Nel quinto centenario del Miracolo di Torino |
B138-A1
La Sapienza del Padre, da sempre accesa di Spirito d'Amore, si esprime in Parola eterna.
I mondi nel loro ordine armonico ed armonioso, il pensiero umano ( da quando l'uomo pensa e fino a quando penserà ), ogni moto del cuore ( da quando l'uomo sente e fino a quando sentirà ), considerati in volume, in massa, in somma totale di tempo oppure in minime manifestazioni singole di attimi, d'amore o di odio, tutto è avvenuto, avviene ed avverrà per quella Parola eterna ( dove la preposizione per ha valore triplo: di mezzo, di paragone e di vantaggio ).
Tutto si fa per mezzo di quella Parola, termine di potenza, anzi di onnipotenza.
Tutto si fa a paragone con quella Parola, termine di riferimento.
Tutto si fa a vantaggio di quella Parola, termine conclusivamente definitivo di Vittoria.
Quella Parola è Fiat.
E fa il Testamento Antico ed il Nuovo; fa la Genesi ed il Golgota; fa Adamo e Gesù.
Gesù è il Fiat fatto persona; è la Parola fatta carne; è Dio parlante fatto vita anche visibile. È Dio-Uomo.
* * *
L'ora di quel divino innesto nel corso dell'umanità scocca per necessità d'amore.
Se viviamo nell'ordine, sappiamo che ogni nostra azione dev'essere fatta, quand'essa ci pare necessaria.
Dio solo agisce, quando è necessario.
Gesù, azione divina, è fatto, quando è necessario, cioè nel momento stesso in cui la somma ed il peso delle colpe umane hanno toccato fondo.
Ancora un attimo di aberrazione ed ogni speranza sarebbe chiusa, senza l'azione soccorrevole di Dio, che è amore ed ha generato l'uomo per amore.
Il Fiat muove sempre da Sapienza e da Amore, che sono una cosa sola.
La Sapienza ama e l'Amore sa.
Ma, mentre il Fiat della creazione è gioia d'amore, il Fiat della ricreazione, cioè della Redenzione, è dolore d'amore, il quale - toccando il fondo infimo d'ogni possibilità di soffrire, tradotta sul piano dell'infinito - per ciò stesso controbilancia in bene il peso-somma di ogni azione umana in male, commessa dal principio alla fine del mondo.
Godeste patimento controbilanciatore, divinamente umano ed umanamente divino, altissimo e profondissimo, infinito, incomprensibile ( come dice San Giovanni Battista de La Salle ) si chiama Croce ed Ostia.
L'uno e l'altro termine significano immolazione.
Il primo, inteso in senso stretto, è Storia, delimitata nel tempo, tra due date, tra la nascita e la morte di Gesù, in sembianze umane.
Il secondo esula dall'epoca storica, invade il futuro ed occupa il Tempo, traendo vita dall'attimo stesso in cui muore Gesù, e trovando fine quando il Tempo muti nome in Eternità.
Il secondo è ancora e sempre Gesù, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, che nelle sacre sembianze eucaristiche ci accompagna in cammino fino alla fine dei secoli.
Sempre Vittima d'amore, sotto l'una e sotto l'altra Specie.
Vittima volontaria, sulla Croce e nell'Ostia.
Gesù batte al vertice del sacrificio, quando spira sulla Croce.
E quel supremo spettacolo d'amore, da quell'istante stesso, si fissa indelebile e domina tutti i secoli.
A chi ben pensi, tuttavia, appare chiaro che la vita intera di Gesù è Croce, avendo egli fatta propria la limitazione umana, per cui si è volontariamente inchiodato nel Corpo, incarnandosi, e ne ha volontariamente accettato tutte le conseguenze.
Quella costrizione volontaria continua nell'Ostia.
La quale è proiezione del divino olocausto, è perpetuazione di quell'inesprimibile sacrificio, finché ci sarà uomo in terra.
L'Ostia non è soltanto memoria del divino atto redimente, ma è lo stesso divino atto redimente - rinnovato - per noi ed in noi, a condizione che lo facciamo nostro in purezza, cioè mondi da peccato ed offrendo con Gesù a Dio Padre le ferite inferteci dalla vita, nel perdono delle offese.
