La Divozione a Gesù Crocifisso |
B129-A2
( Continuazione )
E che dire dell'invocazione rivolta all'ultima trafittura di Gesù?
Qui, gli emendatori non si sono accontentati di correggere e di modificare con sostituzioni non ispirate, ma, strofinando troppo, hanno addirittura portato via un pezzo.
Vogliano giudicare i lettori:
a ) stesura di fra Leopoldo: " … Vi prego affinché Vi degniate benedire l'Angelo della nostra Diocesi e tutte quelle anime che si raccomandano alle nostre preghiere ".
b ) stesura emendata: " … vi prego di benedire ed esaudire tutte le persone che si raccomandano alle mie preghiere ".
Perché è stato omesso l'Angelo della nostra Diocesi? Non si sa.
E chi è costui? Ma il Vescovo! il Vescovo della nostra Diocesi, ossia di ciascuno di noi che recitiamo la Divozione.
Egli è l'Angelo, il portavoce purissimo della Fede ed il custode, territorialmente, dei credenti.
Non sentite quanto l'espressione sia propria e precisa? Non solo: ma anche affettuosa.
Non diciamo comunemente angelo a chi amiamo ed è il migliore; alla creatura nella quale troviamo ogni appagamento, consolazione e quiete?
E codesto moto dell'animo non è fatto di sicurezza, di fiducia, di riconoscenza?
E non è naturale che nella Divozione esso trabocchi dal cuore nel momento stesso in cui s'invoca il Cuore divino, che fa suoi tutti gli affetti del genere umano volti al bene?
E quand'è il cuore che parla, quand'è il cuore che chiede, non cominciamo a parlare ed a chiedere per coloro che ci sono più vicini?
E trattandosi di mondo d'anime, non cominciamo dal Vescovo, dal capo e guida di esse?
E poiché nell'animo di fra Leopoldo la Divozione dev'essere recitata da tutti, in tutto il mondo, non è codesta una felice esaltazione di tutti i Vescovi della terra che si riconoscono e s'incentrano nel maggior Vescovo, che è il sommo Vicario del Cristo Re?
Di più, trattandosi di un mondo che cerca la salute non in questa terra, è pure naturale che l'umile autore francescano denomini anime e non persone coloro che si raccomandano alle nostre preghiere.
Il quale verbo raccomandarsi è, come tutti gli altri impiegati nella Divozione, costruito al presente, cioè mantiene sempre in campo quell'oggi, quell'attualità che è l'unico tempo dello spirito, dell'eterno, dell'infinito, e che esprime insieme affettuosa preoccupazione e fedele ricordo di ogni giorno, da parte di fra Leopoldo, per tutti coloro che si sono raccomandati a lui, non soltanto da oggi, ma da sempre, ma dal momento nel quale sono a lui ricorsi: tanti e così numerosi essendo i suoi raccomandati da non poter più pregare per loro ad uno per volta, ma da doverne presentare i bisogni, tutti insieme, a Dio, che unico può sentirli tutti insieme distintamente.
Ed infine si rifletta bene che i bisogni di tutti quei raccomandati, visti nel loro complesso, non si identificano soltanto con quelli per i quali fra Leopoldo prega.
Se la preghiera dev'essere recitata in tutto il mondo, ogni orante di qualunque età e luogo prega per i propri raccomandati, evidentemente.
Ma quell'aggettivo possessivo nostre precedente il sostantivo plurale preghiera fa dileguare i muri delle stanze e le pareti delle chiese che ci accolgono in orazione, ci accomuna - quanti siamo - in un solo tempio immenso che è la Chiesa santa di Pietro, ci ridà l'impressione che è realtà grandiosa di quell'inimmaginabilmente innumerevole insieme di recitanti, ci rituffa nel mare di quell'illimitato bisbiglio sommesso di devoti adoranti ai piedi di Gesù Crocifisso.
Non siamo soli a pregare. Siamo molti. Dovremmo essere tutti.
Saremo sempre di più.
Questo senso di unione nell'universale e di attualità nel trascorrere del tempo; questa visione ( per quanto è concesso al nostro povero occhio umano ) completa, panoramica, sconfinata dei tre mondi della Chiesa; ed in tanto smisurata cornice quest'unità di quadro, altissima, in cui campeggia luminosissima, abbagliante per dismisura di Carità e di Perdono, la Croce di Gesù sempre redimente, sono d'una potenza così vera, così viva e così rara da non consentirci di coglierne con un'occhiata tutti gli aspetti insieme.
* * *
Infatti, fra Leopoldo conclude la Divozione così:
" Gesù Crocifisso voglia avvalorare queste preghiere coi meriti della Sua Passione, ci conceda la santità della vita, ecc. "
Il discorso non è più diretto, ma indiretto.
Gli occhi non sono più volti al cielo del quadro né della cornice, ma sono chini verso terra.
La visione, con le sue luci, i suoi suoni, la sua vita, la sua agonia, si è oscurata svanendo.
Quell'adorazione d'infinito, quell'onda di tremiti, quel gorgo di pianto, quell'angoscia e quel grido d'anima non possono durare in noi, in questo povero carcere nostro, indefinitamente.
Stremata da quelle immensità, e da quei vividissimi fulgori abbacinata, la creatura abbassa il capo a terra, in un gemito, un mormorio, un sospiro.
( Continua )
G. Gaetano di Sales