Le Divozioni di Fra Leopoldo

B134-A4

1. Crocifissina

In questa commemorazione trentennale fraleopoldina, alla quale s'ispira questo numero del nostro Bollettino, non è possibile non intrattenere ancora una volta i lettori sulla Divozione a Gesù Crocifisso, anche se l'ultimo studio che se n'è fatto, ha occupato a ragione largo posto in queste pagine per sette numeri successivi negli anni 1949 e 1950.

Tant'è. La preghiera alle cinque piaghe divine offre alla meditazione un soggetto inesauribile, del quale non si parlerà mai abbastanza.

E poi, la Divozione a Gesù Crocifisso, se da un punto di vista generico è la divozione principe, è la divozione per eccellenza, è « la sorgente di tutte le divozioni » ( Fra Leopoldo, Diario, 6 gennaio 1912 ), da un punto di vista specifico essa è l'eredità privilegiata dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane; è la scintilla che ha acceso vita e calore, è la forza che ha impresso, imprime e imprimerà moto e impulso nel mondo all'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata; è indissolubile stretta di mano, davvero cattolica, tra un grande Ordine, la famiglia francescana, ed una grande Congregazione, quella lasalliana; è origine prima, che conferisce all'Istituto di San Giovanni Battista de La Salle nobiltà di titolo e dignità di genitore di un Istituto Secolare che sarà grande.

« Il grande Ordine che verrà ».

Farà dunque piacere in questa circostanza e per codesti motivi aver notizia del primo testo, nel quale la Divozione fu espressa e che apre il Diario fra leopoldino, nella sua stesura originale ed anche con i suoi errori di ortografia.

Dalla prima pagina del Diario

1906

Orazione - Adorazione a Gesù Crocifisso come nel Venerdì Santo.

Ti adoriamo Santissimo nostro Signor Gesù Cristo sopra questa croce, e sopra tutte le croci che vi sono nelle tue chiese dell'universo mondo, colla tua santa croce e morte tua ahi ricomprato il mondo.

Recitando un pater ave gloria per ogni piaga.

1° Per la sacra piaga della mano destra - Si prega per il Santo padre Sommo pon.ce che il Signore lo santifichi, lo difenda dai inimici suoi, protegga sempre la sua sposa cioè la chiesa i sacerdoti ottengano la grazia di celebrare santamente benedicendo copiosamente l'angelo dell'archidiocesi.

2° Per la sacra piaga della mano sinistra - per la conversione dei poveri peccatori e per gli agonizzanti principalmente quelli che non vogliono riconciliarci con Dio, invocando posia la bontà di Dio colla giaccolatoria, 3 volte Gesù mio Misericordia.

3° Per la sacra piaga del piede destro - s.p.a. per tutti gli ordini e congregazioni religiose che Dio conceda molti santi a nostra edificazione, benedica le nostre famiglie, le nostre case ( Agosto dell'anno 1906 ).

4° Per la sacra piaga del piede sinistro - s. p. per le povere anime sante del purgatorio, principalmente per quelli che si aspettano da noi questa preghiera.

5° Per la sacra piaga del costato, s.p. per tutti quelli che si raccomandano alle nostre preghiere avvalorate coi meriti infiniti di Gesù crocifisso, preghiamolo sopprapiù che ci conceda la santità della vita, un ardentissimo desiderio di fare la SS.ma volontà di Dio in tutto, la rassegnazione nelle pene, le contrarietà, la grazia di ricevere i santi sagramenti in punto di morte, la gloria eterna di paradiso nostro ultimo fine.

Sia lodato ringraziato benedetto ogni momento il mio dolce Gesù Crocifisso e nel SS.mo Sacramento.

La traccia

Come si vede, la Divozione a Gesù Crocifisso non è ancora stata fissata qui in formula di preghiera per tutti, ma è affidata al Diario, che da essa prende le mosse, come memoria per altri in forma di traccia.

Fra Leopoldo non ha bisogno di una formula vera e propria da recitarsi come guida per il cuore e richiamo per la mente.

Il Servo di Dio non ne ha bisogno.

Infatti nella pagina del Diario egli segna soltanto s.p.a. oppure s.p. abbreviazioni per si prega.

Lui sa, oh! lui sa davvero come si prega Gesù Crocifisso, lui che impiega tre ore di notte per fare la Divozione - Adorazione alle cinque piaghe divine.

