Famiglia Cristiana e Scuola Cristiana |
B163-A10
1. Nella solenne introduzione dell'Enciclica di Papa Giovanni XXIII, la Chiesa è presentata come Madre e Maestra di tutte le genti.
A maggior ragione essa lo è per noi cattolici e conseguentemente nell'orientare i nostri figli verso la scuola, cioè verso i maestri, occorre che ci adeguiamo agli insegnamenti della Madre e Maestra per eccellenza.
La Chiesa è maestra poiché tale qualificazione le è stata attribuita, a prezzo del suo preziosissimo Sangue, dall'unico Maestro di tutti, che è Cristo.
S. Bonaventura, il dottore serafico, in un'opera tanto concisa quanto magistrale, che è appunto intitolata « Cristo unico Maestro di tutti », così afferma: « Uno solo è il vostro maestro. Cristo ( Mt 23,10 ).
In questa espressione si dichiara quale è il fondamentale principio della illuminazione conoscitiva, cioè Cristo, il quale essendo splendore della paterna gloria e figura della sua sostanza, e tutto sostenendo con la parola della sua potenza, come dicesi nella lettera agli Ebrei ( Eb 1,5 ), è colui stesso che è origine di ogni sapienza, secondo l'Ecclesiastico ( Sir 1,5 ): Fonte della sapienza è la parola di Dio lassù.
Lo stesso Cristo è fonte di ogni cognizione retta. Infatti è via, verità, vita, secondo Giovanni ( Gv 14,7 ) ».
I limiti di tale trattazione non consentono di approfondire, con citazioni soprattutto di S. Agostino e di S. Tommaso, come Cristo sia Luce vera che illumina ogni uomo che viene nel mondo, e di sottolineare pertanto come ogni nozione, anche naturale, in qualche modo abbia come presupposto l'illuminazione ideale del Verbo.
Senonchè con il peccato originale l'intelligenza umana è stata offuscata, tanto è vero che quello che dovrebbe essere il tempio della sapienza, cioè la filosofia, in effetti, salvo poche eccezioni, è il ricettacolo degli errori dell'umanità.
Ciò attesta pertanto la necessità che una vera dottrina non si basi solo sulle nozioni naturali, ma si ricolleghi all'illuminazione soprannaturale, che proviene dal Verbo fatto uomo, e che ci è trasmessa dal magistero della Chiesa.
2. Un esplicito riferimento alla nostra questione, cioè sull'atteggiamento e sulla scelta che i genitori debbono seguire in ordine al tipo di scuola cui indirizzare i loro figli, se cioè alla scuola pubblica, e non piuttosto alla scuola cattolica, lo troviamo in modo categorico - almeno così mi pare - in quel solenne e celebre documento, per molti aspetti scandalo dei laici, che è il Sillabo di Pio IX, dell'8 dicembre 1864.
In tale documento tra le proposizioni condannate vi sono le seguenti: « Ai cattolici può essere accetto quel sistema di educare la gioventù, il quale sia separato dalla fede cattolica e dalla potestà della Chiesa, e che riguardi soltanto la scienza delle cose naturali e i soli confini della terrena vita sociale, o almeno se li proponga per scopo principale » ( XLVIII ).
« Tutto il regime delle pubbliche scuole, in cui si istruisce la gioventù di qualsiasi Stato cristiano ( eccettuati solamente per certi motivi i Seminari vescovili ), può e deve essere affidato alla civile autorità; e per siffatta guida affidato, che non si riconosca nessun diritto di altra qualunque società di immischiarsi nella disciplina delle scuole, nel regolamento, negli studi, nel conferimento dei gradi, nella scelta ed approvazione dei maestri » ( XLV ).
« L'ottimo andamento della società civile richiede che le scuole popolari, aperte ai fanciulli di qualunque classe del popolo, e in generale tutti i pubblici istituti destinati all'insegnamento delle lettere e delle discipline più gravi, nonché a procurare l'educazione della gioventù, siano sottratte da ogni autorità, dall'influenza moderatrice o dall'ingerenza della Chiesa, e vengano assoggettate al pieno arbitrio dell'autorità civile e politica, a piacimento dei sovrani e a seconda delle comuni opinioni del tempo ». ( XLVII ).
