18 Marzo 1992
1. Abbiamo visto nella precedente catechesi che, secondo le lettere di Pietro e Paolo e l’Apocalisse di Giovanni, Cristo Signore, “sacerdote scelto fra gli uomini” ( Eb 5,1 ), ha fatto [ del nuovo popolo ] “un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” ( Ap 1,6; cf. Ap 5,9-10 ).
Così si è attuata la “comunione” nella santità di Dio, secondo la richiesta da lui rivolta già all’antico Israele e impegnativa ancor più per il nuovo: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” ( Lv 19,2 ).
La “comunione” nella santità di Dio si è compiuta come frutto del sacrificio redentivo di Cristo, in virtù del quale diventiamo partecipi di quell’amore che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” ( Rm 5,5 ).
Il dono dello Spirito santificatore attua in noi “un sacerdozio santo”, che, secondo Pietro, ci rende capaci di “offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” ( 1 Pt 2,5 ).
Vi è dunque un “sacerdozio santo”.
Possiamo dunque riconoscere nella Chiesa una comunità sacerdotale, nel senso che vogliamo ora spiegare.
2. Leggiamo nel Concilio Vaticano II, che cita la prima lettera di Pietro, che “per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di Colui che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce ( cf. 1 Pt 2,4-10 )” ( LG 10 ).
In questo testo il Concilio collega poi la preghiera mediante la quale i cristiani rendono gloria a Dio, con il “sacrificio di se stessi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” ( cf. Rm 12,1 ), e con la testimonianza da rendere a Cristo.
Vediamo così riassunta la vocazione di tutti i battezzati come partecipazione alla missione messianica di Cristo, che è sacerdote, profeta e re.
3. La partecipazione universale al sacerdozio di Cristo, detta anche sacerdozio dei fedeli ( “sacerdotium universale fidelium” ), dal Concilio è considerata nel suo particolare rapporto con il sacerdozio ministeriale: “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo” ( LG 10 ).
Il sacerdozio gerarchico come “ufficio” ( “officium” ) è un servizio particolare, grazie al quale l’universale sacerdozio dei fedeli può attuarsi in modo che la Chiesa costituisca la pienezza della “comunità sacerdotale” secondo la misura dell’elargizione da parte di Cristo.
“Quelli tra i fedeli che vengono insigniti dell’ordine sacro, sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio” ( LG 11 ).
4. Il Concilio sottolinea che il sacerdozio universale dei fedeli e il sacerdozio ministeriale ( o gerarchico ) sono reciprocamente ordinati.
Nello stesso tempo afferma che c’è tra di essi una differenza essenziale “e non solo di grado” ( LG 10 ).
Il sacerdozio gerarchico-ministeriale non è un “prodotto” del sacerdozio universale dei fedeli.
Non proviene da una scelta o dalla delega della comunità dei credenti, ma da una particolare chiamata divina: “Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne” ( Eb 5,4 ).
Un cristiano diventa soggetto di tale ufficio in base a un apposito sacramento, quello dell’Ordine.
5. “Il sacerdozio ministeriale, - sempre secondo il Concilio - con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo” ( LG 10 ).
Ancor più ampiamente il Concilio tratta di questo punto nel Decreto sulla vita e il ministero dei sacerdoti: “Il Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo solo, di cui però “non tutte le membra hanno la stessa funzione” ( Rm 12,4 ), promosse alcuni di loro come ministri, in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra potestà dell’Ordine per offrire il Sacrificio e perdonare i peccati, e che in nome di Cristo svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale …
I presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, Capo della Chiesa” ( PO 2; cf. San Tommaso, Summa theologiae, III, q. 63, a. 3 ).
Col carattere è loro conferita la grazia necessaria a un degno svolgimento del loro ministero: “Dato che i presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione degli Apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra le genti mediante il sacro ministero del Vangelo” ( PO 2 ).
6. Come abbiamo detto, il sacerdozio gerarchico-ministeriale è stato istituito nella Chiesa per attuare tutte le risorse del sacerdozio universale dei fedeli.
Il Concilio lo afferma in diversi punti e in particolare quando tratta del concorso dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia.
Leggiamo: “Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con essa; così tutti, sia con l’oblazione che con la santa comunione, compiono la propria parte nell’azione liturgica, non però ugualmente, ma chi in un modo e chi in un altro.
Cibandosi poi del corpo di Cristo nella santa comunione, mostrano concretamente l’unità del Popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente prodotta” ( LG 11 ).
Secondo questa dottrina, che appartiene alla più antica tradizione cristiana, l’“attività” della Chiesa non si riduce al ministero gerarchico dei pastori, come se i laici dovessero rimanere in uno stato di passività.
Infatti tutta l’attività cristiana svolta dai laici in ogni tempo, e specialmente il moderno apostolato dei laici, rende testimonianza all’insegnamento conciliare, secondo il quale il sacerdozio dei fedeli e il ministero sacerdotale della gerarchia ecclesiastica sono “ordinati l’uno all’altro”.
7. “I ministri infatti, che sono rivestiti di sacra potestà, - sostiene il Concilio - servono i loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al Popolo di Dio, e perciò hanno una vera dignità cristiana, tendano liberamente e ordinatamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza” ( LG 18 ).
Per questo il sacerdozio della gerarchia ha carattere ministeriale.
Proprio per questo i vescovi e i sacerdoti sono nella Chiesa dei Pastori.
Il loro compito è di servire i fedeli, come Gesù Cristo, il buon Pastore, l’unico Pastore universale della Chiesa e dell’intera umanità, che dice di sé: “Il Figlio dell’uomo … non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita in riscatto per molti” ( Mt 20,28 ).
Alla luce dell’insegnamento e dell’esempio del Buon Pastore, tutta la Chiesa, partecipe della grazia della Redenzione diffusa in tutto il Corpo di Cristo dallo Spirito Santo, è e opera come una comunità sacerdotale.