Tutti contro me, e io contro tutti? |
Caro Padre,
durante un pranzo di famiglia mia sorella ( con la quale non ho mai avuto un buon rapporto ), ha fatto delle battute "scherzose" sul fatto che io sono rimasta nubile: una vecchia zitella insomma.
Io ho cercato di troncare il discorso, ma lei, imperterrita, ha continuato, dicendo a tutti che facevo come al solito la vittima per attirare l'attenzione.
A quel punto non ho più resistito: senza dire una parola a nessuno, con la morte nel cuore, me ne sono andata.
Non voglio più vederla. Non mi chieda di perdonarla, non ce la faccio. ( Lucia )
Caro Padre,
l'altra sera, per caso, ho sentito mia nuora e mio figlio che discutevano sottovoce ma animatamente.
A un certo punto ho sentito lei dire che era stufa della situazione, che io ero un peso e che loro non erano più liberi di fare niente da quando c'ero io in casa.
Il mondo mi è crollato addosso.
Loro, "davanti" continuano a fare i gentili, ma io adesso non ci credo più.
È questo che mi ha offeso, più di tutto.
Perché non parlate di questo problema sul vostro giornale? ( Una nonna sola )
Lettera a mia moglie
Da quando sono in pensione all'improvviso mi sono sentito vecchio, un invalido.
Tu invece continui la tua vita di sempre, piena di attività e mi schernisci, sia pur bonariamente.
Mi sono accorto di essere diventato noioso.
Mi sembra che le cose che non vanno tra noi siano troppe.
È una guerra che io non ho più la forza di combattere.
Ho l'impressione che le nostre vite si divarichino sempre più e mi pare che tu non capisca o sono io che non capisco? E cosa c'è da capire?
"Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo, ai giorni in cui Dio mi proteggeva, quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre; com'ero ai giorni del mio autunno, quando Dio proteggeva la mia tenda, quando l'Onnipotente era ancora con me e i miei giovani mi stavano attorno; quando mi lavavo i piedi nel latte e la roccia mi versava ruscelli d'olio!
Quando uscivo verso la porta della città e sulla piazza ponevo il mio seggio: vedendomi, i giovani si ritiravano e i vecchi si alzavano in piedi; i notabili sospendevano i discorsi e si mettevano la mano sulla bocca…
Mi ascoltavano in attesa fiduciosa e tacevano per udire il mio consiglio…
Indicavo loro la via da seguire e sedevo come un capo, e vi rimanevo come un re fra i soldati o come un consolatore di afflitti". ( Gb 29,2-25 )
"Tutto ho visto nei giorni della mia vanità: perire il giusto nonostante la sua giustizia, vivere a lungo l'empio nonostante la sua iniquità …
Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi.
Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, per non sentir che il tuo servo ha detto male di te, perché il tuo cuore sa che anche tu hai detto tante volte male degli altri.
Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: "Voglio essere saggio!"; ma la sapienza è lontana da me! …
Mi sono applicato di nuovo a conoscere e indagare e cercare la sapienza e il perché delle cose e a conoscere che la malvagità è follia e la stoltezza pazzia…
Chi conosce la spiegazione delle cose?
La sapienza dell'uomo ne rischiara il volto, ne cambia la durezza del viso".
( Qo 7,15.20-23.25; Qo 8,1 )
- Offese grandi e piccole feriscono la nostra vita.
Sentirsi traditi e disprezzati è un'esperienza devastante.
Le tre lettere riportate nella "Finestra sul quotidiano" sono testimonianze vive di questa sofferenza.
Ci sono offese e incomprensioni, seguite da silenzi che scavano solchi profondi.
Niente è più come prima.
A volte si va avanti così per una vita, tra meschinità e ipocrisie o addirittura nel segno dell'odio.
"Voglio che si accorgano di me… voglio essere amato…".
È un grido, un bisogno di vita che non conosce età e che, se non è raccolto, diventa, con la vecchiaia, quasi intollerabile.
Chi si sente offeso e non capito rifiuta a sua volta di comprendere e si chiude nel suo mondo fatto di pessimismo e di abbandono della vita.
Rifiuta di "ascoltare" gli uomini e gli avvenimenti ( i cambiamenti sociali, il progresso, i fatti storici ).
Crescono così il disagio, l'ansia e la paura davanti a un mondo percepito come ostile.
- Accade di sentirsi incompresi anche senza esserlo realmente.
Di fatto l'incomprensione è il segno di una relazione fallita, di una comunicazione mancata a causa dell'egoismo, dell'indifferenza o della cattiveria.
Alcune incomprensioni sono veramente pesanti da sopportare perché senza motivo: siamo davanti a un aspetto misterioso del male che colpisce anche l'innocente e davanti al quale non c'è spiegazione umana.
Comprendere è faticoso, esige attenzione, pazienza e disponibilità a uscire da sé e ad andare verso l'altro.
- Le ferite, anche quelle spirituali, devono essere ripulite, altrimenti si infettano.
Le ferite mal cicatrizzate chiudono la persona in una specie di gabbia, la rendono incapace di dimenticare e di liberarsi dal risentimento.
Il perdono è il disinfettante delle ferite spirituali.
Si comincia a perdonare quando non si alimenta più il fuoco del dispiacere, dell'incomprensione e del rancore.
Quando si riconosce che l'offesa ha ferito non tanto noi stessi, ma l'immagine che amiamo dare di noi.
- Il perdono scrive una pagina nuova e colma il baratro che si è creato tra le persone.
È un atto sovrumano.
Perdonare non significa "fare finta di niente", come se nulla fosse accaduto, confondendo il male con il bene.
