Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se il carattere sacramentale sia il carattere di Cristo

In 4 Sent., d. 4, q. 1, a. 2; a. 3, sol. 5; a. 4, sol. 4

Pare che il carattere sacramentale non sia il carattere di Cristo.

Infatti:

1. S. Paolo raccomanda agli Efesini [ Ef 4,30 ]: « Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale siete stati sigillati ».

Ora, nell'idea di carattere è implicita quella di segreto.

Quindi il carattere sacramentale deve riferirsi più allo Spirito Santo che a Cristo.

2. Il carattere ha natura di segno.

Ed è un segno della grazia conferita dal sacramento.

Ma la grazia viene infusa nell'anima da tutta la Trinità, secondo le parole del Salmo [ Sal 84,12 ]: « Il Signore concede grazia e gloria ».

Quindi il carattere sacramentale non va attribuito in modo speciale a Cristo.

3. Il carattere viene ricevuto per distinguersi dagli altri.

Ma ciò che distingue i santi dagli altri è la carità, che come dice S. Agostino [ De Trin. 15,18.32 ] « è la sola a distinguere i figli del Regno dai figli della dannazione »; i quali ultimi, secondo l'Apocalisse [ Ap 13,16s ], sono contrassegnati dal « carattere della bestia ».

Ma la carità non viene attribuita a Cristo, bensì allo Spirito Santo, secondo quell'affermazione di S. Paolo [ Rm 5,5 ]: « La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato »; oppure al Padre, secondo quelle altre parole [ 2 Cor ult. ]: « La grazia del Signore nostro Gesù Cristo e la carità di Dio Padre ».

Quindi il carattere sacramentale non va riferito a Cristo.

In contrario:

Così alcuni definiscono il carattere: « Il carattere è una distinzione che è impressa nell'anima razionale dal carattere eterno, per cui la trinità creata viene sigillata a immagine della Trinità creante e ricreante, e che distingue nello stato della fede dai non configurati ».

Ma il carattere eterno è Cristo stesso, che S. Paolo chiama « splendore della gloria e figura », o carattere, « della sostanza di Dio ».

Quindi pare che il carattere abbia propriamente riferimento a Cristo.

Dimostrazione:

Come risulta da quanto detto [ a. 1 ], il carattere è in senso proprio il contrassegno col quale si deputa una data cosa a un compito specifico: come le monete sono contrassegnate in questo modo per gli scambi, e i soldati per la milizia.

Ora, due sono i compiti a cui possono essere deputati i fedeli.

Il primo e principale è il godimento della gloria.

E per questo essi sono contrassegnati dalla grazia, secondo l'allusione di Ezechiele [ Ez 9,4 ]: « Segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono »; e quella dell'Apocalisse [ Ap 7,3 ]: « Non devastate né la terra né il mare né le piante finché non abbiamo impresso il segreto del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi ».

Il secondo compito poi di ogni fedele è quello di ricevere per sé e di comunicare agli altri le cose riguardanti il culto di Dio.

Ed è a tale scopo che viene propriamente concesso il carattere sacramentale.

Ma tutto il culto della religione cristiana deriva dal sacerdozio di Cristo.

È chiaro quindi che il carattere sacramentale è specialmente il carattere di Cristo, del cui sacerdozio i fedeli vengono resi partecipi in forza dei caratteri sacramentali, i quali non sono altro che partecipazioni del sacerdozio di Cristo derivanti da Cristo medesimo.

Analisi delle obiezioni:

1. L'Apostolo nel testo citato parla del contrassegno per cui si è destinati alla gloria futura, e che consiste nella grazia.

La quale viene attribuita allo Spirito Santo inquantoché la donazione gratuita implicita nel concetto di grazia dipende dall'amore di Dio, e lo Spirito Santo è amore.

Per cui S. Paolo [ 1 Cor 12,4 ] dichiara che « vi sono differenze di grazie, ma uno solo è lo Spirito ».

2. Il carattere sacramentale è res [ realtà sacra ] rispetto al rito esterno, ed è sacramentum [ o segno sacro ] rispetto all'effetto ultimo.

Perciò si può parlare del carattere in due accezioni diverse.

Primo, in quanto è sacramento, e allora esso è segno della grazia invisibile conferita dal rito sacro.

- Secondo, in quanto è specificamente carattere.

E allora è un contrassegno che configura a un capo nel quale risiede la pienezza di quei poteri, o facoltà, che vengono accordati dal carattere: come i soldati che sono deputati a combattere prendono il segno [ o le insegne ] del loro comandante, al quale in qualche modo si configurano.

E così coloro che sono deputati al culto cristiano, di cui Cristo è il fondatore, ricevono un carattere che li rende simili a Cristo.

Quindi esso è propriamente il carattere di Cristo.

3. Il carattere distingue una persona da un'altra in rapporto al fine a cui viene indirizzata la persona che lo riceve, come si è notato [ a. 1 ] a proposito dei caratteri o contrassegni militari, che sul campo di battaglia distinguono il soldato del re legittimo dal soldato del nemico.

E allo stesso modo il carattere dei fedeli è ciò che distingue i fedeli di Cristo dai servi del diavolo, o in ordine alla vita eterna, o in ordine al culto della Chiesa militante.

Ora, la prima di queste distinzioni è data dalla carità e dalla grazia, come vuole l'obiezione; la seconda invece è data dal carattere sacramentale.

Quindi per la ragione dei contrari « il carattere della bestia » può indicare o la malizia ostinata, a motivo della quale alcuni vengono destinati alla pena eterna, o la professione di un culto illecito.

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