Non ha bisogno di falsa riga, lui che davanti alla Croce è onda e fremito di sentimenti di mille toni; lui che, vorrei dire, è la divozione vivente a Gesù Crocifisso.

Tuttavia, pur essendo quel testo originario soltanto una traccia, in essa vi sono già polmoni espansi e statura gigantesca, respiro michelangiolesco e proporzioni universali.

Anzi, dall'esame delle varie parti sono condotto ad accentuare ancor di più l'opinione che svolsi scrivendo per il Bollettino le note di due o tre anni fa, quando questa traccia mi era ancora sconosciuta.

Non lasciamoci sviare dalle scorie, ma badiamo al filone.

Sorridiamo pure - è difficile reprimerci! - a quegli svarioni ortografici, come ahi per hai, come giaccolatoria invece di giaculatoria; ma componiamo subito il sorriso nel rispetto e nella venerazione, che ci fa immedesimare in quell'Anima bruciante d'amor di Dio.

Con gli uomini di Dio non si cammina con la mano sulla spalla.

Se Fra Leopoldo è ignorante ( nella pura etimologia del termine ), deve essere ben prepotentemente saturo di Spirito Santo, se la piena dei suoi affetti fa ugualmente breccia sul nostro cuore nonostante l'argine costretto dell'ignoranza formale.

Sono certo di non esagerare.

Quella battuta introduttiva desta risonanze fino ai limiti della terra.

Se ne sprigiona qualche cosa di gravemente solenne.

È ben di più di una frase musicale tematica, dalla quale si svolgono poi le variazioni.

È ben di più della ossatura colonnata di un pronao, che dispone l'animo di chi entra nel tempio, a sentirsi piccolo.

Quell'introduzione ha sonorità di tema immenso, ha maestà di rupe smisurata, ha attualità perenne nel tempo che passa.

Ti adoriamo. Non io solo, qui, prostrato, da me: ma noi, cattolici, tutti quanti insieme.

Sopra questa croce, e sopra tutte le croci.

Non soltanto quella davanti alla quale sono genuflesso io, ma tutte quelle davanti alle quali ora c'inginocchiamo tutti insieme.

Tutte quelle croci sono la Croce.

Tutte quelle chiese dell'universo mondo ( sentite la disposizione efficacemente sonora della successione dei termini ) sono la Chiesa.

La Chiesa militante.

Dallo spettacolo sovranamente augusto ed immensamente doloroso del Crocifisso derivano, come da rupe rivoli, le cinque adorazioni e le cinque suppliche.

Il Crocifisso è Re e Mediatore supremo.

Nella sua Divina Umanità è adorato Re ed è supplicato Mediatore.

Il Crocifisso può tutto e dà tutto.

Le suppliche

Anche la successione delle cinque suppliche è condotta da un filo logico di ordine e di precedenza nelle varie urgenze.

Le quali sono raggruppate in questa traccia ancora meglio e più compiutamente che nella stessa prima stesura della Divozione redatta a preghiera per tutti.

Infatti la prima domanda è per il Papa e la Chiesa, per tutti i sacerdoti del mondo in genere ed il Vescovo in ispecie del paese di chi prega.

Il quale è l'angelo custode della Diocesi.

Perciò si prega per tutti i Vescovi di tutte le Diocesi.

Ciò che significa ancora: la Chiesa. Ciò che equivale anche: il Papa.

Codesta è la prima urgenza, logicamente.

La seconda è questa: la grazia per le anime smarrite, principalmente nell'attimo - limite, oltre il quale non è più rimedio; oltre il quale sarà luce o tenebra, in eterno.

La terza è rivolta agli istituti religiosi, perché diano molti santi.

Noto con soddisfazione che qui non c'è quella figura retorica di gusto dubbio, quel germoglio di numerosi fiori di santità, che è stato innestato poi.

E noto pure, con maggior soddisfazione ancora, che con gli Ordini e le Congregazioni religiose si accenna, nella debita posposizione, alle nostre famiglie, alle nostre case.

Nel senso - mi pare si voglia dire - che anche la famiglia è un istituto religioso, di cui i genitori santi sono i generatori.

Ci si ravvisa già il primo barlume dell'idea per cui anche i padri di famiglia sono chiamati ed ammessi a far parte integrante dell'Unione, Istituto Secolare, in qualità di Catechisti Associati.