Perdonare è decidere di ricominciare proprio a partire da quanto è successo.
Perdonare ed essere perdonati è l'unica condizione che rende umana la vita.
Il perdono è quel movimento interno dello spirito che dice all'altro uomo: "Non posso continuare a vivere se non ci sei anche tu".
Non c'è altro modo per rimanere uomini "a immagine di Dio".
- Il perdono dato e ricevuto dimostra che siamo fatti gli uni per gli altri e destinati ad essere salvati insieme.
La capacità di perdonare è una forza che irrompe in noi e agisce a volte nonostante noi, ma mai "contro" di noi.
Dio ci dà la capacità di perdonare, ma non obbliga.
Il perdono sincero è una rinascita, un'esperienza di risurrezione vissuta già oggi, un anticipo di eternità.
Dio perdona - e chiede di perdonare - senza porre condizioni, senza aspettare pentimenti e scuse.
Il perdono può essere dato solo per amore.
Il nostro astio e la nostra riprovazione non rendono migliore il mondo.
Perdonare non è un atto di debolezza, ma una delle espressioni più alte di umanità.
Gesù sale sul Calvario caricandosi sulle spalle tutte le offese e le sofferenze del mondo, anche quelle subite oggi, soprattutto se ingiuste: il suo amore le trasforma.
- Il perdono rivela il volto di misericordia di Dio, il suo chinarsi sugli uomini.
Egli si è caricato dei loro peccati senza chiedere sconti, solo per ricondurli alla vita, cioè a Lui.
Il Figlio ha sperimentato (e ci suggerisce) che solo ciò che è debolezza agli occhi degli uomini diventa forza nelle "mani" di Dio.
Se il peccato è amara chiusura, il perdono è meravigliosa e misteriosa apertura.
Chi perdona si consegna nelle mani dell'altro allo stesso modo in cui Gesù si è consegnato - liberamente - nelle mani di chi lo tradiva e l'avrebbe ucciso.
In questo suo consegnarsi per amore troviamo il vertice di tutta la rivelazione cristiana.
- "La prima volta si perdona, la seconda… anche, ma la terza…".
Insomma, fino a quando bisogna perdonare?
Il perdono non conosce l'aritmetica.
Bisogna perdonare sempre.
Settanta volte sette nel linguaggio di Gesù non fa quattrocentonovanta, fa - appunto - sempre.
- Come interpretare questo brano: "Se stai per fare la tua offerta e ti accorgi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, và prima a riconciliarti con lui, poi torna e fa la tua offerta"?
Il Signore sa leggere nel cuore e ci mette in guardia: la preghiera, l'offerta sono cose sante e belle, ma solo se il cuore è libero dal risentimento, dall'astio, dall'odio.
- Signore, mi chiedi di amare anche quando sono incompreso e offeso?
"Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani?" ( Mt 5,46 )
"È troppo difficile. Non ce la faccio!".
"Lo so, per questo vi ho detto che senza di me non potete fare nulla".
Nelle prime comunità cristiane era molto forte l'impressione della vicenda di Pietro che, messo alle strette nel cortile del luogo dove stavano processando Gesù, lo aveva rinnegato.
Ma più forte era l'impressione dell'insegnamento di Gesù che chiede di perdonare.
Questo è il modo di fare di Dio.
Lo ha detto e dimostrato moltissime volte.
Ci vuole così bene che è disposto non solo a non tenere conto dei nostri "voltafaccia", ma addirittura a cancellare l'errore.
Il suo è un amore che risana come se nulla fosse capitato.
Quando parla di Dio, la fede lo presenta come Trinità, cioè come una piccola comunità di tre persone che tra loro vivono in un amore perfetto.
Su questo modello Dio ama ciascuno di noi.
Il perdono, la misericordia sono proprio l'espressione concreta di tanto amore.
La parola di Gesù non solo ci comunica questa realtà ma ci chiede di imitarla: amare come ama Dio.
Il suo amore è misericordioso, il nostro deve camminare verso la misericordia.
Che significa: non giudicare, non mettersi in antagonismo con l'altro, dare una speranza, credere nella possibilità di cambiare vita.
E, se entriamo in conflitto, ci chiede di riprendere il cammino insieme.
Questo è riconciliazione: tornare ad essere amici.
L'esempio viene ancora da Dio, che ci ha riconciliati con lui nella morte di Gesù.
Il perdono ha Dio per protagonista, è lui che ci ama per primo e ha dato il suo Figlio unigenito perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Il Signore Gesù condivide questo amore del Padre per noi peccatori e si è donato a noi nella morte, ha portato su di sé il peso dei nostri peccati.
È risuscitato dai morti per comunicarci lo Spirito Santo e renderci giusti.
Lo Spirito Santo, amore che unisce il Padre e il Figlio, ha animato l'esistenza terrena di Gesù e lo ha reso un dono a tutti gli uomini.
Noi uomini, peccatori, ci rendiamo sovente solidali con il male.
Ma possiamo convertirci, diventare giusti, perché l'Amore di Dio Padre e di Gesù Cristo, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori, è più grande e più forte di ogni peccato.
Laudato sii, o mio Signore, per quelli che perdonano per il tuo amore
e sopportano malattia e sofferenza
Laudato sii, o mio Signore, per nostra sorella
morte corporale,
dalla quale nessun uomo vivente può scappare: guai a quelli che moriranno
nel peccato mortale;
beati quelli che fanno la tua santissima volontà,
perché sono salvi e vivranno per sempre.
(dal Cantico delle creature di san Francesco d'Assisi)