In Memoriam |
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L'illustre Prelato che onorò e santificò l'Italia come Vescovo Ausiliare del Card. Richelmy, poi come Vescovo di Pinerolo e di Trieste e infine come primo Ordinario Militare d'Italia, mentre svolgeva la sua feconda e illuminata attività di Pastore in circostanze particolarmente delicate, che dimostravano la fiducia in lui riposta dalla S. Sede, trovava modo di estendere il suo zelo ad altre importantissime iniziative.
Ricordiamo solamente che fu Presidente dell'Opera dei Congressi Eucaristici Nazionali; fu uno dei primi tre Vescovi che si interessarono del Movimento per la festa di Maria Regina e celebro in S. Pietro la prima Messa della Regalità di Maria il 1° novembre 1954, e fu anche Patrono della nostra Unione Catechisti, fin dal suo sorgere.
Pochi giorni prima della sua dipartita concesse ancora un'udienza cordialissima al nostro Presidente, richiamando con commozione tanti ricordi di un così lungo patronato.
Negli scritti di Fra Leopoldo, sotto la data del 24-5-1915 è registrato questo detto di Gesù: « Di a Mons. Bartolomasi che si prenda cura lui di questi detti e di tutti i quaderni ».
L'Eccellentissimo Monsignore seguì sempre lo sviluppo della nostra Unione con particolare benevolenza e le rese segnalati servizi.
Il 23 aprile 1915 consegnava ai catechisti una medaglia di bronzo dorato con l'effigie di S.S. Benedetto XV, mandata dal Papa per incoraggiamento a tutti i membri e tu lui stesso che ottenne la fotografia con il prezioso autografo dello stesso Sommo Pontefice che venne poi sempre stampato sui foglietti della Divozione a Gesù Crocifisso: « Preghiamo il Signore a colmare di grazie il Direttore e gli Ascritti alla Pia Unione del SS. Crocifisso, canonicamente eretta in Torino, perché i sacerdoti con la voce e con l'esempio, e i secolari con la santità della vita, debbono sempre a Praedicare Jesum Christum et hunc crucifixum »,
Diffondeva tra i soldati e durante i Congressi Eucaristici la Divozione a Gesù Crocifisso e ogni sua lettera era accompagnata da larghe benedizioni affinché « l'Unione crescat, floreat, fructificet ».
Invitato a presenziare all'inaugurazione della prima sede della Casa di Carità, in via Feletto, il 15 giugno 1930, così scriveva: « Con vera gioia e con tutto il cuore sarò contento di trovarmi in mezzo ai cari giovani dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e Maria SS. Immacolata.
V. S. voglia dire a loro che con giubilo porterò personalmente la mia benedizione e quella del S. Padre, che siano come il pegno della divina benedizione per il sempre maggior sviluppo dell'Opera e caparra del Divino gradimento e premio per i sacrifici da essi compiuti per la Santa causa del bene ».
L'organo ufficiale dei catechisti ci ha tramandato il momento più saliente di quella giornata: « S. Ecc. Mons. Bartolomasi rivolse, con Io slancio suo proprio, ispirate parole di incoraggiamento ai promotori della Casa di Carità e ai suoi sostenitori.
Affermò che tutto il bene, che come in una pellicola meravigliosa gli era passato innanzi attraverso le diverse recitazioni e la proclamazione dei risultati scolastici, si poteva ben dire interamente frutto di sacrificio.
Sacrifici sconosciuti dei Catechisti cresciuti alla Scuola di Gesù Crocifisso e sacrifici costanti degli allievi che all'unissono rispecchiano la diligente cura che fin dall'inizio dell'opera di Gesù Crocifisso ebbero i benemeriti Fratelli delle Scuole Cristiane.
« Le più grandi opere, continuò S. Ecc., furono sempre frutto di martirio e di sacrifici, sia attraverso le lagrime come attraverso le ferite del cuore o del corpo ».
Nel 1934 l'Unione celebrava il primo ventennio della sua fondazione e Mons. Bartolomasi, impedito a partecipare di persona alla manifestazione, ci fece giungere il seguente Suo affettuoso messaggio: « Voglio tanto bene - ed il bene che loro voglio prego dal Signore - ai Catechisti del SS. Crocifisso.