E per l'appunto Fra Leopoldo diceva che l'Unione avrebbe dato molti padri di famiglia santi.

Codesti primi tre sono gli aspetti della Chiesa militante, della Chiesa che è ancora nel combattimento.

Quarto è invece quello della Chiesa purgante, che è già fuori della battaglia ( e perciò segue ), ma non è ancora trionfante.

E la supplica non è fatta principalmente per quelli che in vita furono più devoti delle sante piaghe, come è stato scritto poi nella formula della preghiera, ma più generosamente sopra tutto per quelle povere anime, tutte quante senza distinzione, che in questo istante di tormento si aspettano da questa preghiera sollievo di affrettata liberazione.

Ed infine è la volta della quinta ed ultima supplica, alla piaga del sacro costato, per noi e per quelli che ci sono vicini: per coloro che si raccomandano alle nostre preghiere, cioè al nostro cuore; per la santità della nostra vita nel desiderio totale della volontà di Dio ( che vuol dire ascoltare soltanto il suo Cuore ) e nella rassegnazione alle pene ed alle contrarietà ( che vuol dire far tacere il nostro ); per meritarci la grazia di ricevere i santi Sacramenti in punto di morte come pure il premio della gloria eterna, voto supremo del nostro cuore e supremo fine del Cuore amantissimo di Gesù Crocifisso e Sacramentato.

Cuore per il Papa e la Chiesa, per i peccatori e i moribondi.

Cuore per le famiglie religiose e le anime purganti.

Cuore per il prossimo e per noi stessi.

E tutto questo affidato e riposto nel grande, infinito Cuore di Gesù, nostro Dio e Signore.

E tutto questo in una successione precisa e completa di affetti, la cui espressione divampante non solo non esclude o menoma, ma afferma e sollecita l'ordine ragionatamente logico e direi matematicamente concatenato delle parti che compongono il Tutto, degli addendi che si assommane nel Totale.

La Divozione a Gesù Crocifisso è un genuino condensato di catechismo, è un estratto portentoso di dottrina cristiana, degno del commento di una penna ben più catechistica della mia.

E quando questa mirabile preghiera sarà ricondotta a trasparenza di sorgente?

2. Mariana

« Mamma amabilissima »1

Affettuosa, affettuosissima divozione filiale per Maria, specialmente considerata nella grazia sovrana della Maternità di Dio, e poi nel candore dello Immacolato Concepimento, nello strazio della Compassione, nell'offerta della Corredenzione, nella misericordia della Commediazione, nel Condominio sulla morte, nel trionfo della Corregalità.

Questi termini non sono espressi così, ma ne sono delineati così i concetti: che è quanto basta.

E se fra tutte le grazie che fanno corona a quella somma della Maternità divina, ce n'è qualcuna su cui Fra Leopoldo pare insistere di più, credo di ravvisarne due: Immacolata e Regina.

La grazia - principio e, se mi posso esprimere così, la grazia - fine.

La grazia che è origine di tutte le altre, è la grazia che ne è conclusione.

La prima e l'ultima gemma di quel fulgidissimo serto mariano, che ha per gemma trofeica la divina Maternità.

Cosicché ritengo si possa stabilire per Fra Leopoldo questa sintesi di valore mariano: la Madonna è l'Immacolata Madre di Dio Regina.

Che è concisa, completa, soddisfacentissima, in quanto tutti gli altri valori sono implicitamente contenuti ed affermati.

Vaso di questi sentimenti e lente di queste altissime contemplazioni, parrebbe che Fra Leapoldo avrebbe potuto lasciarci anche una Divozione a Maria, nel senso di una preghiera fissata in formula, come quella alle cinque piaghe divine.

Invece, no. Fra Leopoldo si limita a Segnare nel suo Diario la piena delle meditazioni mariane contemplative, quando esse non possono più essere contenute dentro e traboccano esuberantemente, prepotentemente fuori in un canto.

Canto d'anima. Altissimo.

Qui, occorre intenderci.

Chi fosse condotto da queste mie impressioni a supporre che ci troviamo davanti ad un'opera d'arte, si sbaglia.

Non perdiamo di vista che il Servo di Dio non ricevette istruzione sufficiente; che nei suoi scritti ci sono errori d'ortografia, di grammatica, di sintassi; che in quei tentativi di forma poetica rimata non si deve cercare una vera e propria versificazione.