Considerando l'attuale situazione scolastica alla luce delle riportate prese di posizione del Magistero Ecclesiastico, mi pare che non possa che giungersi alle seguenti conclusioni:
- l'impostazione della scuola pubblica italiana è decisamente non conforme al pensiero pontificio, nonostante l'inserimento dell'ora di religione, poiché ha per scopo esclusivo, o quanto meno principale, l'insegnamento di discipline attinenti le cose naturali, e perché è affidata all'esclusiva potestà dell'autorità civile, con esclusione di ogni altra;
- ai cattolici tale sistema non può in modo assoluto esser accetto, per cui la scuola pubblica, intesa come unica forma scolastica sostenuta dallo Stato, va considerata una vessazione, non conforme alle effettive e vitali esigenze della gioventù, da prendere in esame puramente come alternativa in caso di necessità, e con la consapevolezza di sottostare appunto ad una vessazione, ma non mai come soluzione ottima.
Si potrà qui osservare fino a quale punto in tale materia il Sillabo sia dottrinale o non piuttosto disciplinare, con la conseguenza, in tale seconda ipotesi, di circoscrivere la sua rilevanza piuttosto al tempo in cui fu emanato che di estenderlo all'epoca nostra.
Senza scendere dettagliatamente in tale questione che ci porterebbe lontano, mi pare si possa rispondere che il suo contenuto è dottrinale, e perciò valido anche oggi, non appena si ponga mente ad altri analoghi documenti pontifici a noi più vicini.
3. Prima di procedere oltre, ritengo tuttavia opportuna una semplice enunciazione dell'aspetto filosofico - giuridico del problema, che pur sarebbe interessante approfondire, allo scopo di far meglio risultare la forza e l'efficacia delle decisioni di Pio IX.
E per stare nell'efficacia e nella concisione, espongo il pensiero del servo di Dio, Antonio Rosmini, il quale fu vicino a Pio IX in circostanze difficili.
« È un diritto prezioso della natura umana che chi sa possa altrui insegnare senza incontrare proibizioni, intoppi, moleste formalità dalla parte del Governo, giacché gli impiegati del Governo in punto di verità e di scienza non hanno alcun titolo che li privilegi sopra gli altri cittadini, e l'autorità civile è incompetente in tali materie, dove altro non vale che la pura ragione, e per le cose divine il magistero della Chiesa.
Oltre di che è cosa confermata da indubitabile esperienza, che il Governo col pretesto di dirigere l'istruzione, se ne riserba il monopolio e fa dell'istruzione stessa usurpatasi un mezzo di sottilissimo dispotismo.
La concorrenza, e in conseguenza di essa l'opinione pubblica, cioè la ragione collettiva, che è la vera regina degli stati costituzionali, fa giustizia sufficiente al merito degli insegnanti.
È nondimeno necessaria una vigilante e forte legge repressiva che punisca l'abuso di tale diritto ».
Tali affermazioni, così chiaramente e categoricamente illustrate dal Rosmini, dovrebbero apparire pacifiche non solo ai cattolici, ma anche ad ogni persona che esamini il problema senza idee preconcette.
Ritornando a considerare la situazione scolastica attuale anche alla luce dei suddetti principi, mi sembra che possano trarsi altre due illazioni:
- in Italia vi è una libertà di insegnamento solo teorica: gli aneliti sociali che si invocano perché la libertà giuridica di ogni cittadino possa in effetti divenire libertà di fatto con il consentire a tutti una esistenza decorosa, dovrebbero valere anche per la scuola, ponendo tutti i cittadini nella possibilità concreta di inviare i figli alle scuole che essi preferiscono, senza dover sottostare ad oneri economici;
- il titolo di stato ed i programmi stabiliti dal Governo anche per le scuole religiose, sembrano sopraffazioni della libertà di insegnamento, imposte da chi, come abbiamo visto, non può accampare alcun titolo specifico di competenza.
In verità la gravita di tale conclusione sembra possa attenuarsi ove si intendano il titolo di stato ed i programmi ministeriali come esercizio del doveroso potere di vigilanza, però le perplessità restano.
4. Ma per tornare ai documenti pontifici allo scopo di confermare quanto asserito, e illustrare più ampiamente il problema, giova rifarsi alla magna carta della questione dell'educazione, l'Enciclica « Divini illius Magistri », del 31 dicembre 1929, di Pio XI.
Tra l'altro, in essa è affermato:
« Non per il fatto che vi si impartisca l'istruzione religiosa ( spesso con troppa parsimonia ), una scuola diventa conforme ai diritti della Chiesa e della famiglia cristiana e degna di essere frequentata dagli alunni cattolici.
