Attività del corso per sposi |
B184-A3
Il matrimonio è l'unione dell'uomo e della donna in tutta la sua pienezza.
Ora tale unione non sarebbe piena se non fosse indissolubile.
Di conseguenza l'indissolubilità procede dalla natura stessa del matrimonio.
a) Il matrimonio, anche sul piano puramente naturale, ha degli aspetti contrattuali, e cioè è un conferimento di diritti dell'uomo alla donna e della donna all'uomo, con tutte le conseguenze relative; ed è anche un fatto di amore, un donarsi.
Il dono reciproco dell'uomo e della donna è fondamentale per costituire il matrimonio.
Questo atto libero e consapevole è orientato a realizzare una relazione singolare, e cioè il rapporto coniugale.
Ora che cosa significa rapporto coniugale?
È un'attività puramente fisica, oppure è un'attività umana?
Se la relazione coniugale vuol essere veramente umana dev'essere una relazione personale, cioè di due persone che si donano vicendevolmente, e allora quello che è rappresentato fisicamente dall'unione coniugale deve avere come presupposto nella parte morale e spirituale un intervento adeguato.
Non si può realizzare una unione di corpi che non sia l'espressione e l'alimento di una unione di anime, se no l'unione è disumana, strumentalizzante e avvilente.
Il rapporto fisico è un modo per donarsi tutto personalmente e suppone una volontà, un amore, una decisione di dono pari alla fusione fisica che avviene, altrimenti sarebbe mostruoso, dissociando l'unione fisica da ciò che dovrebbe essere espressione e alimento di unione interiore.
Premesso quanto sopra, appare evidente che, qualora i coniugi divorziassero dopo essersi uniti fisicamente, il loro atto resterebbe nella sua più vergognosa nudità, essendogli stato tolto d'attorno il velo misterioso degli affetti immortali nel quale ravvolto si nobilita.
( Tornano a mente, al riguardo, i versi del Foscolo, sull'amore platonico: « amore in Grecia nudo e nudo in Roma d'un velo candidissimo adornando, rendea nel grembo a Venere Celeste » )
D'altra parte qual è il titolo della specifica immoralità dell'adulterio - la cui condanna è universalmente ammessa - se non la violazione dell'indissolubilità coniugale?
Ho detto l'indissolubilità, e non solo la fedeltà coniugale, perché se questa fosse ipotizzabile prescindendosi dall'indissolubilità, non avrebbe più alcun senso, in quanto potrebbe dichiararsi, sempre ricorrendo al solito sofisma, che la fedeltà intanto sussiste finché non venga meno, sicché l'adulterio sarebbe appunto o per lo meno potrebbe essere, l'attestazione che la fedeltà non c'è più.
b) Il matrimonio nel suo aspetto di donazione è inteso a realizzare una solidarietà singolare: una solidarietà di vita, e cioè di persone in sviluppo, in cammino, le quali realizzano al momento e per sempre una solidarietà non soltanto di cose, ma di vita.
E appunto per questo comporta una comunione di vita e di destino e non soltanto una prestazione, il mettere in comune la vita e non soltanto i servigi.
Questo si richiede perché l'unione dell'uomo e della donna risulti umana e non strumentalizzante, che i due si guardino come persone.
Appena si introduca la dissolubilità in questa unione tutto crolla.
Infatti che tipo di dono è quello coniugale?
È un dono assoluto, senza condizioni.
Non si può realizzare una solidarietà di vita per la vita, una comunione di vite per la vita se il donarsi reciproco non è senza condizioni.
Ad esempio se tu vai a finire in galera o al manicomio tutto si cancella e si ritorna da capo?
No, questo sarebbe porre una condizione, subordinare la persona, non realizzare più la donazione personale.
Matrimonio dunque vuoi dire dono assoluto, totale, non solo senza condizioni, ma anche senza riserve.
Uno non deve tenersi nulla per sé: o è un dono assoluto e totale, oppure non è più l'unione coniugale.
Dev'essere un dono reciproco fatto nell'equivalenza, tanto dall'uomo quanto dalla donna.
Se si considerano tutte queste caratteristiche del dono di amore si vede subito che esso è indissolubile per sé.
c) Che cos'è l'amore?
Esso parte da una attrazione, da una simpatia, ma l'amore è soprattutto una elezione, una decisione.
