamo penare cristianamente senza ricorrere a questa nuova e luminosa scienza della nostra esistenza.
« Noi eravamo un tempo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi d'ogni sorta di passioni e di piaceri …
Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati … per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo … » ( Tt 3,3-7 ).
Occorre cioè una rifusione del nostro modo di pensare e di vivere secondo la fede, nella cui luce il battesimo ci ha collocati.
E di qui la seconda conclusione, quella di godere d'un particolare stato spirituale, proprio del cristiano, del perpetuo neofita, ch'è venuto nel regno di Cristo, lo stato spirituale della certezza, della chiarezza, della luce : « voi eravate un tempo ( nelle ) tenebre, ora siete luce nel Signore », ci ammonisce ancora S. Paolo ( Ef 5,8 ).
« Non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina » ( Ef 4,14 ).
La fede è una luce, è una forza ( Cfr. 1 Pt 5,9 ).
Essa è la logica, è il carisma del nostro battesimo.
Con la nostra Apostolica Benedizione.