3 Settembre 2003
1. Quello che ora è stato proposto è il cantico di un uomo fedele al Dio santo.
Si tratta del Salmo 92 che, come suggerisce l’antico titolo della composizione, era usato dalla tradizione giudaica « per il giorno del sabato » ( Sal 92,1 ).
L’inno si apre con un ampio appello a celebrare e a lodare il Signore nel canto e nella musica ( Sal 92,2-4 ).
È un filone di preghiera che sembra non interrompersi mai, perché l’amore divino dev’essere esaltato al mattino, quando inizia la giornata, ma dev’essere ancora proclamato durante il giorno e lungo lo scorrere delle ore notturne ( Sal 92,3 ).
Proprio il riferimento agli strumenti musicali, che il Salmista fa nell’invito introduttivo, ha spinto sant’Agostino a questa meditazione all’interno della sua Esposizione sul Salmo 92: « Che significa, fratelli, inneggiare col salterio? Il salterio è uno strumento musicale munito di corde.
Il nostro salterio è il nostro operare. Chiunque con le mani compie opere buone inneggia a Dio col salterio.
Chiunque confessa con la bocca, canta a Dio. Canta con la bocca! Salmeggia con le opere !…
Ma allora chi sono coloro che cantano? Coloro che compiono il bene in letizia.
Il canto infatti è segno d’allegrezza. Che cosa dice l’apostolo? "Dio ama chi dona con letizia" ( 2 Cor 9,7 ).
Qualunque cosa tu faccia, fallo con letizia. Allora fai il bene e lo fai bene.
Se invece operi con tristezza, sia pure che per tuo mezzo si faccia del bene, non sei tu a farlo: reggi il salterio, non canti » ( Esposizioni sui Salmi, III, Roma 1976, pp. 192-195 ).
2. Attraverso le parole di sant’Agostino possiamo entrare nel cuore della nostra riflessione, e affrontare il tema fondamentale del Salmo: quello del bene e del male.
L’uno e l’altro sono vagliati dal Dio giusto e santo, « l’eccelso per sempre » ( Sal 92,9 ), Colui che è eterno e infinito, a cui nulla sfugge dell’agire dell’uomo.
Si confrontano, così, in modo reiterato, due comportamenti antitetici.
La condotta del fedele è dedita a celebrare le opere divine, a penetrare nella profondità dei pensieri del Signore e per questa via la sua vita si irradia di luce e di gioia ( Sal 92,5-6 ).
Al contrario, l’uomo perverso è tratteggiato nella sua ottusità, incapace com’è di comprendere il senso nascosto delle vicende umane.
La momentanea fortuna lo rende spavaldo, ma in realtà egli è intimamente fragile e votato, dopo l’effimero successo, al tracollo ed alla rovina ( Sal 92,7-8 ).
Il Salmista, seguendo un modello interpretativo caro all’Antico Testamento, quello della retribuzione, è convinto che Dio ricompenserà i giusti già in questa vita, dando loro una vecchiaia felice ( Sal 92,15 ) e castigherà presto i malvagi.
In realtà, come affermerà Giobbe e insegnerà Gesù, la storia non è così linearmente interpretabile.
La visione del Salmista diventa perciò una supplica al Dio giusto ed « eccelso » ( Sal 92,9 ), perché entri nella serie degli eventi umani per giudicarli, facendo risplendere il bene.
3. Il contrasto tra il giusto e il malvagio è ulteriormente ripreso dall’orante.
Da un lato, ecco i « nemici » del Signore, i « malfattori », ancora una volta votati alla dispersione e alla disfatta ( Sal 92,10 ).
D’altro lato, appaiono in tutto il loro splendore i fedeli, incarnati dal Salmista che descrive se stesso con immagini pittoresche, desunte dalla simbologia orientale.
Il giusto ha la forza irresistibile di un bufalo ed è pronto a sfidare ogni avversità; la sua fronte gloriosa è consacrata con l’olio della protezione divina, che diventa quasi come uno scudo, che tutela l’eletto rendendolo sicuro ( Sal 92,11 ).
Dall’alto della sua potenza e sicurezza, l’orante vede gli iniqui precipitare nel baratro della loro rovina ( Sal 92,12 ).
Il Salmo 92 sprizza, quindi felicità, fiducia, ottimismo: doni che dobbiamo chiedere a Dio proprio in questo nostro tempo, nel quale s’insinua facilmente la tentazione della sfiducia e persino della disperazione.
4. Il nostro inno, sulla scia della profonda serenità che lo pervade, getta in finale uno sguardo ai giorni della vecchiaia dei giusti e li prevede ugualmente sereni.
Anche quando incomberanno questi giorni, lo spirito dell’orante sarà ancora vivace, lieto e operoso ( Sal 92,15 ).
Egli si sente simile alle palme e ai cedri, che sono piantati nei cortili del tempio di Sion ( Sal 92,13-14 ).
Le radici del giusto affondano in Dio stesso da cui riceve la linfa della grazia divina.
La vita del Signore lo alimenta e lo trasforma rendendolo florido e rigoglioso, cioè in grado di donare agli altri e di testimoniare la propria fede.
Le ultime parole del Salmista, in questa descrizione di un’esistenza giusta e operosa e di una vecchiaia intensa e attiva, sono infatti legate all’annunzio della perenne fedeltà del Signore ( Sal 92,16 ).
Potremmo, perciò, a questo punto concludere con la proclamazione del canto che sale al Dio glorioso nell’ultimo Libro della Bibbia, l’Apocalisse: un libro di terribile lotta tra il bene e il male ma anche di speranza nella vittoria finale di Cristo: « Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! …
Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati.
Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, poiché così hai giudicato.
Sì, Signore, Dio onnipotente; veri e giusti sono i tuoi giudizi! » ( Ap 15,3-4; Ap 16,5.7 ).