L'amore umano pieno, completo è una volontà, la quale sarà orientata e facilitata dal sentimento e dalla riflessione sulle qualità della controparte, ma non è amore finché non c'è decisione di accettare quella persona e volontà di donazione totale, assoluta, reciproca.
Ora non si vede come questo sia solubile, « per la contraddizione che noi consente ».
Se io mi sono donato così è chiaro che non intendo in nessun caso di tornare indietro.
Domandiamoci come dovrebbe essere celebrato il matrimonio dei divorzisti, per essere logici.
Dovrebbe essere usata una formula condizionata: Il sig. tal dei tali desidera prendere come legittima consorte, ecc. ecc. a queste condizioni: che non vada a finire in galera oltre un certo numero di anni, che non debba essere ricoverata in manicomio, che non compia certe oscenità previste dalla legge, ecc.
A rigore dovrebbe essere così, perché se il matrimonio è un contratto dovrebbero subito essere messe in chiaro tutte le clausole e condizioni.
Ma questo suona falso e rovinerebbe tutto, introducendo una serie di condizioni e di riserve che impediscono quel tipo di unione non solo fisica, ma morale, in profondità, che è fondamentale perché il matrimonio sia matrimonio.
E allora si tira avanti nell'equivoco, il matrimonio verrà celebrato come indissolubile senza fare riferimenti ai casi che lo potrebbero sciogliere perché disturberebbero troppo la cerimonia: tutto questo sarà nascosto.
Ma si tirerà fuori a suo tempo, dicendo: ecco, siete incorsi in queste condizioni e perciò è legittimo che vi sciogliate.
Si vede subito la falsità.
Ma la falsità del divorzio si vede anche perché è contro l'amore, l'amor vero, che è elezione e non solo sentimento, che è volontà, volontà per l'altro, dell'altro, con l'altro.
Se l'amore è questo il divorzio contraddice evidentemente alle regole più comuni dell'amore.
Infatti non c'è coppia, istruita o non istruita, che nella fase di preparazione del matrimonio non cerchi la verifica dei propri sentimenti in questa semplice espressione: tu solo per sempre, tu sola per sempre.
Questo è istintivo, è nella logica, nella natura delle cose.
Sono le basi su cui si viene formando e garantendo il rapporto che confluisce alla fine nel suo esito, il matrimonio.
Chi oserebbe moralmente, sanamente mandare avanti questo rapporto senza queste due verità: l'unità e l'indissolubilità?
Ma quale donna accetterebbe di essere divisa con un'altra; tu e magari qualche altra?
Per giungere ad una psicologia diversa bisogna che siano intervenuti dei fattori di corruzione, di disorientamento generali e sociali, che poi si sono ripercossi nei singoli, snaturando profondamente le cose, giacché non è questo lo slancio naturale dell'amore, il naturale farsi strada verso il matrimonio.
d) Il matrimonio incide sui rapporti di figliolanza, che sono i rapporti più stretti per un uomo e per una donna, e sotto un certo aspetto prevale, tant'è vero che l'uomo e la donna lasciano il loro padre e la loro madre.
E hanno il diritto di lasciarli, non certo di disinteressarsene, ma se ne distaccano.
Quindi il nuovo rapporto vince sul rapporto di parentela che legava i figli ai genitori per instaurare un rapporto che deve avere almeno la stessa solidità, così come è indissolubile il rapporto con i genitori, perché nessuno può cancellare di essere figlio di quel padre e di quella madre.
Il matrimonio per legittimarsi deve per forza instaurare un tipo di rapporto della stessa solidità.
I figli fanno nascere nel matrimonio un'altra serie di rapporti.
I figli sono comuni, dell'uno e dell'altro coniuge: chi scioglie questo rapporto?
Può darsi in qualche caso la privazione della patria potestà, ma chi scioglie i debiti dei figli nei confronti dei genitori e dei genitori nei confronti dei figli?
Quale potere al mondo può liberare queste cose?
Ora il rapporto coniugale che sta nel mezzo e determina l'instaurazione dei rapporti di consanguineità con la prole, che sono indistruttibili, dev'essere proporzionato nella sua natura, altrimenti diventa una burletta, un giocare irresponsabilmente, un'ingiustizia per cui uno si separa da chi lo ha generato e da chi ha generato.
