La Divozione a Gesù Crocifisso |
B130-A3
( Continuazione )
Oggi, scrivo la parola fine a queste mie note meditative sul confronto tra la stesura originaria e quella attuale della preghiera fraleopoldina alle cinque piaghe divine.
Depongo la penna. E con malinconia vado scorrendo le pagine scritte per il nostro caro Bollettino, dal numero del gennaio-aprile 1949 in qua.
Con malinconia, me ne stacco. Quel vecchio testo, del quale, come ho potuto, ho procurato di mettere in evidenza l'architettura dell'insieme e le proporzioni delle singole parti, quel vecchio testo mi è caro e la meditazione mi ha fatto del bene.
Dall'inizio di essa ho sentito più mia la Passione inesauribilmente misericordiosa del Cristo e più raccapricciante l'orrore della colpa.
Dall'inizio di essa ho sentito più vicino a me quell'innamorato del Crocifisso che è fra Leopoldo; mi sono sentito più nano accanto a lui più gigante.
E rivolgendomi ad altro studio, provo lo stesso dispiacere del commiato da amico confortatore, anche se si è certi di rivederlo presto.
Quando si ama, si vorrebbe stare sempre insieme.
Ma la nostra fattura è tale che vediamo, agiamo, pensiamo sempre secondo una successione di viste, di atti, di pensieri.
Solo nell'al di là, vivremo - e finalmente! - tutti sempre insieme, sentendoci tutti uno nella comunione con l'eterno ed infinito Amore.
* * *
Nei vent'anni e più occorsi al maturarsi quasi insensibile di quel saporitissimo alimento spirituale che è la Divozione, fra Leopoldo ha scritto il suo capolavoro affidandone la proprietà letteraria al nobilissimo Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane.
Che si tratti di un autentico capolavoro spirituale, al quale occorre accostarsi in un clima di profondissima meditazione reviviscente e sensibile ( per quanto si possa ) alla voce attuale e concorrente dei tre mondi della Chiesa, è confermato dall'esame dei commenti, diretti o indiretti, sollevati dalle mie note durante venti mesi dalla pubblicazione della prima.
I quali commenti si possono esporre riepilogativamente così:
1 - Mi è stato opposto: l'espressione " … ed a tutti i suoi figli di camminare santamente nella via dei vostri comandamenti " è bella ed efficace.
Nessun dubbio. Perfettamente d'accordo.
Ma quell'espressione emendativa sopprime il pensiero informatore unitario riferito al Crocifisso, all'olocausto della Vittima divina, al sacrificio della Messa.
Perché? Che bisogno c'era di deformare il pensiero pio di fra Leopoldo?
Quel pensiero dev'essere rispettato, migliorandolo, se ne è il caso, nella lettera, ma non cancellandone lo spirito.
2 - Ed ecco un'altra obbiezione.
Nel numero 4-5 del luglio-ottobre 1949, scrissi testualmente così: " … al cospetto di quelle misericordiosissime piaghe stillanti sangue e troppo preziose perché si possa per esse chiedere due volte la stessa cosa … ".
Mi è stato obbiettato: Per i meriti della Passione di Gesù noi possiamo chiedere non due, ma infinite volte, se fosse possibile, la stessa cosa, nella stessa preghiera.
Ma si è dimenticato che io mi riferii alla perfezione del testo della Divozione, nel senso della sua asciuttezza spoglia, scarna, dove tutto è misura e ordine, non superfluità, diluizione, disordine; di modo che " a quelle misericordiosissime piaghe - scrivevo - … ad una ad una, ordinatamente, distintamente, egli, fra Leodoldo, e noi con lui, ci rivolgiamo secondo la disciplina delle necessità ".
Ciò che significa: la preghiera fraleopoldina non si ripete in nessuna sua parte.
Tutto vi è necessario e conseguente.
E la sua concisione lapidaria, senza ripetizioni, non vieta per niente ad alcuno di rivolgersi per essa alle piaghe divine quante volte si voglia.
E non temo d'affermare che, osservate le debite proporzioni, la Divozione risente dell'economia grandiosa del Padre Nostro e dell'Ave Maria.
3 - Ad eccezione di queste due osservazioni, facilmente messe a punto, non ci sono stati che consensi.
Chi ha scritto: " … noi abbiamo sempre continuato a recitare la Divozione nel vecchio testo ".
Chi ha suggerito: " Le note pubblicate debbono essere estratte dal Bollettino e raccolte in un fascicoletto a parte per fare conoscere quello che la Divozione veramente è ".
E chi, infine, è addirittura spicciativo: " Ma che cosa si aspetta dunque a stampare e diffondere la Divozione così come la formulò fra Leopoldo? "
Grazie, amici lettori, grazie di cuore per il conforto del consenso.
Ma la cosa non è così semplice. Il testo della Divozione, così com'è attualmente, è quello consacrato ufficialmente nella raccolta Preces et Pia Opera della Sacra Penitenzieria.
Il testo ufficiale è dunque quest'ultimo, e non quello originario.
Nulla vieta tuttavia che si rivolga deferente istanza alla Sacra Penitenzieria, mettendo in rilievo che la vecchia stesura della Divozione è generalmente preferita per l'unità informatrice, per l'universalità, per l'attualità, per l'aderenza alle necessità della Chiesa.
Qualità, codeste, che pur comparendo nel testo ufficiale, sono tuttavia meno evidenti ed organiche.
Nulla vieta, pure, che nel medesimo tempo sia espresso il desiderio e voto comune che la Divozione sia ricondotta a quella cristallina vena di sorgente, della quale si allietò Papa Benedetto XV: se necessario, con qualche ritocco, ma che si limiti alla lettera, senza incidere sullo spirito.
Non potrà non derivarne più profondo affetto per il Papa e più vigilata coscienza della dignità sacerdotale, più trepidante ansia per la salvezza dei peccatori, più fervido zelo per la santità delle vocazioni religiose, più sentita pietà per il tormento delle anime purganti, più sollecito serrarsi intorno ai Vescovi, veri angeli custodi diocesani.
Tutto ciò per i meriti di quelle cinque adorabilissime piaghe divine, che continueranno a stillare sangue fino al felicissimo giorno in cui, per la somma delle singole minime adorazioni nostre umane, esse si richiuderanno come per unguento e dalla Croce finalmente scenderà trionfante il Cristo Nostro Signore e Redentore Gesù.
G. Gaetano di Sales