Così, perché - convinto che la dottrina e l'amore di Gesù Crocifisso non sono abbastanza conosciuti e che bisogna farli conoscere per la salute delle anime e della società … - ammiro la loro dedizione al programma di S. Paolo « praedicamus Christum et hunc Crucifixum ».
Essi lo predicano come maestri di catechismo e maestri di lavoro cristiano nella loro « Casa di Carità ».
Tutti palpitanti di attività i temi che si svolgono in codesta Settimana Catechistica da illustri oratori e competenti relatori; ma fra tutti più mi piace quello segnato col titolo « I Crociati del Catechismo ».
Prendere la croce per liberare la Terra Santa, i cristiani, non dai Turchi, ma dall'ignoranza del Cristianesimo, che è dottrina ed amore di Gesù Cristo, che bello, sublime ideale!
Faccia il Signore che le preghiere dei Catechisti del SS. Crocifisso e la parola dotta, efficace, appassionata degli oratori, suscitino molti e molti Crociati del Catechismo; Crociati, che, come gli antichi della 1a Crociata, muovano compatti, forti, pronti a qualunque fatica e sacrificio, col grido: « Dio lo vuole! » alle Sante conquiste.
Si, Dio vuole questa nuova crociata perché Egli vuole essere conosciuto ed amato.
Perciò tutta la dottrina la vita e la morte in croce del maestro, modello.
Amico degli uomini Gesù ».
E furono sempre gli avvenimenti più cari al suo cuore che lo riportarono fra di noi, come ci scriveva il 15 maggio 1951: « Desidero di vedere la Casa di Carità e celebrarvi la S. Messa il 30 corrente per l'83° mio compleanno, od il 31 corr. 83° anniversario del mio Battesimo ».
Ed infatti Mons. Bartolomasi fu tra noi a celebrare una Messa propiziatrice, durante la quale rivolse a catechisti, insegnanti ed allievi parole di affetto, di bontà, di esortazione, con quella eloquenza che gli era propria e che questa volta quasi stentava a fluire ordinatamente, tale era la piena del benevolo cuore commosso, tanta era la somma dei pensieri che urgevano alla mente, abbracciando con uno sguardo i quarant'anni della nostra storia.
Sovente l'amato nostro Patrono accompagnava anche le sue parole con la sua offerta personale: « Vorrei mandarvi un grosso contributo per la « Casa di Carità », invece non posso mandarvi che una grossa benedizione con una piccola offerta.
Benedizione ed offerta dicano il mio affetto per l'Opera di Fra Leopoldo O.M., così bene interpretata, continuata e sviluppata dai Catechisti della Pia Unione del SS. Crocifisso e dai Fratelli delle Scuole Cristiane; opera che, educando giovani al lavoro di oggi ed alla vita cristiana di ieri, di oggi, di domani, risponde egregiamente alle aspirazioni ed esigenze della vita moderna.
Il Signore vi benedica tutti, voi Catechisti, i Fratelli delle Scuole Cristiane, i Maestri e gli alunni lavoratori, così come Lo prego ».
I catechisti hanno accompagnato con sommo cordoglio la Sua venerata salma alla Chiesa Parrocchiale di Pianezza, luogo del Suo riposo, ed hanno pregato per la gloria eterna meritata da un sì degno Pastore e illustre Protettore, che rimarrà tra noi in perpetua memoria.
Ai primi albori del 17 marzo scorso il Fr. Isidoro di Maria, chiudendo nell'ultima sofferenza una vita che può dirsi ammirabile per spirito religioso e opera apostolica, a 85 anni, si spegneva nel Signore, tra largo rimpianto.
In ricordo e preghiera, sulla sua tomba di Grugliasco si raduna anche il pensiero dei Catechisti, e meritatamente, perché egli, l'urbano e fine maestro, il pedagogista dotto e sollecito, l'autorevole scrittore di materie lasalliane, è troppo vivamente presente alle origini della nostra Casa di Carità Arti e Mestieri, in somiglianza d'intenti con Fra Leopoldo.