Poiché, quando l'esuberanza innamorata del suo ardente temperamento monferrino, contenuta e vigilata assiduamente nel riserbo e nella prudenza verso il mondo terreno, gli scoppia dentro in affetti di bimbo per la Mamma del Cielo, allora la prosa non gli basta più.

Ci vuole la prosa poetica, ci vuole la prosa rimata.

Ad aggiungere armonia a quel canto d'anima, ci vuole la poesia anche nell'abito esteriore, anche nella forma, così come gli riesce, così com'è possibile a quel cuore d'amante.

La forma sarà imperfetta, e lo è; mai grossolana; sempre delicata.

Nel medesimo giro di frase la Madonna sarà chiamata prima Regina, poi Principessa ed infine Imperatrice; non ci sarà successione ordinata di dignità graduali né effetti a crescendo; ma c'è l'impeto di chi vorrebbe dire tutto in una volta e non sa più che cosa dire, tanto vorrebbe dire.

Ci saranno delle espressioni trite e ritrite, delle immagini fatte scialbe dall'uso, ma l'amore che le fa scrivere, non piega, non cede di fronte alla insufficienza, alla incapacità d'esprimere.

È tutto un fuoco di fila d'immagini e di espressioni, non importa se siano più opache per uso che lucenti per originalità; il canto prosegue, nonostante tutto, più infuocato che mai fin che il cantore non se ne è saziato; ed è proprio quell'insistenza insoddisfatta di figure adusate che urgendo fa breccia a novità di colori e di accenti; ed è proprio per quel grigiore che lo squarcio di cielo occhieggia più azzurro e per quella piattezza di pietraia che il vertice sovrasta con più ardito balzo.

Ed alla fin fine, tirate le somme, ancor più che le saltuarie immagini ed espressioni felici, sentiamo che è quest'insopprimibile bisogno di cantar le lodi di Maria, è questo cuore, tutto affetto, tutto fuoco, tutto slancio, è quest'anima di poeta che ci afferra, incanta e commuove.

Se l'opera formale scritta non è un capolavoro, il capolavoro è lui, è l'autore, è Fra Leopoldo.

Per la Casa di Carità Arti e Mestieri

Un'esemplificazione ci starebbe bene, giunti a questo punto.

E chiederei consenso a chi legge di lasciarmi terminare, non con una di quelle incontenibili effusioni mariane descritte sopra, ma con una preghiera che s'incontra nel Diario in data 4 marzo 1920.

Fra Leopoldo si rivolge alla Madonna, quale « Vergine Consolatrice », « gran Madre dì Dio », « nostra amabile Patrona »: Patrona cioè ( viene subito precisato chiaramente ) della Casa di Carità Arti e Mestieri.

« … Ti vogliamo, perché tu porti gli aromi delle tue amabili virtù, porti luce per bene operare ai cari giovani artigiani, che crescono sotto la tua mirabile protezione, sotto lo sguardo benigno tuo e del tuo amato, diletto Gesù ( in modo ) da formare fiori alti in mezzo alla povera umanità decaduta.

Sì! Mostrati con noi, nostra Madre gloriosa; ancora una volta, o SS.ma Madre Maria di Gesù Crocifisso, con la tua misericordia infinita e molta bontà, vieni nel luogo santo da te voluto a trionfare.

Noi faremo del nostro meglio per incoronarti Regina dell'Universo, col lavoro e colla preghiera del santo Rosario!

Ancora una volta, Mamma Consolatrice, beatissima Madre di Dio, vieni ad incoraggiare col tuo sorriso ineffabile di bontà e di carità questi tuoi figli, che si adoperano per la salvezza del mondo, e col tuo manto materno coprili tutti ( in modo ) da formare un cuore solo in terra e nel regno sempiterno dei Cieli! ».

È sempre attuale, anzi attuale più che mai questa preghiera.

Meriterebbe un commento esauriente.

Basti sottolineare per ora che:

1° ) viene in essa ribadito il concetto che la Casa di Carità Arti e Mestieri deve essere tradotta, per il bene della società, non solo sul piano nazionale, ma su quello mondiale;

2° ) le Case di Carità Arti e Mestieri nel mondo, in estensione ed in numero, concorreranno a far stabilire duraturo il regno universale di Maria.

G. Gaetano di Sales

1 Fra Leopoldo, Diario, 30 dicembre 1912.