Umanità e santità di Fra Leopoldo

B134-A3

Un perfetto " accordo "

Santità ed umanità non sono in contrasto, ma si avvalorano a vicenda, anzi la santità trova le sue più favorevoli condizioni di sviluppo in una umanità viva, equilibrata, operante.

La vita di Fra Leopoldo è una luminosa conferma di questa verità, che è assai utile richiamare e perciò, in questa commemorazione del trentennio del suo transito ci proponiamo di studiare i rapporti che intercorrono tra la sua umanità e la sua santità e di mostrare il perfetto accordo e la perfetta armonia che si nota nella sua vita fra i valori naturali e i valori soprannaturali.

Un carattere " appassionato "

Chi osserva un ritratto del Servo di Dio rimane subito colpito dalla serenità e dall'equilibrio che si riscontra nelle sue fattezze e dalla proporzione delle sue membra.

Diciamo subito - anche per avere consultato chi ebbe la ventura di conoscerlo personalmente - che il tipo fisico di Luigi Musso è il vero e proprio tipo normale o " atletico " bene equilibrato nelle sue varie parti dell'organismo ed anche nella struttura somato - psichica: quindi per nulla un soggetto disposto alle fantasticherie, alle allucinazioni e ad altri disordini mentali, come accade facilmente fra i tipi astenici.

Non vi è contrasto tra la corporeità e la mistica.

" Noi non siamo angeli, ma abbiamo corpo.

Il volerci fare angeli stando sulla terra è grande stoltezza, anzi per ordinario il pensiero ha necessità di appoggio benché alcune volte l'anima esca da sé, e spesso vada tanto piena di Dio, che non vi sia bisogno di cosa creata per raccoglierla ". ( Vita di S. Teresa d'Amia, cap. XXII ).

Dobbiamo certo tendere a questa comunione tutta spirituale con Dio, ma quando vi siamo pervenuti ciò non distoglie - spiega ancora S. Teresa - da considerare anche l'umanità di Cristo presente in corpo sangue anima e divinità nell'Eucaristia.

Penetrando dall'aspetto fisico a quello più intimo del carattere ricordiamo alcuni episodi scelti fra i più significativi non dal punto di vista agiografico, ma da quello psicologico, per dimostrare come nell'ordine della emotività quelli che il servo di Dio chiamava " i suoi difetti " erano invece inclinazioni naturali assai vivaci, sulle quali egli ebbe modo di esercitare la sua azione di auto controllo, subordinandole ai dettami della ragione.

Da fanciullo fu sorpreso a commuoversi profondamente di fronte a una immagine della via Crucis.

Sempre dimostrò viva la sua sensibilità per gli altrui dolori: era molto affettuoso e sorrideva a tutti con affabilità.

Le emozioni più vive scaturivano dal suo animo profondamente umano.

E fu " umano " perché la sua viva sensibilità non si traduceva in puntiglio ma in amore, alla scuola di Gesù Crocifisso che, nei suoi mistici colloqui, lo ammoniva: " Figlio, in certe cose correggiti, non essere tanto puntiglioso; come patisci sempre, anche con ragione non ti inquietare mai; ma sempre sii benigno ed allegro ".

La nota dominante del suo diario è, come in Santa Teresa d'Avila, l'amore.

Il precetto dell'amore è ripetuto, in forma sempre varia che mai non stanca per centinaia di volte nei suoi " detti ".

Nel calore di affetti tanto elevati, che meritano anche dal solo punto di vista umano il nome di carità ( già i Latini usavano la parola caritas per indicare l'amore nel senso più nobile ), ma che riescono ancora sublimati nella mistica unione con Dio, la vita di perfezione del Servo di Dio perdeva ogni rigidezza ed ogni severa intransigenza, per farsi comunicativa e diffusiva di sé in quanti avevano la ventura di avvicinarlo.

Accadeva cosi, per testimonianza di molti, che la sua compagnia recava gioia allo spirito ed esercitava una superiore attrattiva capace di tenere avvinti a lungo senza mai stancare.

Si sentiva, in sua vicinanza, oltre all'effusione umana che faceva di lui un delicato confidente, anche quel preludio di gioie celestiali con le quali a volte la Vergine Immacolata si preannunziava al Servo di Dio nel momento dei loro mistici colloqui.

Un altro aspetto del suo carattere fu l'attività che caratterizzò la sua intera esistenza.

Ancor giovane domestico, nella villeggiatura di Viale d'Asti dedicava all'azione anche il tempo del riposo per addobbare una cappella: " impiegavo, egli scrive, tre ore al giorno, quelle che erano di mia libertà, per preparare quella Cappella il meglio che potevo ".

Come tutti i temperamenti attivi desiderava di superare sempre nuove difficoltà, senza lasciarsi mai abbattere: " incontrai, egli prosegue, molte difficoltà; ma come Dio volle a poco a poco l'opera fu finita. ( Fratel Teodoreto, Fra Leopoldo, Torino 1945 p. 21 ).

Se, come sembra potersi credere, non era proprio del suo carattere vivere " puntualmente " nell'attimo che scocca, ma piuttosto sentirsi naturalmente trasportato verso l'avvenire facendo tesoro delle passate esperienze, i lineamenti fondamentali del suo carattere sensibile ed attivo si definiscono in quella personalità massimamente potenziata che gli studiosi moderni le nominano con il termine di " appassionata ".

Si può bene immaginare pertanto quale azione costante di autodisciplina egli dovette esercitare sui suoi sensi e in generale sul suo vivace temperamento per giungere a quell'atteggiamento di composta serenità e di mistico rapimento in cui veniva a culminare la sua esistenza di religioso e confidente del Crocifisso.