Se ci sono argomenti che dimostrano l'evidenza dell'indissolubilità del vincolo coniugale sono i figli.
Il frutto deve dimostrare la natura dell'albero.
Chi sono i figli rispetto ai genitori?
Sono un'unione vivente: chi va a separare ciò che è del padre e ciò che è della madre?
Sono il monumento vivente del loro amore, della loro relazione.
In essi padre e madre sono indisgiungibili, legati per sempre; legati moralmente, in quanto hanno l'obbligo della educazione, ma uniti anche fisicamente perché biologicamente il figlio è la sintesi del padre e della madre.
Se il frutto è questo l'albero dev'essere proporzionato, tanto più che si tratta di uomini e non di semplici animali.
Il compito educativo, poi, dura tutta la vita.
C'è modo e modo di educare.
Quando i figli sono piccoli occorre un'azione di intervento più attiva; agli adolescenti si lascia più libertà; alla fine ci si limiterà all'esempio, fino alla tarda vecchiaia vissuta nell'amore fedele della propria sposa, e questo è ancora un insegnamento, un appoggio, un'educazione.
E allora l'argomento dei figli, cioè il frutto dell'amore e non soltanto il dono dell'amore è un argomento tortissimo per dimostrare l'indissolubilità del matrimonio.
E non si dica che se non ci sono figli l'argomento non tiene più.
I figli dimostrano la natura del vincolo, che è tale anche se i figli non ci sono.
Perché dunque sono antidivorzista?
a) Prima di tutto perché respingo il tipo di amore umano che il divorzio comporta e poi per la forma di unione che propugna: il matrimonio solubile non è un matrimonio.
L'amore che suppone il divorzio non arriva mai ad essere veramente amore.
È soltanto affidato al gioco delle attrattive, della simpatia, dei servizi resi e non arriva mai al dono di sé, alla elezione libera, all'impegno e sta in piedi finché c'è attrattiva e utilità.
L'amore vero è un dono di sé, senza condizioni.
Che direste di un amico che abbandona l'amico perché è incorso in una disgrazia, oppure in una caduta?
Al livello di amicizia c'è già una sorta di indissolubilità.
Chi sa cosa vuol dire amicizia sa che quando ha eletto un amico l'ha eletto per sempre, perché non l'ha scelto condizionatamente, altrimenti non avrebbe scelto lui, ma i vantaggi che gli procurava.
Tanto più poi se questa amicizia è a livello di coppia coniugale.
Quindi quello che è nel matrimonio divorzista non è amore, ma egoismo.
Chi si sposa avendo in mente la possibilità dello scioglimento non è che si unisca all'altro, ma bensì a ciò che dell'altro gli piace e gli serve, e dimostra una immaturità psicologica ed emotiva.
Con il divorzio si introduce un tipo di amore che mantiene in uno stato di sviluppo emotivo e di maturità personale veramente basso, perché non fa raggiungere il livello del dono, della decisione, della fedeltà all'altro perché l'altro è un valore, qualunque sia e comunque vada.
b) Poi respingo il divorzio per il tipo di matrimonio che suppone, perché un matrimonio che al momento di celebrarsi si dichiari condizionato e con riserve, cioè solubile, non è un'unione.
Non vedo come possa sentirmi in coscienza di lasciare i miei genitori per unirmi a una donna soltanto per qualche tempo, in qualche modo, finché la dura.
Non solo, ma questo tipo di unione mi mantiene sempre estranea l'altra persona; essa non diventa parte di me, non formiamo uno, siamo due estranei, due vite che si sono accostate, ma che non si fondono mai, perché la fusione non avviene tanto a livello fisico, quanto a livello interiore e quindi si mantiene nella estraneità di base.
Un giorno ho incontrato una persona, ho stabilito alcune formalità, ma non c'è nessun impegno particolare, non è cambiato nulla: io continuo a essere l'isolato di prima e lei continua ad essere l'isolata di prima.
Questo non è matrimonio.
c) Le grandi vittime del divorzio saranno innanzitutto i giovani che ne saranno coinvolti e le cui famiglie saranno pure coinvolte.
Terribile!
Bisogna pensare che cosa significa essere figli di divorziati, i quali magari si sono poi risposati.
