29 Settembre 1976
Già molto si parla del Convegno ecclesiale italiano, che avrà luogo a Roma alla fine del prossimo ottobre, circa il tema bicipite « Evangelizzazione e Promozione umana »; ed a noi è stata posta una domanda preliminare, che costituisce di per se stessa una questione enorme, quella del rapporto storico fra i due capi del tema stesso; e cioè, visto nella successione del tempo, questo rapporto fra l'Evangelizzazione e la Promozione umana, quali aspetti assume?
Ed è questa una domanda insidiosa, che sembra risolversi nella risposta d'un conflitto;
risposta già acquisita in partenza dall'opinione pubblica, come se l'Evangelizzazione, diciamo pure la Fede,
rappresentasse l'immobilismo ostile ad ogni adattamento al progresso della vita sempre mobile nel suo svolgimento nel tempo,
mentre il tempo, diciamo pure la storia, è di natura sua mutevole, e deve esserlo se nel succedersi dei suoi cambiamenti è insita la speranza di quella promozione umana che andiamo cercando, oggi con affannosa, ovvero con vittoriosa aspirazione.
Il tema modifica i suoi termini in quelli più noti e sintetici di « Fede e Progresso », visti l'uno e l'altro nell'esperienza della storia.
Il tema del Convegno diventa allora scientifico, documentario, e in un certo senso enciclopedico; e nessuno pretenderà certo di poterlo adeguatamente prospettare, né tanto meno esaurire in alcune lezioni divulgative dell'annunciato Convegno.
È tuttavia utile ricordare, durante questo periodo d'orientamento, che il tema: « Fede e storia », se è sempre d'attualità per il significato dei suoi termini e dei problemi che porta con sé, non è nuovo nel repertorio della nostra cultura: quanti autori di varie tendenze, potrebbero essere citati a questo proposito, se volessimo percorrere la lista degli autori celebri che ne hanno trattato, a cominciare dagli apologisti dei primi secoli del cristianesimo ( Cfr. ex. gr. Epistola ad Diognetum et Tertulliani Apologeticum ), fino ai nostri giorni.
Fermiamoci pure alle citazioni convenzionali di S. Agostino, con la sua celebre opera « De Civitate Dei », e a Bossuet, col suo famoso « Discours sur l'histoire universelle »; ma anche la storia moderna può dare una bibliografia ricchissima, con opere di diverso carattere, tra cui alcune di grande e ben noto valore ( Cfr. ex. gr. Kurth, Les origines de la civilisation moderne et L'Eglise aux tournants de l'histoire; P. Charles, Les dossiers de l'action missionnaire; etc. ).
La filosofia moderna, teorizzando sul concetto della storia, ha detto molto su questo argomento; ma l'economia di queste brevi parole non ci consente d'inoltrarci sul mare di così vasti e non sempre per noi utili studi.
Accontentiamoci di mettere in evidenza alcune proposizioni, che possono essere cardini alle prevedibili discussioni.
La prima proposizione riguarda, come già altra volta dicemmo, la complementarità dei due termini: fede e storia intesa come promozione umana, anche se alfieri del Vangelo, come siamo e tutti dobbiamo essere, dobbiamo riconoscere nel binomio Fede e storia una priorità alla Fede: per la sua dignità, per la sua necessità, e possiamo aggiungere, come ha detto il Signore, per la sua utilità; ripetiamo: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; e tutte queste cose ( necessarie alla vita temporale ) vi saranno date in aggiunta» ( Mt 6,33 ).
Seconda proposizione, oggi la più difficile, ma non per questo meno vera e necessaria: la verità della fede, nella sua autentica e autorevole espressione, non muta col tempo, non si logora lungo la storia; potrà ammettere, anzi esigere, una sua vitalità pedagogica e pastorale di linguaggio, e descriverne così una linea di sviluppo, purché, secondo la notissima sentenza tradizionale di San Vincenzo de Lérins ( isoletta di fronte a Cannes, nella Gallia meridionale ), monaco del v secolo, il quale nella sua breve, ma celebre opera, il « Commonitorium », difese la tradizione dottrinale della Chiesa secondo la formula: quod ubique, quod semper, quod ab omnibus ( « ciò che dappertutto, ciò che sempre, ciò che da tutti » ) è stato creduto deve ritenersi come facente parte del deposito della fede.
Niente di libera invenzione, niente di modernista, niente che dia alla fede un'interpretazione estranea a quella del magistero della Chiesa.
Questa fissità dogmatica difende il patrimonio autentico della rivelazione, cioè della religione cattolica.
Il « credo » non muta, non invecchia, non si dissolve ( Cfr. Denz-Schön, 3020 ).
Ma ecco una terza proposizione: se la fede è verità, essa può essere pensata ( Cfr. Lc 2,19.51 ) ed avere uno sviluppo intrinseco e coerente, che, come lo scriba dotto del Vangelo, con autorità paterna, « trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche » ( Mt 13,52 ).
Cioè la dottrina rivelata, fissa nel suo inequivocabile contenuto, può avere qualche esplicazione, che solo chi ha da Cristo autorità di magistero, può autenticare.
È la tesi del Newman: da una stessa verità può essere dedotta una qualche conclusione, che renda esplicita una dottrina già implicita nel tesoro della fede ( Cfr. Newman, An essay on the development of christian dottrine, scritto prima della sua conversione e poi da lui ritoccato senza alterarne la tesi centrale ).
È questa la missione della Chiesa docente, quella di difendere la dottrina rivelata, di rispondere alle difficoltà e agli errori, che la storia solleva nei riguardi della fede, e di scoprire nel suo tesoro verità nascoste, che, nel processo della sua spirituale esperienza e nella casistica dei tempi reclamano una testimonianza nuova.
Qui la discussione della Chiesa con espressioni dubbie ed errate del pensiero moderno ha avuto espressioni molto chiare e vigorose, che se hanno messo un argine alla dottrina cattolica ( Cfr. Denz-Schön, 3475-3500 ) non l'hanno resa inabile a parlare della verità cristiana; anzi l'hanno stimolata: non nova sed noviter.
Tema amplissimo; prepariamo i nostri animi ad accoglierne gli insegnamenti, a godere della loro luce, a viverne la salvezza.
Con la nostra Benedizione Apostolica.