14 Luglio 1976
Noi dicevamo, e noi ripetiamo riprendendo un discorso che noi giudichiamo fondamentale, programmatico per la vita cristiana, specialmente nel nostro tempo: bisogna costruire la Chiesa.
Sì, questo edificio, che significa il disegno religioso per l'umanità, l'ordine spirituale dell'uomo singolo, e degli uomini socialmente considerati, l'organizzazione d'una società in cui si realizza il pensiero di Dio sul mondo umano, il suo piano circa i nostri veri ed operanti rapporti con la Divinità, il suo amoroso progetto relativo alla nostra salvezza, la Chiesa, ripetiamo, deve essere costruita, nel secolo presente, nella storia che stiamo vivendo.
Costruire la Chiesa! tenendo presenti alcune cose molto importanti.
Innanzi tutto che si tratta d'un'operazione effettivamente non nostra, ma di Cristo; di Cristo stesso.
Egli ha detto: « Io costruirò la mia Chiesa » ( Mt 16,18 ).
Egli è l'Artefice; Egli è l'operatore; in un certo senso, l'unico costruttore.
Si tratta d'un'operazione la cui vera causa è Lui stesso.
Da Lui dipende l'opera che vogliamo vedere sorgere; è opera sua, è opera divina.
Noi, chiamati nel cantiere dei divini disegni, noi siamo dei collaboratori.
« Noi siamo - dice S. Paolo – i collaboratori di Dio » ( 1 Cor 3,9 ); siamo cause seconde nella grande esecuzione dell'opera che ha Dio, che ha Cristo, per causa prima; siamo ministri, siamo strumenti; siamo piuttosto nell'ordine della condizionalità che in quello della causalità: questione teologica questa che ha affaticato i più grandi pensatori, come S. Agostino ( Cfr. S. Augustini De gratia Christi, 26 ); a noi basti ora ricordare S. Paolo: « Che cosa mai possiedi tu, che non l'abbia ricevuto? » ( 1 Cor 4,7 ).
Ma questa dottrina, ricordiamolo, non diminuisce la nostra responsabilità, né toglie il merito alle nostre opere; e, nel tema che ora stiamo considerando, conferisce all'opera nostra ministeriale una grande dignità per essere collaboratrice di quella divina, né vanifica la necessità dello sforzo umano, che anzi esso risulta reclamato fino al dono totale di sé dall'impegno stesso della sua partecipazione all'opera della grazia ( Cfr. 2 Cor 12,9 ).
La seconda cosa da notare è che per noi si tratta non già di costruire la Chiesa, quanto di ricostruire, a meno che non ci consideriamo in campo missionario, dove l'impianto, la plantatio della Chiesa deve cominciare dal primo annuncio del Vangelo ( Cfr. Ad Gentes, 3 ).
Ma noi, nei paesi di antica formazione cristiana, dobbiamo avere una attenta coscienza d'un fattore indispensabile nella questione della costruzione della Chiesa, ed è la tradizione, è il lavoro compiuto nei secoli da chi nell'edificazione della Chiesa, ci ha preceduti.
Noi siamo degli eredi, noi siamo dei continuatori d'un'opera precedente; noi dobbiamo avere il senso della storia, e formare in noi lo spirito di fedeltà, umile e fortunata per quanto i secoli passati ci hanno tramandato di vivo e di autentico nella formazione del corpo mistico di Cristo.
Dobbiamo guardarci dall'incoscienza dello spirito rivoluzionario proprio di tanta gente del nostro tempo, la quale tutto ignora o vuol ignorare del lavoro compiuto dalle precedenti generazioni, e crede di poter iniziare l'opera salvatrice dell'umanità ripudiando tutto quanto l'esperienza, convalidata da un magistero di coerenza e di autenticità, ci ha conservato, e ricominciando da zero l'impresa d'una nuova civiltà.
Noi siamo saggiamente conservatori e continuatori, e non dobbiamo temere che questa duplice qualifica, rettamente intesa, privi l'opera attuale della sua vivacità e della sua genialità.
L'opera da compiere, nella costruzione della Chiesa, specialmente nel campo spirituale e pastorale, è sempre nuova, è sempre al principio.
E finalmente una terza cosa, la più importante, noi dovremo ricordare quando ci proponiamo di costruire la Chiesa, e cioè il fondamento sul quale la costruzione riposa e deve sorgere; e questo fondamento è la fede, la fede in Gesù Cristo.
« Voi siete - scrive ancora S. Paolo - l'edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto, io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra.
Ma ciascuno stia attento come costruisce.
Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello già posto, che è Gesù Cristo » ( 1 Cor 3,10-12 ).
Questo l'Apostolo scriveva ai Corinti; ai Romani poi insegnava, aprendo la via della teologia cristiana: « sta scritto: il giusto vivrà mediante la fede » ( Rm 1,17; cfr. Rm 3,22 ).
Vivrà traendo dalla fede il principio della salvezza, della giustificazione; principio oggettivo, come dono di Dio; e principio soggettivo, come accettazione del dono della fede ( Cfr. Conc. Trid. Sessio VI, 7 ).
I termini di questa dottrina sono così chiaramente enunciati; ma il processo ontologico della fede, cioè del dono divino, e il processo morale e psicologico, cioè umano, per cui la fede prende possesso dell'anima e ne ispira l'azione, e ne informa la vita, rimane il grande capitolo della nostra dottrina religiosa, capitolo immenso, stupendo, drammatico, sul quale si fonda l'edificio che vogliamo costruire, la Chiesa; o meglio l'edificio in cui noi troveremo la luce, la pace, la forza d'essere cristiani.
La fede, ricordiamo, è la base; la fede di Pietro, che per divina ispirazione rispose a Gesù: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente » ( Mt 16,16 ).
Ricordiamo; con la nostra Benedizione Apostolica.