Immagino la situazione di un figlio che deve dire così: « ecco mia mamma adesso è moglie di un altro e convive con un altro. Mio papa adesso è marito di un'altra e convive con un'altra … »
E lui in che posizione si trova, lui che li vorrebbe tutt'e due, perché sono suo padre e sua madre, e finge ancora di vederli qualche volta uniti, quei due che sono la sua sorgente, la sua radice.
I due invece se ne vanno, divisi, per i fattacci loro, con altri con cui fingono un altro matrimonio, fingono di nuovo l'amore.
Immagino questa situazione psicologica dilacerante, e poi tutta la mancanza di cure, giacché non bastano le cure materiali, non basta che si lasci mezzo milione al mese al figlio.
Questo non risolve niente, perché il figlio ha bisogno di affetto, della presenza e delle cure personali dei genitori, si ristora, si conforta, si stabilizza al calore della loro unione.
Il terreno da cui l'uomo sugge il suo equilibrio emotivo e relazionale è quello di sentirsi nato nell'amore, radicato nell'amore, alimentato dall'amore.
Ma se io, figlio, vedo che mio padre e mia madre sono disuniti che cosa devo dire?
Sono un disgraziato, m'è successo un incidente grave, non fossi mai nato.
In fondo ho servito da ostacolo all'unione di due; alla base della mia vita non c'è amore vero, una decisione di due che abbiano formato uno, da cui io sono venuto.
Mi vedo scardinato nel mio fondamento, non ho radici, non sono più figlio dell'amore.
Pensate alla tragedia dell'uomo.
Tutti abbiamo bisogno di rifarci alle nostre origini, al nostro fondamento, e il pensiero di aver avuto all'inizio della nostra vita un amore, semplice quanto si vuole, ma sincero, dimostrato attraverso la convivenza, la fedeltà e le cure, è una sorgente di equilibrio essenziale, di ottimismo sufficiente davanti alla vita, di equilibrio di rapporti, di moderazione: è veramente l'apertura della vita.
Senza di questo quale difficoltà dovrei affrontare io per uno sviluppo equilibrato dal punto di vista emotivo.
Terribile cosa!
d) Quante coppie che potrebbero ancora salvarsi si precipiteranno invece ad accelerare la disgregazione perché c'è la possibilità del divorzio e quanti figli si troveranno in questa terribile situazione, in cui mancherà loro la funzione educativa.
Ma come può un padre e una madre, che non hanno saputo superare se stessi per il loro figlio, con quale esperienza personale, anzitutto, con quale autorevolezza e con quali possibilità pratiche, anche, potranno intervenire nel formare e plasmare il loro figlio?
Con quale forza d'animo, con quale convincimento un padre può presentarsi al figlio per insegnargli ciò che lui stesso ha tradito palesemente e pubblicamente?
Dovrà dire come un certo autore: che mia figlia vada con chi vuole, purché mi dica la verità … e purché non rimanga incinta.
Quindi i giovani saranno le grandi vittime.
E non soltanto i figli dei divorziati, ma anche tutti gli altri.
Vi rendete conto di che cosa significhi avere per legge una norma che dichiari il matrimonio legittimamente solubile?
È una diseducazione generale, un incentivo al disimpegno per tutti i giovani, perché la legge non soltanto reprime o consente, ma fa anche scuola.
Tutti noi, in fondo, ci volgiamo all'ubbidienza della legge non soltanto per evitarne le sanzioni, ma anche come un compito morale.
I cittadini ben nati ubbidiscono alla legge come espressione di una volontà moralizzatrice.
E allora noi avremo dichiarato per legge e quindi come principio regolatore dei rapporti umani e in qualche modo modello di comportamento umano il matrimonio solubile.
Ora ci si dirà: Ma voi fate il vostro matrimonio indissolubile e buona notte.
Ma un conto è contrarre il matrimonio ritenendo che l'indissolubilità è un obbligo e un dovere sacrosanto e altro è puntare all'indissolubilità come una supererogazione, una generosità che può esserci e non esserci.
Qui c'è una corruzione dei costumi, e dei giovani anzitutto, i quali non conosceranno l'amore.
A me il divorzio non importa niente, dirà qualcuno, perché il mio matrimonio nessuno lo tocca.
Ma perché nessuno lo tocca?
Perché hai bisogno di tua moglie, ti sei talmente abituato a vivere con lei che non puoi più staccartene, si è stabilita una consuetudine.
