Le vie della Divina Provvidenza |
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D'ordinario la provvidenza divina, che tutto regola e dirige, si serve delle cose normali e comuni.
E fra queste c'è il lavoro lungo e paziente degli educatori, che nel silenzio preparano la società di domani.
Lasciamo la parola ad un Fratello anziano,1 che dalla sua ricca esperienza di educatore trae alcuni eloquenti episodi.
« Era consuetudine, e forse lo è ancora adesso, presso alcune Congregazioni religiose di incidere nell'anima dei loro discenti l'idea della Divina Presenza, per inculcarvene la santa abitudine.
Presso i Fratelli delle Scuole Cristiane si suonava il campanello ogni mezz'ora, durante tutte le lezioni, anche profane, e a quel suono in ogni classe un allievo si alzava dicendo: « Ricordiamoci che siamo alla presenza di Dio », cui tutti rispondevano: « Adoriamolo ».
Seguiva un momento di raccoglimento, poi la lezione riprendeva.
Che tale pratica non fosse puramente un'abitudine esteriore, ma fosse efficace, lo dimostrano i seguenti episodi.
1) Nel 1942 ero direttore - preside a Piacenza e mi recavo spesso vestito da Fratello, naturalmente, dai miei colleghi della scuola pubblica, dove erano iscritti parecchi nostri ex-alunni.
In una di queste mie uscite, mentre stavo camminando speditamente, sento dietro di me uno scalpiccio come di chi si affanni a raggiungermi, strascicando con fatica.
Mi volto ed ecco che un vecchietto mi raggiunge e mi dice: « Sig. Direttore, sono un antico alunno del Collegio S. Vincenzo. Mi tolga una curiosità, lo dicono ancora il "ricordiamoci"? ».
Alla mia risposta affermativa il vecchietto aggiunse: « Meno male. Se sapesse quanto mi ha giovato quel ricordo nella vita! Ho avuto momenti tragici, fino al punto di tentare il suicidio.
Ma proprio quando stavo per realizzare l'insano gesto mi risuonò all'orecchio: Ricordiamoci che siamo alla santa presenza di Dio.
E fu come una folgorazione che mi salvò.
Come potevo fare una cosa simile alla presenza di Dio?
Lo dica ai suoi giovani e insista perché tale usanza si continui.
Non sanno i giovani quante difficoltà incontreranno nella vita, ma quel pensiero li sosterrà e li aiuterà ».
Mi saluta e si allontana.
Mentre procedo per la mia strada ripenso e benedico il buon Dio che m'abbia offerta l'esperienza così eloquente di un vecchio ex-alunno salvato da una tradizione che oggi, in alcuni luoghi, pare tramontata e non più adatta ai nostri tempi agnostici, indifferenti, così poco cristiani.
Diceva S.S. Pio XI che le novità hanno diritto di affermarsi solo se sono almeno buone come le cose vecchie.
Che cosa si è sostituito nelle nostre scuole che sia religiosamente efficace come la pratica della presenza di Dio?
2) Terminata la seconda guerra mondiale e rappacificate, almeno momentaneamente, le nazioni, il Superiore Generale dei Fratelli decise di riprendere la visita alle varie case dell'Istituto disseminate
in tutto il mondo, e giunse negli Stati Uniti d'America.
In una riunione generale degli Ex-Allievi, ormai inseriti nella vita e molti in posizione di responsabilità come dirigenti o professionisti, tutti si trovavano nell'immenso cortile d'onore discutendo, rievocando, scherzando, quando improvvisamente ecco suonare la campana che al tempo della loro giovinezza li richiamava al « Let us remember that we are in God's presence » ( ricordiamoci che siamo alla presenza di Dio ).
Fu un attimo: da tutti si levò in coro la risposta: « Let us adore Him » ( Adoriamolo ).
Tutti erano commossi e per molti il richiamo ai ricordi della scuola fu anche un forte richiamo alla vita spirituale.
Usanze come questa della presenza di Dio sono preziosità che non si possono dire puramente tradizionaliste.
Sono semi che si immettono nello spirito e non si cancellano più ed emergono soprattutto nei momenti di difficoltà.
Sono appigli ai quali si afferra la grazia quando vuole riscuotere un'anima …
3) Durante l'ultima guerra mi ero portato all'ospedale civile di Parma, dov'era ricoverato un ufficiale, mio ex-allievo, in condizioni gravissime.
Il padre, docente universitario, era andato in Grecia con un aereo a riprendere il figlio per riportarlo d'urgenza a Parma e tentare di salvarlo.
Salvare la vita fisica, naturalmente, perché di quella spirituale non si curava affatto, dati i suoi principi antireligiosi.
Ebbi difficoltà a essere introdotto, a motivo del mio abito religioso, ma rivoltomi alla mamma e assicuratala che non avrei fatto parlare il malato, fui condotto nella camera.
Era quasi buia ed ebbi la sensazione di trovarmi nel dominio della morte.
Mi avvicinai al letto, recitai un'ave maria e poi mi chinai sull'ammalato salutandolo e dicendogli poche parole.
Quindi mi ritirai affidandolo al Signore ed alla SS. Vergine con una fervida preghiera.
Alcuni mesi dopo il malato si era ripreso e venne a trovarmi.
« La ringrazio di esser venuto a vedermi » mi disse con molta commozione.
« Ero in un momento veramente difficile, stavo per morire.
L'averla veduto mi ha richiamato tantissime cose dello spirito.
Fu come un lampo che si rivelò in rapidissima visione a me stesso davanti a Dio. Grazie infinite ».
La formazione cristiana ricevuta nella nostra scuola ( che ha per definizione di essere Scuola Cristiana ) era riemersa alla mia vista dall'ambiente ateo che circondava quel giovane e aveva dato i suoi frutti.
Sono questi i grandi compensi alla nostra faticosa e spesso misconosciuta missione di apostoli e di religiosi dediti all'educazione sincera e profonda dei nostri allievi.
Che il Signore e la Vergine SS.ma ci assistano e ci sostengano in una grandissima, ma non facile vocazione.
S. Giov. Batt. La Salle, che ci ha dato delle direttive magnifiche, non permetta che esse vengano poste in dimenticanza come anticaglie o peggio, come non rispettose della libertà altrui.
La missione a cui per vocazione siamo stati chiamati è bensì opera umana, ma soprattutto opera di Dio, che da le grazie necessario per potenziare le nostre parole, il nostro esempio, la nostra vita.
Paolo seminò, Apollo innaffiò, ma è Dio che da l'incremento ».
1 Fr. Gilberto Cagnola f.s.c.