Delineazione della situazione sociologica |
Mettersi in ascolto e capire
Il rinnovamento e la riqualificazione della proposta pastorale, capace di coinvolgere i giovani, deve partire da un atto di coraggio: incominciare a descrivere le cose come sono, rinunciando agli schemi rassicuranti del passato ed assumendo la fatica di pensare e sperimentare le forme nuove della presenza cristiana, in una cultura che ha rotto decisamente con il passato.
I giovani di oggi costituiscono come un nuovo, grande “areopago” culturale: una vera e propria «cultura nella cultura», un mondo ben caratterizzato, con numerosi tratti di omologazione che fanno apparire i giovani da una parte simili tra di loro, pur in culture e luoghi diversi e lontani, dall’altra si differenziano, in modo a volte anche radicali, della generazione dei loro genitori.
I giovani ci costringono ad affrontare il tema della complessità del nostro tempo
Appartengono alla cultura della complessità e si presentano come aperti e sensibili ai valori della mondialità, come l’accoglienza del diverso, lo scambio e la cooperazione culturale ma fanno fatica a definire una identità personale stabile e coerente; padroneggiano i nuovi strumenti della comunicazione tecnologicamente mediata ma vivono, nello stesso tempo, difficoltà e carenze nella relazionalità reale, faccia faccia.
Non è raro toccare con mano la profondità della solitudine, anche in giovani per nulla disagiati o che vivono situazioni apparentemente normali a tutti i livelli.
Le esperienze che i giovani oggi vivono non sono quindi estranee alla cultura sociale d’ambiente: dipendono dalle relazioni che essi instaurano con gli adulti, dai valori e dai significati che attingono dai grandi orientamenti contemporanei della cultura.
La difficoltà nel cogliere le attuali espressioni della cultura giovanile, i loro bisogni ed i loro valori, è la stessa difficoltà che si prova nell'analizzare e dare ragione di quanto avviene nella più ampia collettività: nelle diverse società e culture i giovani sono sempre stati i sensori più attenti e delicati dei processi di cambiamento in atto.
Il mondo giovanile, polimorfo e contraddittorio, sfugge dunque a facili classificazioni e a tentativi improvvisati di definizione.
I giovani ci costringono così ad affrontare il tema della complessità, una delle categorie centrali nella descrizione dei fenomeni del nostro tempo.
Tratti ambivalenti della personalità
Sicuramente i giovani vivono una maggiore fragilità rispetto alle generazioni che li hanno preceduti.
Una “splendida” fragilità: li troviamo, per esempio, a volte molto docili alle proposte che vengono loro offerte; questo però non comporta immediatamente che si impegnino personalmente su quello che sentono come importante.
Si trovano insieme volentieri, si mobilitano anche per le grandi convocazioni, esprimono una loro vitalità spontanea, fresca, che a volte agli adulti può apparire superficiale; questo non vuol dire che se la convocazione da estemporanea diventa stabile continuino a venire.
Esprimono un’attenzione alla realtà quasi ipnotica: sono attentissimi a tutto ciò che la nostra società propone, un poco succubi delle situazioni che essa crea, spesso anche passivi nella voglia di cambiare…
Ostentano una sorprendente capacità a vivere il qui e adesso insieme ad una drammatica incapacità di immaginare e credere nel futuro.
Vivono il momento e cercano soprattutto cose concrete…
Per loro conta molto di più il sentimento e la sensazione del momento che l’impegno costante e duraturo, di conseguenza risultano loro difficili da comprendere e da accettare, le scelte di impegno a lungo termine.
Pur ostentando un certo distacco formale da tutto, hanno in realtà un forte desiderio di parlare di sè e dei propri problemi.
Pongono spesso la domanda, più o meno esplicita, di essere soprattutto ascoltati e compresi, non giudicati e indottrinati; accettano di mettersi in discussione ma alle loro regole e a partire dalla loro realtà contingente: i grandi ideali e le discussioni troppo teoriche li lasciano indifferenti ed apatici.
I giovani specchio della società
Il consumismo incide pesantemente sugli ideali e gli stili di vita delle persone.
La prospettiva dell’abbondanza e la forte attrattiva della materialità modificano radicalmente la percezione di sé e del mondo.
È una condizione difficile da vivere perché paralizza l'interiorità: anche di fronte alle cose che si riconoscono sbagliate, viene meno la volontà e la forza di reagire e di cambiare.
I giovani sono uno specchio molto trasparente della nostra società.
La materialità dell’esistenza, nella quale sono immersi e che pure accettano per i vantaggi che offre loro, crea una forte dipendenza e non dà risposte ai grandi interrogativi di senso della vita che pure permangono nell'intimo di ciascuno.
Mancanza generalizzata di riferimenti valoriali
La società propone modelli fuorvianti; presenta come vincente il personaggio che guadagna bene e ha successo: è difficile reagire in modo critico.
Appare una mancanza generalizzata di riferimenti valoriali precisi.
