Vegliate e pregate |
B78-A1
Nella vigilia della sua passione Gesù aveva scelto Pietro, Giacomo e Giovanni perché con Lui vegliassero e pregassero quasi a conforto nella sua abbiezione.
Erano gli stessi che furono testimoni della Trasfigurazione sul Tabor.
Allora Gesù era sfolgorante più del sole e le vesti aveva più candide della neve.
Per l'estasi ineffabile e il gaudio celestiale che provavano essi avrebbero voluto che il godimento non finisse.
Ora la scena è ben diversa: la notte fonda, il luogo solitario, le precedenti emozioni e le arcane parole del Maestro, la mestizia grande che appariva dal suo volto preannunziavano qualche cosa di straordinario e tragico.
Si avvicinava anche per essi il momento della lotta terribile tanto più forte perché tristi, abbattuti, incerti di ciò che sarebbe avvenuto e sopratutto perché privi di volontà risoluta e dimentichi di ricorrere alla preghiera, come aveva loro detto Gesù; « Se volete vincere vegliate e pregate meco ».
I tre non seppero reagire contro la stanchezza e la demoralizzazione; non pregarono e si addormentarono.
Anche Pietro che pure aveva spergiurato di non abbandonare il Maestro e di volerlo seguire, occorrendo, fino alla morte, dimenticando la profezia della triplice negazione, non pregava, ma dormiva. La natura umana, quando non la sorregge la grazia divina è debole e cade.
Gesù, avvilito nella abbiezione del peccato, è tentato di ribellarsi; ma con la fronte china a terra, prega e accetta con rassegnazione la sentenza divina e si dispone al totale sacrificio di sé con magnanimità divina.
È così per tutti: ognuno può avere il suo calice amaro di prove, talvolta gravi e terribili: malattie, perdite materiali, rovescio di fortuna, offese, denigrazioni e calunnie che abbattono, passioni violente, occasioni e compagnie pericolose e via dicendo, il rimedio infallibile di preservazione dal male e dallo scoraggiamento o di riabilitazione è la preghiera sentita, umile, fiduciosa includente la perfetta rassegnazione alla volontà del Signore.
Gesù vedendo i tre discepoli addormentati li sveglia e muove loro il delicato rimprovero: « Ecco dunque che non avete potuto vegliare un'ora con me ».
È quasi come la continuazione della conversazione tenuta con loro prima di lasciarli: dunque, malgrado la vostra solenne promessa di vegliare e pregare con me e di volermi seguire fino alla morte, ecco che mi lasciate solo nella prova e nella preghiera.
Anche nel rimprovero Gesù dimostra affabilità e cerca le attenuanti riconoscendo nei discepoli la loro impotenza a lottare appunto perché non avevano pregato: Ecco che voi non avete potuto vegliare e pregare.
Se essi invece di non credere alla predizione di Gesù e di fidarsi unicamente nelle proprie forze avessero umilmente confessato la loro debolezza e invocato da Gesù il suo aiuto, certamente avrebbero resistito al sonno e alla conseguente paura.
È l'ordinaria condizione delle anime, quelle che affissano lo sguardo in Gesù e in Lui si abbandonano invocando assistenza e aiuto, vincono la tenzone dura e continua della vita fino all'eroismo della virtù e del sacrificio.
Quelle cui manca la volontà di pregare con Gesù e preferiscono le comodità e le soddisfazioni della natura, si afflosciano incapaci di ogni opera meritoria e di provare il conforto della Fede che innalza alle divine contemplazioni, senza l'incitamento della speranza che lascia intravedere le dolcezze celestiali, senza l'ardore della carità che tutto avvince negli amplessi del Divino Amore Crocifisso.
Fr. G.