Le vie della Divina Provvidenza |
B187-A8
Il papa Pio XII, che speriamo di veder presto agli onori dell'altare, con il titolò di Dottore di S. Chiesa, chiamava Torino « la città dei santi preti ».
È davvero un caso più unico che raro il fiorire quasi contemporaneo a Torino di tante figure sacerdotali di prima grandezza, quali il Cottolengo, Don Bosco, il Cafasso, il Murialdo, ormai canonizzati e venerati in tutto il mondo, seguite da tante altre che hanno lasciato una gran traccia del loro passaggio e la cui causa è ancora in corso: il B. Sebastiano Valfré ( prossimo alla canonizzazione ), il B. Ignazio cappuccino, l'abate Faà di Bruno, il Lanieri, il signor Durando p.d.m., Don Marchisio, il Can. AIlamano, il Can. Paleari, i due fratelli Boccardo, Don Balbiano, Don Rinaudi, Don Reffo, Don Rua, ecc.
Di quest'ultimo abbiamo avuto la gioia di vedere la recente beatificazione e dì lui vogliamo ricordare i suoi rapporti con i Fratelli delle Scuole Cristiane.
A quell'epoca tutte le scuole elementari maschili del Municipio di Torino e quelle della R.O.M.l. ( Regia Opera della Mendicità istruita ), adesso O.M.l. ( Opera della munifica istruzione ) erano dirette dai Fratelli delle Scuole Cristiane.
Michelino Rua, figlio di un operaio dell'arsenale e abitante al Balun ( corruzione dialettale del termine « vallone » indicante le basse di Dora ) frequentò le scuole R.O.M.l. di Borgo Dora dove regolarmente e spesso andava a confessare Don Bosco.
È là che il grande apostolo moderno della gioventù trovò il suo primo collaboratore e successore, tanto diverso da lui per temperamento che senza una di quelle illuminazioni straordinarie interiori di cui Don Bosco godeva ampiamente non si potrebbe spiegare.
Il vincolo fra queste due anime non era fondato sull'affinità di carattere, ma sulla loro complementarietà.
Certo non tra le « ligere » che Don Bosco raccoglieva a Valdocco e che magari dopo aver dormito la notte presso di lui fuggivano al mattino rubandogli le lenzuola, egli avrebbe potuto trovare un collaboratore, ma bensì presso quella gioventù sana e retta che i Fratelli educavano nella fede ai compiti della vita.
Anche Don Bosco, nel porre le basi della sua opera sentiva il bisogno di « costruire sul nuovo » come diceva Fr. Teodoreto parlando dell'apostolato dei Fratelli.
Il grande albero salesiano allungava dunque una radice nel campo lasalliano per produrre frutti nuovi e abbondanti, come sempre succede nella Chiesa dove lo Spirito Santo suscita continuamente delle nuove iniziative, che utilizzano le conquiste passate per la formazione di sintesi diverse, aderenti a bisogni e a situazioni diverse.
Il giovane Michele Rua subì presto il fascino di Don Bosco ( ma quale giovane sfuggiva a questo fascino? ) e gli si affezionò, lo segui all'Oratorio e ne divenne presto il braccio destro.
La Divina Provvidenza aveva dato a Don Bosco un aiutante di prima qualità, con doti eccezionali di carattere, sviluppate poi da una fedeltà eroica.
Chi può valutare l'influsso esercitato dalla scuola lasalliana sull'animo del giovane Michele Rua, già per natura così affine per serietà di impegno, spirito di ordine, metodicità e fede allo spirito della scuola stessa?
Sotto il governo di Don Rua la Società Salesiana assunse uno sviluppo straordinario e dappertutto arrivava il suo Bollettino.
A conclusione di queste note sia lecito allo scrivente di accennare ad una sua reminiscenza.
Una sorella di Don Rua, di nome Adelaide, viveva ad Orio Canavese e a lei io e i miei compagni di scuola portavamo i mazzetti di viole, ricevendone in cambio tante feste e qualche caramella o dolciume.
La scuola elementare maschile, come in tutti i paesi della zona, era affidata ad un prete.
Questi il giorno in cui Don Rua morì ne diede l'annuncio alla scolaresca con grande gravita.
Ricordo ancora il silenzio che ne segui e l'istintivo sguardo che io rivolsi verso la finestra, da cui, sul lontano orizzonte si profilava la punta di Superga e la Mole Antonelliana.
C. T.