La sua intelligenza era di tipo intuitivo, ma riusciva bene ad armonizzarsi con le esigenze pratiche determinategli dal suo umile mestiere.

Vi è, in tutte le situazioni in cui doveva esercitarsi il suo spirito adattivo, una singolare sintesi tra ingegnosità ed intuizione, fra azione e contemplazione.

Un giorno gli fu proibito di entrare nella Chiesa oltre l'orario diurno, perché " non si ripetesse più il fatto di lasciare la porta appena metà chiusa ".

Che fare? Egli scrive nel suo diario: " ne convenni con tutta ragione, ma con la mia chiave era impossibile il farlo ( cioè aprire e chiudere la porta nelle ore di notte ); per poterlo fare con la medesima mia chiave ho pregato più volte il superiore che me la facesse aggiustare, ma fu impossibile ottenerlo.

Pregai la buona Mamma Maria SS. … ".

Altri sarebbero andati a cercare un'altra chiave, egli preferisce adattare la propria.

E qui si inserisce l'elemento soprannaturale, perché il suo racconto prosegue narrando in termini di grande veridicità come più volte la Vergine stessa fosse venuta ad aprirgli quella porta.

Ma dalle umili occupazioni della vita d'ogni giorno la sua intelligenza si innalza a intuizioni che sono spesso un ricamo di verità teologiche.

Il " telaio " della preghiera.

Il tema della vita cristiana come prova e come preparazione, il motivo del sacrificio che unisce dolore ed amore, Io zelo della riparazione, lo spirito profetico delle opere che verranno e specialmente delle " Case di Carità Arti e Mestieri ": tutti questi e tanti altri argomenti sono come uno splendido tessuto che si svolge, per usare una sua stessa immagine, sul " Telaio " della preghiera.

Ai piedi della Croce egli dichiara di imparare la vera scienza che nessuna delle umane pareggia.

Ivi attinge luce e conforto nella sua vita di sacrificio, quando il Crocifisso gli fa sentire la Sua voce misteriosa: " Figlio mio, nelle prove non scoraggiarti mai; sia nella gioia, sia nel dolore amami sempre: vale più un pò d'amore nel dolore per acquistare molti meriti, che moltissimo nella gioia … procurati molte perle per adornare la casa celeste ".

E ancora i " Soffri figlio mio senza lamentarti per amor mio; sappi che questo silenzio sarà imperlato di gemme preziose ".

Si è parlato spesso della rudezza dei " detti ", nella espressione di quel frate sprovvisto di ogni umana cultura; ma non si è ancora fatto il florilegio delle immagini poetiche che si riversano dal suo animo esuberante offrendo un degno oggetto alla sua fantasia.

Il 30 Dicembre 1908 dopo la Santa Comunione esce in espressioni che ricordano l'entusiastico " memorale " del Pascal: " O Signore SS., mi sento pieno lo spirito del mio Signore Iddio: in questi momenti così solenni chiamo tutti gli Angeli, i Santi e i Beati del Paradiso, i giusti della terra; affinché corrano, volino ad aiutarmi a lodare, benedire le glorie, le meraviglie, la misericordia immensa del Creatore Dio Altissimo.

Ma se nell'anima ci fai sentire tanto gaudio e soavissimo amore su questa terra, in Paradiso ci fai morire di gioia felicissima!

Insegnami, o mio Dio, il modo per cui il mondo tutto s'avvicini a te e provi quanto è amabile servire e amare il Signore.

O sole altissimo che con la luce tua divina rischiari le menti, cambia il cuore di tutto il genere umano, affinché ritorni la fede e l'amore in quelle anime che disgraziatamente l'hanno perduta.

O amore di tutti gli amori più casti e innocenti, o Signore con la tua potenza incatena tutti i cuori da te creati, infiammali col tuo divino fuoco e fa sì che tutti svolgano con loro immensa gioia le più belle, le più soavi virtù, da far gioire tutti gli angeli del Paradiso ".

" Imparare l'amore "

Il risultato di tale mirabile connubio tra le naturali disposizioni di un temperamento " appassionato " e i doni della grazia santificante sono precisamente questi " detti ", questi colloqui, queste preghiere e, fra le preghiere specialmente la Divozione a Gesù Crocifisso diffusasi ormai in tutto il mondo nella traduzione in varie lingue.

" Faremo ( con questi detti ) un catechismo affinché le anime si risveglino dal profondo torpore e fra tante belle e sante cose date da Dio imparino anche l'amore uscito dalla Misericordia Divina ".

L'ammiraglio G. P. Sery, grande propagandista della Divozione, negli ultimi giorni della sua vita manifestava il solo rammarico di non essere riuscito, malgrado i suoi ripetuti tentativi, a far entrare la Divozione stessa nella Russia bolscevica.

Di una così intensa vita d'unione non potevano mancare i frutti nel campo della pratica in tempi che hanno tanto bisogno di vedere la manifestazione del Divino anche nella opere della vita sociale.

L'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata è presentemente il giardino in cui si raccolgono questi frutti.

Dall'inaugurazione del 1914 alla costituzione dell'Unione come Istituto Secolare nel 1948, al continuo sviluppo della Casa di Carità Arti e Mestieri e della Messa del povero è una splendida messe destinata ad accrescersi sempre come tutte le opere che sorgono nel clima della carità in adempimento al precetto supremo dell'amore di Dio.

M. S.