Con l'Ostia noi non riceviamo soltanto il frutto della Passione salvificatrice, ma siamo tatti partecipi della Passione stessa, che rivive in noi compatenti con Gesù.
L'Ostia risveglia questa nostra assidua società con Gesù patente e crocifisso.
L'Ostia è per noi palestra di esercizio spirituale che sempre più ci fortifica affinché siamo preparati nel momento in cui la riceveremo per l'ultima volta, quando staremo per affacciarci all'Ai di là.
In quel momento, sulla soglia d'arrivo nella Patria celeste, l'Ostia sarà finalmente per ciascuno di noi compiutamente tale.
Nel senso che la Causa divina avrà raggiunto il suo effetto pieno.
Ad ogni morte d'uomo si rinnova la morte di Gesù.
Se l'uomo non Lo sente Ostia e non si fa ostia con Lui, entra morto a Lui nell'Oltretomba.
Se si fa ostia con Lui, vi entra vivo.
O eternamente morto o eternamente vivo.
E-ter-na-men-te!
* * *
L'Unione Catechisti che ha l'onore di derivare insignimento di titolo dal SS. Crocifisso e da Maria SS. Immacolata, mira a perfezionare nei suoi figli altrettanti compatenti con Gesù, Crocifisso e per ciò stesso Eucaristico.
Ciò che significa ritrarre il più possibile in sé il Crocifisso e fare propria l'Ostia.
Scopo che non si può ottenere senza Maria Immacolata.
Intatti, per ritrarre un volto e farlo proprio, occorre dapprima vederlo nitidamente.
E questo non si può fare di Gesù senza Maria.
Soltanto attraverso la purezza della Madonna noi ci avviciniamo a vedere il sacrificio di Gesù, così come soltanto attraverso la purezza dell'aria noi possiamo vedere la sfera infocata del sole.
Essendo puri, saremo meno distanti dal comprendere che cosa voglia dire per Gesù limitazione in tutto ed al minimo; che cosa voglia dire essere massimi e voler essere minimi; poter avere tutto e voler avere nulla; essere sovrani di vita eterna e voler subire l'umiliazione agonica della morte; essere Cielo che si vuol fare terra.
Inchiodato pubblicamente alla Croce, costretto in solitudine di Ostensorio, fino a quando avrà termine l'armonia dell'universo e solcheranno i cieli come meteore gli astri e i pianeti e si farà senza luce il sole.
Un batter di ciglio dalla Croce, un raggio saettante dall'Ostia, e gli sbirri percoterebbero la fronte al suolo, ed i sacrileghi cadrebbero fulminati.
Potere e contenersi. Chiamare e non essere udito.
Amare e non essere amato. Comprendere e non essere compreso.
Offrirsi e non essere accettato. Volere la vita di chi vuole la nostra morte.
E morire per dare sé in alimento di vita prima, e per far vivere perennemente poi.
Spogliarsi di tutto fino ad offrire continuamente la vita, per il corso intero dei secoli, per ciascuno; per ciascuno dei miliardi di uomini che passano …
O Povertà divina, stremata all'essenziale, e poi di se stessa ancora prodiga per amore!
Chi la comprende, se ne innamora e la segue.
Ma il richiamo non è sentito da tutti nella stessa misura.
C'è chi è ricco o benestante e si priva del superfluo, pur mantenendo la ricchezza o il benessere.
È già povertà, ma non del grado più alto.
Abbraccia povertà piena soltanto chi vive come uccello su rama, chi non ha dove posare il capo né si conforta per sicurezza di domani.
Chi sa vivere così, è protagonista di vicende da fiaba.
I suoi passi vanno tra rovi per non battuti sentieri, ma sboccano sempre su aperta via.
Via d'ombre e di fiori. Via di stormir di fronde e di canto d'uccelli.
L'inverno del povero ha sorrisi di primavera.
La solitudine ha fremito di voci.
E il pianto è rugiada e il dolore è aureola radiosa di sole levante.
Chi ha nulla per amore di Dio è colmato da quell'Amore, artefice del meraviglioso.
Dal Fiat di Nazareth al Fiat del Getsèmani, l'Ostia Crocifissa compie un perenne prodigio.
Di morire e di rinascere sempre.
Di far morire con Lei e di fare con Lei rinascere. Sempre.
G. Gaetano di Sales