Al suo animo aperto e pensoso, da quando nel marzo 1919 egli venne destinato come Direttore della Comunità di S. Pelagia, non tardò a brillare, come scaturita dalle circostanze, nel primo fervido decennio del sodalizio Unione Catechisti, l'idea di un'istituzione scolastica di più ampio respiro, d'una nuova e refrigerante attività in armonia coi tempi, la quale, avvincendo la gioventù lavoratrice nella visione d'una cultura tecnica più a lei appropriata, in una grande città industriale e nella metropoli stessa dell'auto, le aprisse altresì più sicura la via a Cristo Redentore, conquistandola alla santa bandiera della fede, in onta e dispetto del primo dopoguerra, torbido ed omicida, quando le pietre della via s'imporporavano del sangue di Pierino Delpiano.
Venuto dalla scuola genovese Negrone Durazzo, egli si trova bene nella nuova sede di Via delle Rosine, già ricca di tanto merito educativo, umano e cittadino, come culla dell'Istituto dei Fratelli in Piemonte e quartier generale di alcune piazzeforti dell'insegnamento primario, funzionanti in città da molti decenni e oggetto di plauso e di culto da parte della cittadinanza.
Egli ha subito in animo di fondare l'Associazione Ex Allievi, stupito forse che in un novantennio di esistenza, questa non sia ancora stata organizzata; fondarla, sì, per servirsene alla creazione della Scuola Professionale, che gli urge in cuore da chi sa quando.
La visione è nitida nel suo cuore di anticipatore, e perciò il 18 maggio 1919 ha luogo nel Teatrino Silvio Pellico, sottostante all'edificio scolastico di via Rosine, la prima adunanza per la fondazione dell'Unione Ex Allievi delle Scuole Cristiane.
Tale Unione viene proclamata come istituita all'umanità dai presenti, che sono circa 200 giovani.
Dieci giorni dopo, in un'aula della Scuola, si procede alla nomina di una Commissione per lo studio dello Statuto e per l'assetto della medesima.
Viene pure istituito l'Ufficio di collocamento.
Ma è pronto ad entrare nella storia il messaggio dell'epoca nuova, che annuncia la nascita dell'Istituto Arti e Mestieri, per allora denominato « Scuola Professionale ».
L'arcobaleno della speranza illumina il grigio orizzonte della società, e suona come una diana il primo annunzio firmato dal Fr. Isidoro e partecipato ai parroci della città.
« Rev.mo Signor Curato, Nel prossimo ottobre, per cura di un benemerito Comitato, nei locali di via San Massimo 21, nella nostra città, apriremo due primi Corsi Diurni di una Scuola Tecnico-Professionale, corrispondenti ad un Terzo Anno di Scuola di 1° Grado ( Scuola Popolare Operaia ) ed al 1° Anno di Scuola di 2° Grado ( Scuola Industriale ).
I programmi di insegnamento sono, per ora, in massima basati su quelli statali ed il nostro proposito è di formare giovani, che alla conoscenza ed all'osservanza delle massime e delle pratiche di N. S. Religione, uniscano quella maggior cultura scientifica e pratica, che in una Scuola, che verrà dotata dei più moderni, abbondanti mezzi, è possibile impartire.
In pari tempo verranno pure aperti i due primi Corsi di una Scuola Serale per Meccanici ed Elettricisti in cinque anni di studio.
Non dubito che la S. V. Rev.ma, apprezzando l'esposto programma, vorrà consigliare ai giovanotti di famiglie cristiane, che vogliono iniziarsi in questo ramo più utilitario di studi, di iscriversi a questi Corsi sorti e che si aprono coi migliori auspici.
Con ossequio Della S. V. Rev.ma
Fr. Isidoro di Maria delle S. C. »
Nel 1920 si costituisce la « Pia Società per l'insegnamento professionale operaio » avente per scopo principale la cultura professionale operaia, unitamente ad una solida educazione cattolica.