A questo effetto è necessario che tutto l'insegnamento e tutto l'ordinamento della scuola: insegnanti, programmi e libri, in ogni disciplina, siano governati dallo spirito cristiano sotto la direzione e la vigilanza materna della Chiesa, per modo che la Religione sia veramente fondamento e coronamento di tutta l'istruzione, in tutti i gradi, non solo elementare, ma anche media e superiore ».
Il documento continua riportando un passo dell'enciclica « Militantes Ecclesiae » del 1° agosto 1897, di Leone XIII ( il cui nome non poteva di certo restare assente in questa rassegna di assertori e difensori dei diritti della fede e della verità ), in cui è detto « essere necessario che non soltanto in determinate ore si insegni ai giovani la religione, ma che tutta la restante formazione olezzi di cristiana pietà.
Che se ciò manca, che se questo alito sacro non pervade e non riscalda gli animi dei maestri e dei discepoli, ben poca utilità potrà aversi da qualsiasi dottrina; spesso ne verranno anzi danni non lievi ».
L'enciclica di Pio XI continua suggerendo i mezzi perché la scuola possa risultare veramente conforme al pensiero della Chiesa, ed afferma: « Ne si dica essere impossibile allo Stato, in una nazione divisa in varie credenze, provvedere alla pubblica istruzione altrimenti che con scuola neutra o con la scuola mista, dovendo lo Stato più ragionevolmente e potendo anche più facilmente provvedere con lasciare libera e favorire con giusti sussidi l'iniziativa e l'opera della Chiesa e delle famiglie.
E che ciò sia attuabile, con soddisfazione delle famiglie, e con giovamento dell'istruzione e della pace e tranquillità pubblica, lo dimostra il fatto di nazioni divise in varie confessioni religiose, dove l'ordinamento scolastico corrisponde al diritto educativo delle famiglie, non solo quanto a tutto l'insegnamento - particolarmente con la scuola interamente cattolica per i cattolici - ma anche quanto alla giustizia distributiva, con l'aiuto finanziario, da parte dello Stato, alle singole scuole volute dalle famiglie.
In altri paesi di religione mista accade altrimenti, con non lieve carico dei cattolici, i quali auspice e guida l'Episcopato e con l'opera indefessa del Clero secolare e regolare, sostengono a tutta loro spesa la scuola cattolica per i loro figli, quale è richiesta dal loro gravissimo obbligo di coscienza, e con generosità e costanza encomiabile perseverano nel proposito di assicurare interamente, come essi a maniera di tessera proclamano « l'educazione cattolica, per tutta la gioventù cattolica, nelle scuole cattoliche ».
Il che, se non viene aiutato dal pubblico erario, come per sé richiede la giustizia distributiva, non può essere impedito dalla potestà civile, che ha coscienza dei diritti della famiglia e delle condizioni indispensabili della legittima libertà.
Dove poi anche questa libertà elementare viene impedita o in vari modi avversata, i cattolici non si adopereranno mai abbastanza anche a prezzo di grandi sacrifici, nel sostenere e difendere le loro scuole, e nel procurare che si sanciscano leggi scolastiche giuste ».
5. Tra i documenti pontifici di Pio XII che, secondo quanto ha affermato Paolo VI, ha ornato la Chiesa con la sua sapienza, il tema della scuola affiora di frequente, e non resta che l'imbarazzo della scelta.
Si riporta il seguente brano, tratto dalla lettera alla Segreteria di Stato per la XXVIII settimana sociale d'Italia, nel settembre del 1955, la quale ci presenta un quadro della situazione pacato e reale, quale noi oggi viviamo:
« È doloroso rilevare che in questo campo in Italia esistono ancora tra i cattolici lacune ed incertezze.
Una lunga assuefazione al predominio della scuola di Stato ha offuscato in molti la nozione stessa del diritto della libertà scolastica.
Con ciò non si vuoi negare la presenza di autentici valori, sostanzialmente cristiani, nella scuola statale italiana.
In questi ultimi anni poi, l'insegnamento religioso regolare e folli gruppi di insegnanti cattolici hanno già fatto sentire il loro benefico influsso.
Ciò tuttavia non basta a soddisfare sempre e dovunque le legittime aspirazioni di molti genitori cattolici, solleciti di garantire in maniera pia efficace l'educazione cristiana dei loro figli. Essi perciò compiono azione doverosa e si muovono nell'ambito dei loro diritti, riconosciuti dalla Costituzione italiana stessa, quando chiedono con fermezza una più comprensiva legislazione scolastica, che dia loro la possibilità di scegliere, senza un eccessivo aggravio economico, la scuola più conforme alle loro giuste aspirazioni morali e religiose ».
