Casa di Carità Arti e Mestieri |
B135-A4
Il tempo vola. Non parrebbe, eppure abbiamo già passato due anni scolastici nella nuova sede della nostra Scuola, essendosi compiuto il secondo col 31 maggio ultimo.
Sono dunque usciti altri allievi dell'ultimo corso, tra i quali venti del diurno, dopo avere brillantemente superato gli esami, conclusi col 31 giugno, ed essere così stati licenziati col grado di operai qualificati.
Di questi ultimi, due ( è cosa tutt'altro che trascurabile ) non avevano ancora la pagella in tasca che già erano assunti da un'industria cittadina.
Siamo, certo, ancora all'inizio del cammino.
Ma possiamo obbiettivamente rallegrarci del mattino promettente.
E che ottimo sia stato l'esito delle prove in genere ed ottimi gl'insegnanti per senso di dovere e per applicazione, non siamo noi che lo diciamo, ma le stesse industrie che ci affidano figli di loro dipendenti.
Come attesta questa lettera ( testualmente riprodotta ) dell'Ing. Giuseppe Borello, incaricato della Lancia presso la nostra Scuola:
« Torino, 18 giugno 1953.
Rinnovo l'espressione della mia viva soddisfazione per il modo ammirevole col quale sono stati svolti i programmi: cosa di cui, come promisi, resi edotta la Direzione Lancia.
Voglia pertanto rendersi interprete presso il corpo insegnante, meglio di quanto abbia fatto io, di questi miei sentimenti, e porgergli il mio caloroso plauso per l'opera svolta a beneficio dei giovani ».
( b.r. ) La mattina del 25 giugno scorso un pullman si avviò veloce alla volta di Gressoney - St. Jean.
Il villaggio del Crocifisso aveva riaperto i battenti dopo il lungo letargo invernale per accogliere la gaia prima brigata di giovani, bisognosi di aria, di sole, di gioia.
Appena giunti, subito si organizza la vita al campo, con i turni di servizio, il capo campo, il « ramazza », ecc.
La S. Messa quotidiana, celebrata nella graziosa cappellina, e l'alza bandiera, danno l'avvio alle giornate piene di attività e di allegria.
Queste si susseguono splendide, offrendo la possibilità di numerose gite e scalate alle più note punte e località della valle: Gabièt, Alpenzu, Col Pinter, Testa Grigia, Lago Nero, Plateau du Lys, Col d'Olen …
Nomi che rimarranno impressi nella memoria di tutti e che saranno rievocati con gioia e forse anche con nostalgia per tutta la vita.
Nelle giornate di riposo il tempo trascorre veloce tra un incontro di palla a volo, la lettura di un bel libro, una partita a scacchi.
A sera, calate le ombre giù dai monti, prima di andare a letto, la voce fraterna di un catechista richiama nell'intimità degli animi il pensiero di Dio.
Ma, a coronamento delle numerose escursioni, ci vuole la « gitissima »: una punta del Rosa: la Gnifetti.
Naturalmente vengono scelti i più in gamba.
Non è che un parlare di ramponi, di piccozze, di corde, di crepacci.
Gli esclusi seguono i preparativi con un po' di invidia e sperano nell'anno prossimo.
La meta viene felicemente raggiunta ed a quota 4559 si recita la Divozione a Gesù Crocifisso.
Alla sera, poderosi cori di montagna, ben presto dispersi nel silenzio solenne dei maestosi giganti alpini.
La visita dei parenti conclude lietamente il primo turno.
Ed il lunedì 14 luglio arrivano i « veci » del secondo turno, per il cambio.
Sono pallidi per il gran caldo sofferto a Torino.
E la vita al campo riprende regolare, anche se il tempo non permette più molte gite e le preferenze dei nuovi villeggianti sono rivolte ai giochi in sede.
Non si rinuncia però all'ormai classica e molto comoda gita in seggiovia di Weismatten ed al colle di Ranzola.
Anche le stelle alpine riescono ad entusiasmare e sono oggetto di grandi battute.
