Questa parabola insegna che tutti, a prescindere da quanto hanno lavorato, ricevono lo stesso salario, cioè che Dio, nella sua bontà, dà la stessa ricompensa tanto a chi si converte nell'ultima ora della sua vita quanto a chi lo serve per tutta la vita.
Dall'altro lato, ci sono dei brani che sembrano di insegnare diversi gradi o livelli in paradiso, anche se è impossibile per noi capire o sapere come siano.
La Bibbia non ce lo spiega.
Per questi brani e una spiegazione dei livelli, vedi il commento su 1 Corinzi 3,13-15.
Questa parabola invece, come tutte le parabole, non va spinta per dire qualcosa che non insegna.
È una parabola, non un'allegoria in cui ogni dettaglio corrisponde a qualcosa.
Il punto della parabola è che entrare in cielo è per la grazia di Dio, e non dipende da quanto abbiamo lavorato per lui.
Questa è la vera difficoltà della parabola: come era offensivo ai capi dei Giudei, così è offensivo anche a noi.
Se facciamo la volontà di Dio e ci sforziamo a servirlo per tutta la vita, e poi Dio perdona un mafioso, o un terrorista che ha ucciso migliaia di persone, o un politico corrotto, è giusto?
Certo che non lo è - secondo una definizione umana di giustizia legale.
Ma dobbiamo lodare Dio perché mostra la sua grande misericordia anche in questo.