18 Agosto 1976
Anche a Voi, cari visitatori di questa nostra Udienza settimanale, è forse giunta l'eco della nostra ripetuta esortazione successiva all'anno santo: noi dobbiamo costruire la Chiesa; e questo in coerenza con i bisogni del nostro tempo e col piano che Cristo stesso si è prefisso, quando ha investito l'apostolo Simone, figlio di Giona, della missione sua propria, attribuendogli un nome simbolico e programmatico: « Tu sei Pietro, e su questa pietra Io edificherò la mia Chiesa » ( Mt 16,18 ).
Parola evangelica a tutti ben nota.
La quale si riferisce evidentemente all'opera di Cristo, nel tempo, nel mondo: la Chiesa da edificare.
Ma che cosa è la Chiesa?
La Chiesa è una comunione ( Cfr. J. Hamer, L'Eglise est une communion; A. Piolanti, Il mistero della comunione dei Santi, 1957 ).
Cioè una società « sui generis », spirituale e visibile insieme; umana, ma animata da un'azione sovraumana dello Spirito Santo ( Cfr. Fil 2,1 ); Corpo mistico di Cristo, Popolo di Dio.
Bisogna leggere e meditare i primi capitoli della Costituzione conciliare « Lumen Gentium » per avere un'idea della originalità, della profondità, della complessità di questo disegno di Cristo circa l'opera sua, che Egli, e noi con Lui, chiamiamo la Chiesa.
Anche S. Tommaso ricorre al concetto di unità, di comunione, di « sinassi », parlando del significato attuale dell'Eucaristia, la quale ci fa comunicare con Cristo e con quanti partecipano a questo suo sacramento ( Cfr. S. Thomae Summa Theologiae, III, 73, 4 ).
Decisiva a questo proposito la parola di S. Paolo, nella prima lettera ai Corinti: « … noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo; tutti infatti partecipiamo dell'unico pane » eucaristico ( 1 Cor 10,17 ).
E qui dobbiamo notare ( senza entrare minimamente nella discussione razionalista circa l'origine e l'essenza della vita religiosa ) come nel cattolicesimo il fatto umano della vita religiosa stessa si realizza in forma superlativa, completa, non unilaterale, essenziale e perfetta:
la religione cattolica infatti è estremamente interiore e personale, ed insieme estremamente sociale e comunitaria;
e ciò ch'è meraviglioso, per la nostra fede, i due aspetti della sua religiosità non si escludono a vicenda, sì bene sono, più ancora che complementari, simultanei:
quanto più uno spirito cattolico è religioso, cioè tende ed arriva al contatto mistico con Dio, tanto più è solidale con il vero bene del prossimo;
la medesima carità, che lo unisce al mistero divino, lo rivolge alla realtà umana ( Cfr. 1 Cor 10,13 ).
Così che la Chiesa, ch'è comunione con Cristo e con Dio nello Spirito Santo, tende ad essere comunione con gli uomini; e questa comunione assume aspetti sociali concreti, il primo dei quali è quello che oggi chiamiamo preferibilmente comunità ( Cfr. J. Huby, Christus, 1947 ).
Come dunque si è formata storicamente la Chiesa se non attraverso le comunità fondate dagli apostoli e dai loro collaboratori?
Comunità spontanee, nel senso stretto della parola, non sono nella linea originaria della Chiesa.
Le prime comunità cristiane nascono dalla parola, dal ministero, dalla guida di persone inviate e qualificate, e appena un nucleo si organizza intorno a tali persone, anzi ad una tale persona, l'apostolo, il vescovo, subito si chiama « chiesa » di quel luogo dove il nucleo si è legittimamente costituito: una comunità visibile e regolare esige al suo centro, al suo cuore un'autorità vivente, derivata da un apostolo, o da un suo inviato, o successore, il cristianesimo non è una pura corrente ideologica, o spirituale; è un insieme di comunità locali, che tutte hanno coscienza d'essere comunione.
Quanto è istruttivo e commovente leggere nei primi documenti del cristianesimo, come il Nuovo Testamento ( Cfr. Litteras S. Pauli Apostoli et Apocalypsim ), i nomi delle prime Chiese nascenti; per esempio: « alla Chiesa di Dio, che è a Corinto » ( 1 Cor 1,2 ); « Giovanni alle sette chiese, che sono in Asia » ( Ap 1,4 ); ecc.
Così S. Ignazio d'Antiochia all'inizio del II secolo.
E poi? quale sviluppo ha avuto la comunità visibile e sociale della Chiesa!
È a tutti nota la complessa, ma coerente struttura canonica della Chiesa contemporanea ( Cfr. Lumen Gentium, 13 ).
A noi sembra meritare considerazione cordiale la dignità e la funzione di quella Chiesa locale, che chiamiamo Diocesi, la nostra Diocesi, Chiesa madre per ciascuno di noi; e che ha un Pastore responsabile alla guida d'un corpo di Fedeli, in cui ognuno di noi è inserito, qualificato com'è da una circoscrizione etnico-geografica e dal culto particolare a un mistero religioso facente parte di tutto il sistema dottrinale, ovvero al nome di qualche Protettore celeste.
Se ne dovrà forse riparlare.
E in questa visione empirica della Chiesa merita non minore e affettuoso interesse quella parte di Diocesi, che porta il titolo di Parrocchia.
Sì, che ciascun Fedele abbia per la propria Parrocchia, diciamo pure per il proprio Campanile, una comprensibile, e in un certo senso doverosa preferenza.
La Parrocchia! ogni Fedele dovrà scorgere nel fatto che la Provvidenza gli ha assegnato questa e non altra comunità, in cui ricevere il battesimo e diventare cittadino della Chiesa, una elezione trascendente; e dovrà amarla la sua Parrocchia con religiosa affezione, qualunque essa sia e dovunque essa si trovi.
E dovrà, se appena possibile e ragionevole, accogliere l'educazione religiosa e cristiana, che a lui viene da questa eletta famiglia: frequentarla, sostenerla, amarla, la Parrocchia! essa
è la prima scuola della fede e della preghiera, di quella liturgica specialmente;
è la prima palestra dell'amicizia lieta ed onesta con coetanei e compaesani;
è il primo focolare degli orientamenti comunitari e sociali;
è il perseverante incontro con un ministero, impegnato fino al sacrificio di sé, di verità, di carità, di concordia comunitaria, di allenamento morale, che può dare la gioia, la fortezza della vita cristiana.
Noi abbiamo grande stima per la formula di vita cattolica, rappresentata dalla Parrocchia!
Abbiatela anche voi, con la nostra Apostolica Benedizione.