La Società si propone pertanto di fondare in locali propri una Scuola di Arti e Mestieri con laboratori appropriati ed anche adatti alla cultura professionale quanto all'insegnamento scolastico.
Dando principio alla Scuola Professionale, un gran dono stavano facendo i Fratelli alla società.
Non si può escludere che le conseguenze della guerra che era stata così micidiale, stessero gettando la nazione in un clima incandescente e creando un disagio violento.
Il paese stava scivolando verso la rivoluzione sociale ed i partiti si inquadravano, pronti al conflitto.
Ma la bontà infinita del Signore interveniva, affidando il messaggio del Suo amore al segretario suo Fra Leopoldo, e partecipandolo al Fratel Teodoreto.
Già l'aveva tatto sapere fin dal novembre del precedente 1919: « Per salvare le anime, per formare nuove generazioni si deve aprire una Casa di Carità per fare imparare ai giovani Arti e Mestieri.
Non bisogna lésinare: si richiede qualche milione ».
Le rivelazioni accendevano una gara di zelo e di generosità in anime elette, per la formazione di abili e onesti operai, educati al culto severo del dovere in un'edificante atmosfera pervasa di sentimento cristiano.
Intanto la Scuola Professionale procedeva alacremente sotto gli auspici del Comitato Piemontese di cultura tecnico-professionale, presieduto dal Conte Alessandro Arborio Mella, ex Allievo, aiutato dal grande mecenatismo del Comm. Ing. Rodolfo Sella, affigliato all'Istituto.
Ma una grave questione appassionava e divideva i benemeriti Signori della Giunta Esecutiva, circa il nome da imporre al nascente Istituto.
Alcuni membri della Giunta appoggiavano di tutto cuore la denominazione di « Casa di Carità Arti e Mestieri ».
Fra Leopoldo asserisce che il nome voluto dal Signore è proprio questo; il quale però non garba ad alcuni membri della Giunta, che si dimette.
Questi benemeriti Signori si schierano per il nome di « Istituto Arti e Mestieri ».
I dissensi si protraggono, inasprendo le cose e gli animi, finché il tempo e l'azione persuasiva e conciliatrice del Fr. Dir. Aquilino, succeduto al Fr. Isidoro, riescono a metter pace fra tutti questi valenti operai della Santa Croce: il nome di « Istituto Arti e Mestieri » viene lasciato all'Istituto che più tardi si trasferirà nel grandioso edificio di corso Trapani, appositamente costruito, e la denominazione di « Casa di Carità Arti e Mestieri » qualificherà il meraviglioso complesso scolastico funzionante dapprima in Via Feletto e ora in Corso Benedetto Brin.
Ma gli intenti didattici ed educativi erano pienamente raggiunti, e cioè quelli di promuovere la cultura tecnica, di tutelare la giovinezza virtuosa dei figli del popolo e di permeare di alito cristiano le masse così difficili delle maestranze operaie.
Fin dal luglio 1921 il Fratello Isidoro aveva lasciata la direzione della Comunità di Santa Pelagia per trasferirsi all'Istituto Gonzaga di Milano, dove ad altri stupendi compiti avrebbe atteso.
La a Casa di Carità Arti e Mestieri » serba caro il nome e la memoria di lui, antesignano dei grandiosi destini che essa sta svolgendo: dirigenti, professori ed allievi si specchiano nel Suo esempio, traendone luce ai propri passi e raccomandando alla Sua perfezione celeste le sorti felici del proprio lavoro.
Una rosa fragrante basta ad illuminare un giardino desolato: il ricordo d'un uomo da luce e calore anche all'oscura fatica dei militi del bene.
I meriti del compianto Ing. Gerini gareggiavano con la sua modestia, che mirava a stendere costantemente un velo su ogni sua cosa, cosicché non riesce agevole tratteggiarne la figura.
Noi lo ricordiamo quale collaboratore fedele e disinteressato della Casa di Carità Arti e Mestieri che Egli sostenne fin dal suo primo sorgere nel lontano 1925 insegnandovi sempre gratuitamente ed apportandovi il suo illuminato consiglio, ed a cui volle riservare l'ultimo segno della sua predilezione, nominandola erede delle sue, sia pur modeste, sostanze.