Le serate trascorrono tra audizioni di dischi scelti, canti, conferente e proiezioni.
L'attività quindi non è solo ricreativa, ma anche formativa.
Questi giovani hanno fatto un gran vuoto nella dispensa, ma sono tornati alle loro case pieni di salute e di allegria, abbronzati dal sole e dall'aria fina, pura, con la speranza di ritornare il prossimo anno.
Li accompagna un rinnovato richiamo di Dio al bene. Acconsentiranno? Speriamo.
È il voto che si formula mentre si lasciano a malincuore queste belle montagne.
Con l'anno prossimo verrà aumentato il numero dei posti per il primo anno del corso diurno.
Che è quello che grava di più sulle nostre spalle, per il suo costo naturalmente elevato.
Occupare quei posti è tutt'altro che difficile, anzi facilissimo.
Il loro numero è purtroppo sempre sensibilmente inferiore a quello delle domande.
Ma occorrerebbe che quei posti fossero occupati da nuovi alunni, tutti prenotati dai corrispettivi Buoni Scuola.
E quando codesto magnifico risultato fosse stato raggiunto, non si sarebbe esaurita, per gli uomini di responsabilità pensosa del domani, non si sarebbe esaurita la possibilità di sostenere i nostri sforzi.
Poiché, se i posti dei corsi superiori al primo anno sono tutti occupati, non pochi sono ancora quelli per i quali non è stata corrisposta da alcuno la sottoscrizione dei rispettivi Buoni Scuola.
Ci sono dunque posti per allievi e più ancora posto per gli abbienti in genere e per gli industriali in ispecie, che siano concretamente animati da spirito di collaborazione costruttrice, ispirandosi all'esempio della Michelin, della Lancia, delle Officine Moncenisio, delle Officine Viberti.
Il rimedio, più urgente in questo momento, è il Buono Scuola.
Il quale, lo sanno ormai tutti a memoria, è un'oblazione congrua che copre le spese di frequenza per un allievo e per un anno non solo di corso diurno, ma anche dei corsi serali e festivi.
L'esito al quale noi tendiamo secondo quanto è stato esposto sopra, sarebbe di molto affrettato, se un numero sufficiente di persone e di industrie ( e ci si arriverà senz'altro! ) sentisse l'impulso che fece versare agli alunni, licenziati lo scorso anno, Giuseppe Barreri e Carlo Vettor il salario della loro prima settimana di lavoro a favore della nostra Scuola.
Da quello stesso impulso, e ce ne rallegra, fu immediatamente mossa una signora, distinta per posizione sociale e più ancora per cuore, non appena venne a conoscenza degli scopi e dei mezzi caratteristici che danno vita alla nostra Opera.
Nonostante gli impegni assorbenti ella condusse rapidamente in porto la non facile impresa di costituire un primo nucleo di Patronesse della Casa di Carità Arti e Mestieri, in una Torino che pullula di iniziative benefiche e dove le persone che se ne occupano, gira e rigira, sono sempre le stesse.
Si sono così riunite le prime Patronesse.
Le quali, delicatamente attente alle esigenze del momento, hanno subito dimostrato comprensione fattiva.
Sono delle mamme, e perciò particolarmente sensibili a tutto ciò che è calore di famiglia, concorrendo a risolvere i problemi di assistenza educativa morale e religiosa, tutti quei problemi che s'incentrano nella Casa, la prima espressione della denominazione programmatica della nostra Scuola.
E poi, queste signore di Carità s'inseriscono perfettamente nel nostro programma di attività, colmandone una lacuna, in quanto esse appartengono di riflesso all'ambiente industriale, essendo per lo più mogli di datori di lavoro e di dirigenti di aziende della produzione cittadina.
Perciò esse non potranno non essere nostre collaboratrici eccellenti, se è vero quello che disse argutamente un cospicuo esponente della Confindustria nazionale: che cioè le mogli dei dirigenti sono le dirigenti dei dirigenti!