Ma l'amore c'è? L'amore è tutt'altra cosa.
Il vostro matrimonio non si scioglie perché non ne avete convenienza, cioè il criterio della convenienza sarà quello che regolerà l'indissolubilità di fatto, oppure la solubilità, secondo i casi.
L'indissolubilità non è più un valore; la legge non lo riconosce più un valore per la vita civile, non lo richiede più perché i rapporti siano civili, ma un affare privato.
Questo è terribilmente diseducativo, è un'insidia, un attentato all'amore.
Quando mai i giovani conosceranno l'amore se più nessuno fa scuola e la legge insegna un'idea falsa dell'amore?
Oltre a questo c'è la mancanza di carità civile, perché c'è anche un amore verso la società.
È chiarissimo che con il divorzio c'è una penalizzazione del matrimonio, che è gravissima.
Il matrimonio è anche un fatto sociale con conseguenze incalcolabili per l'avvenire della società.
La società che mi prende, mi mette tra le mani un fucile e mi manda ad ammazzare per difenderla, in questo caso si sgretola, non è in grado di impormi la fedeltà, la lealtà verso i valori fondamentali, di cui il matrimonio è espressione.
Il senso di responsabilità come lo insegneremo ai giovani se non lo facciamo già vivere nella famiglia e per la famiglia nelle relazioni d'amore?
Se voglio credere all'impegno sociale di un tale vado a vedere come si comporta nelle relazioni interindividuali.
Ora in queste relazioni è diseducazione, coltivazione dell'irresponsabilità, privatizzazione completa del rapporto: mi piace, bene, avanti; non mi piace, non vado più avanti.
Ma questa non può essere una norma di vita, ne nei rapporti inter-individuali, ne nei rapporti sociali.
Il divorzio accetta questo principio.
Mette al posto del "devo", che è un valore, il "mi piace".
Mi piace e allora ci sto; non mi piace, me ne vado.
Questo è veramente un principio di corruzione di tutti i rapporti e dell'impegno verso la società.
Come può la stessa società che pretende di declassare talmente il matrimonio, l'amore coniugale, pretender domani che io esponga la vita per difenderla, che paghi le tasse, ecc.?
Ma se io vengo allevato a questa grandissima scuola di irresponsabilità che nasce dal fatto di avere una moglie in un matrimonio divorzista, come troverò io domani il coraggio di essere cittadino leale fino al prezzo delle mie sostanze e magari della mia vita?
Quindi le grandi vittime saranno i giovani e la società nel suo complesso, perché viene compromesso un istituto, quale è il matrimonio, che è fondamentale per la società e che dovrebbe essere il segno e la scuola di tutti i rapporti umani.
Ma se non imparo la dedizione, costi quel che costi, nella famiglia, dove la imparo?
E poi si perde il segno e il calore umano dell'unione nella società, perché l'unione sociale, in fondo, ha il suo fondamento nell'unione coniugale.
L'ideale sarebbe di realizzare una grande famiglia in cui tutti fossimo uno.
Ma se crolla l'ideale del matrimonio, perché tutto è declassato dal divorzio, che ideale ho io del punto di arrivo della società?
Pagheremo duramente la conseguenza di questa legge Fortuna - Gaslini, che tra l'altro è particolarmente pestifera.
Se tutto questo è avvenuto è perché evidentemente non siamo più cristiani e perciò dovremo concludere con un impegno di rinnovamento della nostra vita, della nostra preghiera, ricordandoci che pagheremo tutti quanti.
Le statistiche ci dicono qual è nei paesi divorzisti il livello dei figli illegittimi, della delinquenza minorile, dei suicidi, della pazzia.
Dove vige il divorzio si registra il maggior numero di pazzi, di suicidi, di violenze carnali, di peccati contro natura.
C'è una stretta connessione tra il divorzio e queste cose, attestata dalle statistiche.
Ora vediamo la droga nelle nostre scuole: ne ricaveremo lacrime e sofferenze per tutti.
Faccia il Signore che queste constatazioni servano ai cristiani ad essere più cristiani, ad essere il sale della terra, il lievito che fa fermentare.
È ora di muoversi, e muoversi significa soprattutto un impegno personale, una coerenza per una ripresa della nostra società, e in un certo modo, del mondo intero.