26 Maggio 1976
In questo periodo successivo alla Pasqua noi abbiamo meditato qualche cosa circa la trasfusione del mistero della morte e della risurrezione di Cristo nei suoi seguaci mediante la fede ( Rm 10,9 ) e mediante il battesimo ( Rm 6,3-11 ).
Una nuova vita, non solo morale, ma reale, soprannaturale ci è conferita per questa effettiva nostra inserzione nel corpo mistico di Cristo: Egli è il capo, noi siamo le membra; Egli è la vite, noi siamo i tralci.
Noi siamo nuove creature ( 2 Cor 5,17 ).
Noi non avremo mai abbastanza valutato questa elevazione ad uno stato nuovo di vitalità, di dignità, di fortuna, oltre che di impegno morale, a cui siamo stati assunti mediante il battesimo, che appunto trasfonde in noi, non solo il nome, ma lo stato di « cristiani ».
Qui la riflessione teologica ed ascetica ha un campo assai vasto ed interessante da esplorare deducendo da quel principio, che è il battesimo, gli effetti stupendi della nuova vita da noi conseguita, come la purificazione dal peccato originale ( e fino a quale grado, se ancora rimangono in noi certe conseguenze, come il dolore, il disordine delle passioni e l'incostanza nel bene? ( Cfr. S. Thomae Summa Theologiae, III, 69, 3 ) e poi e specialmente la grazia e i doni dello Spirito ( Ibid. 4-5 ); e quindi il carattere incancellabile ( Cfr. 2 Cor 1,22; S. Thomae Summa Theologiae, III, 63); e tutta la spiritualità e la santità proprie di chi è vero cristiano.
Esplorazione magnifica, ma che fa sorgere, quasi di sorpresa, una grande obiezione: anche per il cristiano, associato alla risurrezione di Cristo, la morte rimane! la morte, la grande nemica ( 1 Cor 15,26 ) rimane implacabilmente vittoriosa! non è valso a debellarla la nostra vitale comunicazione con la risurrezione di Cristo?
Solo la Madonna ha avuto questo privilegio di non subire gli effetti della sua dormitio e d'essere subito ammessa, anche corporalmente, a quella novità, a quella pienezza di vita che è promessa alla risurrezione dei morti?
Sì. Ma la risurrezione dei morti, se non è realtà presente per i defunti nel tempo, è realtà promessa per tutti; differita ma promessa, ma assicurata, ma garantita dalla Parola di Cristo, predicata fin dai primi giorni del cristianesimo dalla Chiesa pellegrina sulla terra, ma incamminata verso un'immortalità alla quale non solo le nostre anime già fruenti di essa, ma altresì queste povere membra corporee, destinate a corrompersi e ad incenerirsi, saranno restituite.
Come? come? la nostra meditazione sul mistero pasquale arriva a questo difficile traguardo.
Difficile, perché a noi manca perfino il potere d'immaginare come una palingenesi di questo genere possa avvenire; ma non insuperabile a chi concluda il suo atto di fede con le vittoriose parole del nostro « credo »: « io credo la risurrezione della carne e la vita eterna ».
Non è un'immagine fantastica e trionfalistica che si presenta alla mente perché ribelle al pensiero del nulla in cui dovrebbe essere dissolto il nostro essere e perché disposta a sognare una rivincita finale sulla nostra intollerabile caducità.
È la Parola di Cristo, che così si esprime, con un onnipotente accento di sfida e di vittoria.
Essa risuona nel Vangelo ( Cfr. Mt 22,23-33; Gv 6,39-40; Gv 11,23-25; etc. ), forma il tema della prima predicazione evangelica ( At 4,2; At 17,31-32; At 23,6 ), e assume ampiezza di lezione nella prima lettera di S. Paolo ai Corinti ( 1 Cor 15,12ss );
O riascoltiamo alcune delle sue affermazioni: « Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.
Perché se a causa di un uomo venne la morte, a causa d'un uomo verrà anche la risurrezione dai morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo …
Si semina ( un corpo ) corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza, si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale … » ( 1 Cor 15,42-44 ).
La questione è così importante e così complessa che subito, nella letteratura cristiana, ha avuto le sue esposizioni ed apologie ( Cfr. Atenagora, Tertulliano ).
S. Agostino ci offre ben tre sermoni su questo tema ( S. Augustini Sermones 240-241-242 ) e molti altri riferimenti ( Ex. gr. Enchir., 34; Cfr. Michel, Dict. Th. Cath., XIII, II, 2501-2571 ).
Sì, il mistero pasquale sfocia in questa escatologia, cioè in questa dottrina del nostro destino finale.
Noi qui ne celebriamo il momento della sua pienezza in Cristo nella storia evangelica; ne realizziamo per noi la sua prima fase di applicazione nel tempo della nostra vita ecclesiale e liturgica; ma non è per noi che un primo periodo iniziale; il suo compimento sarà all'ultimo giorno.
Si rimane sbalorditi e felici, ma così è, così sarà!
Diamo gloria al Signore.