Mente eletta, anima nobilissima e profondamente pia, spese letteralmente tutta la vita per l'educazione dei giovani, rinunciando per questo altissimo compito ad ogni umana prosperità e perfino a formarsi una famiglia.
Forse aveva nel sangue la passione dell'educatore con la ricchezza delle doti proprie ad esso, essendo nipote del celebre Giuseppe Allievo.
Certo la grazia da parte sua portò a piena fioritura un terreno così ben preparato, facendone un vero ed eccellente educatore.
L'Ing. Gerini bastava da solo a tenere alto il prestigio di una scuola ed in certi periodi Egli è stato la colonna della Casa di Carità.
Sapeva, in tutto, rendersi interessante e soprattutto, eccelleva nell'arte di insegnare rendendo facili anche le materie più difficili, specialmente agli allievi non più giovani della Casa di Carità, dalla mente non allenata allo studio ed alla riflessione.
L'ammirazione e l'affetto degli allievi nasceva subito fin dalle prime lezioni: era il fascino della sua dottrina e delle sue virtù che, immediatamente intuite, creavano il clima ordinario delle sue lezioni.
Padrone di una cultura profonda e ampia, si prestava volentieri a tenere conferenze sugli argomenti più svariati.
Non aveva certo difficoltà a far accettare il catechismo anche da allievi moralmente sbandati, ed in tempi di generale disorientamento, quando il popolo guardava con ostilità la religione.
In Lui, scienza, virtù, religione erano raggi ugualmente amabili di una stessa luce, manifestazioni armoniose di una personalità nobile e dolce, che trasmetteva una sapienza profondamente vissuta, e perciò persuadeva, conquistava gli animi.
Le sue parole misurate, all'apparenza modeste, rivelavano una scienza sicura e scendevano diritte al cuore, specialmente nelle lezioni di religione in cui la dottrina espressa con perfezione teologica, impressionava gli animi rivelando una vita inferiore fatta di orazione e di sacrificio.
Aveva un grande amore alla povertà ed al raccoglimento: il lungo tratto di strada che univa la sua abitazione con la Casa di Carità era fatto da lui quasi sempre a piedi in riflessione e preghiera.
La Divina Provvidenza che ha avviato l'Ing. Cerini alla Casa di Carità, lo ha messo nella scia di Fra Leopoldo e di Fratello Teodoreto per l'opera di rieducazione operaia.
Egli era entusiasta di entrambi i Fondatori che lo avevano favorito di grazie segnalatissime e ne coadiuvava l'opera spirituale con tutto l'entusiasmo del suo cuore.
Le parole del SS. Crocifisso al cuoco di S. Tomaso erano per Lui stimolo all'azione senza mai chiedere nulla per sé, prodigandosi generosamente ed offrendo anche le sue sofferenze fisiche.
La sua carriera fu lunga. Fin dal 1915, quando ancora era impegnato nel Consiglio Regionale Piemontese della Gioventù Cattolica, come Consigliere prima e poi come Presidente, venne chiamato da Fr. Teodoreto per insegnare nella Scuola Serale di Via delle Rosine, dove alcuni ex allievi lo ricordano in divisa di ufficiale del genio, durante la prima guerra mondiale.
Nel 1930 la Scuola si sdoppiò; i Corsi Commerciali rimasero là, Lui seguì i Corsi Professionali che si trasferirono nella vecchia sede della Casa di Carità, in via Soana, dove dettò i programmi dei Corsi Triennali e di quelli Quinquennali, rimanendo come insegnante e come Ispettore anche nell'attuale sede, fin quasi alle soglie della morte.
I Commissari del Ministero e dei vari Enti di tutela, ricercavano le commissioni in cui l'Ing. Gerini era esaminatore dicendosi entusiasti del suo metodo e dei suoi risultati.
La Casa di Carità lo ricorda con profonda e sincera riconoscenza, pregando per Lui che, in modo così degno, collaborava alla sua missione cristiana e sociale.