Questa forma di pluralismo si presenta, nel suo aspetto positivo, come tolleranza assoluta verso ogni tipo di proposta e verso qualsiasi stile di vita, e, nel suo risvolto negativo, come indifferenza e a volte rifiuto verso proposte più globali e totalizzanti.
Non si può dire che i valori per i giovani non esistano, il problema è piuttosto che essi fanno fatica a discernere e ad orientarsi: tendono a mettere tutto sullo stesso piano, a non avere criteri coerenti di scelta.
La crescente differenziazione della società, l'offerta a profusione di stimoli e messaggi, l'eccedenza delle proposte culturali, rende gli individui tendenzialmente “indifferenti alle differenze”: tutto appare uguale, tutto può andare bene…una cosa vale l'altra, una persona succede all'altra, un’esperienza sostituisce la precedente…
Tutto può entusiasmare, ma tutto tende a consumarsi ad una velocità impressionante.
Sembra che la verità oggi non abbia né il suo luogo né la sua forma nella ragione e nemmeno nelle forme di impegno.
La ricerca del vero e del bello si sposta verso esperienze del sentire collettivo e di appartenenza comune, piuttosto che di pensiero condiviso: un’esperienza vitale comune, una ricerca della verità in relazione a se stessi, più che un adeguamento di sé alla verità.
Il rischio è di dissolvere la verità nell’arbitrio della soggettività.
Questo atteggiamento porta i giovani, per esempio, ad interessarsi poco alla dimensione della politica e dell'impegno sociale, e li rende particolarmente propensi ad atteggiamenti che esasperano il soggettivismo e la relativizzazione, giungendo a negare l’esistenza di criteri fermi di riferimento perché quello che conta è ciò che il singolo ritiene giusto, in nome di un “hai ragione tu e ho ragione io”, “io la penso così, tu la pensi così…” stimolando un atteggiamento, che sotto la forma dei più rigido pluralismo, nasconde, in verità, una nuova versione dell’assolutismo: “essendo tutto relativo, nessuno può pronunciarsi su quello che faccio io”.
Il valore dell’esperienza; ma la continuità fa problema
I giovani hanno una grande disponibilità a fare esperienza, considerata come un valore significativo, ma, nello stesso tempo, sono spesso incoerenti nelle scelte e trovano grandi ostacoli nello sviluppare una progettualità personale e coerente.
Si ritrovano incerti ed impauriti nell’aderire a qualunque progetto continuativo.
Caratteristiche analoghe si osservano anche nei confronti dell’esperienza lavorativa: l'esperienza del lavoro spaventa e sgomenta per diversi motivi.
Ci sono delle regole da rispettare, gerarchie da riconoscere, procedure da apprendere.
Molti giovani sono poco abituati a rispettare regole e gerarchie; questa condizione può anche portare all’abbandono o all’esclusione dal lavoro.
Eppure non si può affermare che i giovani siano insensibili all’orizzonte etico, che non abbiano ideali anche sociali, come la sensibilità per la giustizia, la pace, il rispetto della natura.
Fa loro problema, piuttosto, la coerenza e la permanenza degli orientamenti valoriali e motivazionali, a causa della provvisorietà e della transitorietà delle esperienze, nelle quali il giovane si butta a capofitto, spinto da una emotività che non è molto disponibile a ricordare, a confrontare le esperienze con quanto già vissuto in precedenza già vissute e con i valori stessi.
Anche una scelta come quella del matrimonio, tende a spaventarli: meglio rimandare…
La fatica del discernimento e la difficoltà a durare nelle scelte, rielaborando fallimenti e frustrazioni, sono alla base di numerose insicurezze e indecisioni non solo nelle scelte scolastiche o lavorative ma anche nel mondo degli affetti, nei comportamenti familiari, negli orientamenti politici.
Sicuramente anche negli atteggiamenti religiosi e riferimenti valoriali.
Imparare a ragionare
Pare che si possa affermare che il problema etico delle nuove generazioni non consista semplicemente nella fragilità della loro costanza o nella debolezza della fedeltà, ma particolarmente in un’insufficiente disposizione al discernimento, ovvero, nell’incapacità di cogliere, con gusto vero e affidabile, ciò che orienta alla scoperta del senso della vita, e, quindi, ciò che porta a dedicarsi a quanto si è intravisto come positivo con slancio, motivazione e convinzione.
Di fronte a questi ostacoli, la soluzione più immediata può essere facilmente individuata nell’agito emotivo-sensoriale: cercare di percepire la felicità nell’immediatezza di esperienze spesso effimere o nocive, ma vissute a livello superficiale e non sufficientemente rielaborate; ma la domanda è inevitabile: si dà un “senso” nei sensi?
È molto importante che i giovani imparino a ragionare.
I giovani vivono un sentimento profondo di disorientamento, davanti ad una realtà così complessa, differenziata, incerta e cangiante come la nostra.
Orientarsi nella scuola e nel lavoro
Il modello di sviluppo della nostra società esige sicuramente un impegno crescente, sia quantitativo che qualitativo, del livello della formazione culturale, insieme all’appropriazione di metodi e criteri per analizzare e valutare il mondo, sé e gli altri.