6. Dopo i testi citati, cui se ne potrebbero aggiungere molti altri, resterebbe da trarre alcune conclusioni, che peraltro vengono solo enunciate:
- l'interesse dei cattolici per la scuola cattolica è sottolineato come gravissimo obbligo;
- la scuola cattolica viene presentata come scuola esclusiva, i cui meriti ed i cui difetti vanno intesi come propri dei cattolici, al cui sviluppo occorre contribuire e i cui oneri vanno sostenuti; verrebbe facile qui l'accenno alle deviazioni o ai difetti - pretesi o reali - delle scuole religiose rispetto alle pubbliche.
Penso sia opportuno in primo luogo riportare un'affermazione di Mons. Stefano Maria Bornet, Vescovo ausiliare di Lione, che dichiara: « L'ambiente cristiano dell'educazione cristiana, nonostante le sue imperfezioni e le sue deficienze - chi non ne ha getti la pietra! - è tutt'altra cosa dal così detto ghetto, di cui ci hanno riempito le orecchie, o dall'ambiente angusto e chiuso di preservazione, tenuto al riparo del mondo moderno ».
Vi è poi il gravissimo problema della mancanza, in molte scuole religiose, della gratuità dell'insegnamento, talché si potrebbe ritenere che alcuni Istituti abbiano deviato dalla loro impostazione originaria.
Senonchè a tale riguardo va osservato che nella struttura attuale della scuola in Italia, alle scuole religiose non resterebbe altra alternativa che quella di proporzionare l'attività educativa ai mezzi economici di cui le comunità possono disporre, il che vuoi dire chiudere molte scuole, oppure di dover sottostare all'insegnamento a pagamento per poter ad un tempo tenere ferme le scuole cattoliche, e portare una testimonianza sull'urgenza di una disciplina scolastica veramente conforme ai diritti delle famiglie, in cui cessi l'attuale sperequazione, in relazione alla quale, chi manda i propri figli alle scuole religiose, oltre a contribuire, pagando le tasse, agli oneri generali della scuola statale, che a lui non serve, deve pagarsi la scuola propria; nei documenti pontifici non viene posta l'alternativa dell'istruzione religiosa familiare, o della catechesi parrocchiale, come sostitutiva delle deficienze religiose della scuola; piuttosto è da credere che la frequenza di un ambiente scolastico religioso sicuramente supplisca alle deficienze della famiglia, per quanto l'educazione familiare a sua volta sia fondamentale ed insostituibile.
Inoltre la vicinanza di sacerdoti e religiosi meglio favorisce la vocazione dei giovani alla strada che Iddio ha per essi disposto; il fatto che siano sottolineati i concetti di scuola cattolica, per cattolici, con programmi cattolici, fa dedurre che questa impostazione, sostanziale e primaria, superi ed assorba altre esigenze importanti, ma rispetto ad essa secondarie ed accidentali - che si potrebbero eventualmente verificare con la frequenza di scuola ad impostazione laica ( quale l'impegno ad una testimonianza apostolica dei giovani, oppure la preparazione all'ambiente di contrasto e di lotta che si incontra nella vita ), ecc.; la scuola cattolica favorisce il colloquio e là collaborazione tra familiari e maestri, ed è inoltre più facile ai genitori incidere sull'ambiente scolastico con la propria opera di convincimento; ogni insegnamento ed ogni disciplina deve tendere al divino, non essendovi scienze o materie cosiddette neutre.
Per chi ben consideri, anche la stessa matematica, per esemplificare, ha impliciti riferimenti a Dio, e sarebbe interessante fare applicazioni pratiche ( si pensi solo, in linea di principio, agli spunti pedagogici che si possono, ad esempio, ricavare dalle figure geometriche quali il cerchio, il triangolo, per salire a verità divine. S. Bonaventura ha scritto un opuscolo sulla riduzione delle arti alla teologia.
Questa è l'insegna, se mi è concesso il riferimento, della Casa di Carità, nella quale le arti e i mestieri sono considerati in una prospettiva cristocentrica.
Per contro la scuola laica è neutra, non pretende avere una insegna o un contenuto, ma purtroppo la verità è che il contenuto può quanto meno essere areligioso »
Vita Moccia