Note sul culto cristiano alla Passione di Gesù |
B135-A2
Il culto di Gesù Crocifisso è antico quanto la Chiesa cattolica.
Gesù medesimo lo ha profetizzato e istituito con queste parole: « Come Mosè innalzò nel deserto il serpente, così bisogna che sia innalzato il Figliuol dell'uomo, affinché chi in Lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna ». ( Gv 3,14-15 ).
Secondo queste divine parole, il culto del SS. Crocifisso doveva avere un'estensione tale ed essere così al centro della religione cristiana, da meritarsi il paragone col « serpente di bronzo » innalzato da Mosè in mezzo all'accampamento degli ebrei nel deserto.
Come tutto il popolo ebreo doveva poter vedere, quel simbolico serpente per guarire dal morso avvelenato dei serpentelli che si aggiravano tra le tende dell'accampamento, così tutto il genere umano doveva poter affissare il suo sguardo sopra Gesù Crocifisso, su questo nuovo segno di salute dato agli uomini, per guarirli dai morsi avvelenati del serpente infernale e far loro meritare la vita eterna.
« Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto ». ( Gv 19,37 ).
Ma come volgere lo sguardo al trafitto del Golgota, come contemplarne la faccia divina e le piaghe salutari ed essere stimolati a quel pentimento che salva e giustifica, se il Crocifisso non viene offerto alla venerazione di tutti?
Per questo fin dai primi tempi della Chiesa, Esso è stato in onore presso i cristiani che amavano tracciarsi la Croce sulla fronte e sul cuore, baciarla devotamente anche se non proprio rappresentata chiaramente come al dì d'oggi, tenerla presente durante le loro preghiere.
Gli atti del martirio della vergine Santa Barbara ci dicono che essa, rinchiusa dal padre in una torre, s'industriò di incidere sul pavimento della sua stanza una piccola Croce dinanzi a cui si prostrava in preghiera.
Ma se nei secoli di persecuzione della Chiesa il culto del Divin Crocifisso restò rinchiuso e limitato nelle catacombe e nelle case private, appena l'editto di Costantino nel 313 ebbe dato pace e libertà al cristianesimo, prese uno sviluppo meraviglioso, fino a dominare su tutto il complesso della Religione e a pervadere i riti, le cerimonie e le manifestazioni esteriori della liturgia cattolica.
Da quando Costantino ebbe onorata pubblicamente la Croce facendola mettere sui labari e sulle insegne dell'esercito imperiale, conforme al detto: « In hoc Signo vinces », l'augusto Segno della nostra Redenzione fu esaltato, oltre che sugli altari e nel santo Sacrificio della Messa, sulla cima dei sacri edifici, delle torri e degli alberi delle navi, sulle corone dei re e sui blasoni dei dominanti, nei dipinti e nelle sculture degli artisti cristiani, sulla persona dei vivi, tra le mani o sul petto dei inerti.
Sul sacro Segno della Croce però non comparve subito nei primi secoli della Chiesa la figura del Cristo Crocifisso, essa comparve più tardi e interamente vestita, talvolta con la semplice tunica e altre volte con paludamenti da Re vittorioso, per indicare il trionfo riportato da Gesù sulla morte e sull'inferno.
Ciò si spiega perché la mentalità degli Ebrei e dei Pagani che si convertivano allora, riteneva un crocifisso nudo « come una pazzia o come un oggetto di scandalo » ( 1 Cor 1,23 ).
Ma sviluppatasi ognor più la Religione e venuti i cristiani a una più giusta comprensione, il divino Crocifisso cominciò ad essere rappresentato nella sua umilissima nudità e in atteggiamento di vittima immolata per la salute degli uomini.
Così verso la fine del seicento, essendo passato in occidente il rito orientale dell'adorazione di Gesù Crocifisso nella funzione del Venerdì Santo, la folla dei fedeli presenti allo scoprimento della Croce passava dopo il clero ad adorare devotamente il SS. Crocifisso e a baciarne i sacri piedi.
Ciò si pratica tuttora nelle nostre chiese, anzi la sacra effigie rimane esposta per tutto il venerdì santo tra luci e fiori, e i fedeli vanno così a baciarne le sante Piaghe, e a partecipare al pio esercizio della Via Crucis che ad incremento del culto a Gesù Crocifisso i religiosi Francescani hanno diffuso in tutto il mondo.
Che cosa non ha fatto la Chiesa per stimolare i fedeli a onorare Gesù in Croce?
Oltre al culto liturgico che gli professa nella settimana di Passione e nella settimana Santa, ella ha istituito alcune feste speciali per ricordarci il Divin Crocifisso ed eccitare il nostro amore e la nostra fattiva devozione verso di Lui.
Nella festa del tre maggio ci ricorda il ritrovamento della Croce, avvenuto a Gerusalemme per opera di S. Elena, madre dell'imperatore Costantino la quale fece trasportare a Roma una buona parte del Santo Legno di cui rimane ancora una grande reliquia nella basilica sessoriana di S. Croce.
Nell'altra festa del 14 settembre la Chiesa ci rammenta il trionfo della Croce, quando cioè il Santo Legno rimasto a Gerusalemme e rubato dai Persiani in una guerra, fu ricuperato dall'imperatore Eraclio e riportato solennemente nella basilica innalzata sul Calvario e oggi chiamata del S. Sepolcro.
La festa poi del Preziosissimo Sangue ( 1° luglio ), del SS. Redentore ( 15 luglio o 23 ottobre ), della SS. Sindone ( 4 maggio ) e altre particolari che si celebrano nei venerdì di Quaresima in onore degli strumenti della Passione, ci richiamano col pensiero e col cuore all'amore dimostratoci da Gesù Crocifisso e alla pratica corrispondenza che noi dobbiamo avere verso un sì grande amore, con la pratica generosa della virtù, del sacrificio e dell'apostolato.
Un settimanale richiamo poi al Divin Crocifisso ci è dato dalla campana che ogni venerdì alle tre del pomeriggio suona i suoi rintocchi dalla Parrocchia per ricordarci l'ora precisa della morte di Gesù.
In quel momento pare che il Divino Salvatore ci faccia sentire quelle commoventi parole che rivolse un giorno a Sant'Angela da Foligno: « Ricordati che ti ho amato non per ischerzo ma fino alla morte, e morte di Croce ».
( Continua )
Fr. Ernesto S. C.