Il futuro chiederà ai giovani di oggi un notevole sforzo in questa direzione.
D’altra parte, le grandi potenzialità dei nuovi strumenti di informazione e di comunicazione hanno creato sorprendenti opportunità di emancipazione e di acquisizione del sapere e inedite possibilità di intervento creativo sulla realtà.
Ma questo non avviene senza sforzo e senza disciplina.
I nuovi curricoli della scuola rinnovata dovranno rispondere alle impegnative domande di formazione poste dallo sviluppo culturale, sociale ed economico del nostro tempo e ai bisogni educativi delle nuove generazioni, con una forte accentuazione della qualità culturale dell'offerta educativa.
Anche nell’esperienza lavorativa è sempre più richiesta la disponibilità alla formazione e al discernimento.
In questo ambito, per esempio, incontriamo molti giovani disorientati di fronte alla ricerca del lavoro e alle scelte da farsi in questo campo, in particolare per ciò che riguarda le scelte di formazione e riqualificazione.
Manca, a questo riguardo, un incontro fra domanda e offerta, i giovani che ne avrebbero più bisogno non conoscono i luoghi della ricerca.
Nell’approccio concreto con il mondo del lavoro le difficoltà aumentano: lavorare è ritenuta un’esigenza fondamentale, in quanto il lavoro fornisce un riconoscimento sociale importante e dà modo di mettere alla prova le proprie capacità, le proprie attitudini.
Un giovane che lavora, può esprimere le sue capacità, può essere autonomo nei confronti della famiglia, può pensare di mettere su casa…
Ma l’esperienza lavorativa porta anche ansie e paure, soprattutto quando i giovani arrivano da contesti vitali troppo “protetti” ( come in certe famiglie, a scuola, all’oratorio… ) e scoprono che l’ambiente di lavoro è diverso da come previsto e immaginato.
Il rapporto con i responsabili e con i colleghi può essere difficile, la resistenza alla frustrazione e alla fatica può andare in crisi…
Disponibilità non vincolante
I giovani si dimostrano sensibili al mondo dei sentimenti, dell’affettività e dell’amicizia, della fedeltà e dell’interiorità.
Di qui possono prendere avvio il percorsi che conducono alla sapienzialità e alla spiritualità.
È una disponibilità anche generosa, ma, frequentemente, non vincolante: tutto ciò che suona come " per sempre", risulta loro difficile, come inconcepibile.
Nel concreto sono essenzialmente aperti alla ricerca di una ridefinizione e riespressione del proprio Sé, con una certa apertura al desiderio di esperienze di fede significative e strutturanti il cammino personale e relazionale.
Diventa, quindi, per loro difficile accettare e tendere verso scelte totalizzanti ( come necessariamente si presenta la fede ), mentre, invece, sono più disponibili a scelte temporanee.
“Estasi” come forma immediata di “uscita da sé”
Il senso è ricercato nelle forme immediate dell’esperienza; si fa esperienza di verità nella forma dell’immediatezza, saltando spesso le mediazioni che la realtà, accettata nella sua totalità, imporrebbe.
Si cercano forme di partecipazione intesa come adesione a una realtà vista come totalità, come spesso avviene in certe forme di divertimento.
I giovani, quindi, sembrano oggi cercare forme più naturali o più semplici di religiosità anche se non manca una sete, una domanda, una ricerca vera di “spiritualità”.
La fede tende ad essere percepita come “fedeltà a sè”, piuttosto che come valore esterno o imposto; questo è un aspetto che può essere positivo, perché la fede è libera accoglienza e dono.
Un possibile aspetto problematico andrebbe individuato, però, proprio nella percezione di sé, la quale, spesso, si pone a livello del solo sentimento, così che viene ritenuta sincera solo una fedeltà al proprio sentire del momento ( “se me la sento”, “ora non me la sento”, “forse domani”…).
Solo uscendo da questa angusta esperienza, si ritrova quell’autentica fedeltà a se stessi che rende possibile il cammino della spiritualità e della sapienzialità.
La ricerca dell’interiorità permane, nel mutare delle esperienze quotidiane e coinvolge, quindi, la vita concreta e il rapporto reale con gli altri e soprattutto con Dio.
Per quanto riguarda, in particolare, la popolazione studentesca la percezione della domanda religiosa pare possa essere situata a livello del senso della vita e, più spesso, negli interrogativi posti dai momenti critici delle esperienze personali della vita: il senso che ha la famiglia, lo studio, l’amore …
Tuttavia, in generale, la richiesta di spiritualità, tante volta inespressa o confusa con il sentimentalismo, deriva, forse, da una certa noia che deriva dalla cattiva gestione dell’abbondanza, da un’insoddisfazione profonda nei confronti della pura materialità.
Questa domanda e questa attesa non si esprimono sempre in termini coerenti e, sovente, mancano di spessore e coerenza, di vera attenzione alla “dimensione verticale”.