Sulla libertà

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Durante la campagna per il referendum sul divorzio tutti i laicisti si sono appellati al diritto della libertà per giustificare le loro tesi, in buona o in mala fede, comunque in modo assai equivoco.

É utile pertanto chiarire il concetto di libertà per dissipare molti equivoci che corrono tuttora in proposito.

L'intelligenza dell'uomo ha per oggetto la verità e raggiunge il suo fine nella conoscenza della verità.

L'intelligenza non è una facoltà libera, ma è determinata dalla verità.

Essa è come l'occhio che non può vedere ciò che vuole, ma vede necessariamente ciò che c'è.

Che se l'intelligenza si rifiutasse di vedere quello che c'è per vedere altro stravolgerebbe se stessa.

La volontà invece è una facoltà libera, ma cieca, ed ha bisogno di essere illuminata dall'intelligenza.

 Oggetto della volontà è il bene indicato dall'intelligenza e quando la volontà raggiunge il bene indicato dall'intelligenza, essa consegue il suo fine ed è libera.

Per questo si dice che la verità fa l'uomo libero.

La verità e il bene non sono per l'uomo un facile possesso, ma il frutto di una faticosa conquista, che si ottiene con l'esercizio della virtù, ed è la virtù che fa l'uomo libero.

Non si dice infatti di un uomo virtuoso che egli è schiavo della virtù, ma si dice invece di un vizioso che è schiavo dei vizi.

Pare impossibile che verità così evidenti siano ignorate.

Ma il fatto è che la passione tende a stravolgere la verità e si arriva persino a conculcare la verità conosciuta.

Ciò che avviene in tal caso nell'animo umano è semplicemente mostruoso.

Non c'è bisogno di esemplificare.

Piuttosto è necessario rimeditare su questa mostruosità, che rende l'uomo disumano, simile a Satana e lo sottrae ad ogni possibilità di redenzione.

« Chi avrà peccato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato ne in questo mondo, ne nell'altro » ha detto il Signore.

Il termine "libertà" è sbandierato ai nostri giorni come non mai e se fosse bene inteso sarebbe una grande conquista, ma purtroppo gli equivoci sono molti.

Non è una libertà quella pretesa dall'anarchico o da chi attenta alle regolari istituzioni, né quella che lede i giusti diritti altrui, o che rifiuta la legge morale in qualsiasi campo.

Questi sono arbitrii e sopraffazioni, questo è cancro dell'organismo sociale, come sono cancro dell'organismo fisiologico quelle cellule che si ribellano alle leggi che regolano la vita fisiologica.

La redazione

Discorso libero … sulla libertà

« La verità vi farà liberi »

Ormai tutti sanno che una potente corrente dell'opinione pubblica rigetta la disciplina istituzionale come attentatrice alla libertà individuale.

Questo si verifica notevolmente nel dominio della sessualità e del matrimonio, come si è visto ampiamente in occasione del referendum.

Ma che cosa dà una libertà senza istituzioni?

Consideriamo un caso esistenziale, banale se si vuole: quello della circolazione urbana.

Sopprimiamo il codice stradale che regolamenta la libera circolazione del cittadini.

Questo sfocia dritto dritto nell'ingorgo, nel caos, nella paralisi. Nessuno circola più.

La libertà giunge ad impedire il movimento, lo spostamento. Conduce all'assurdo.

Così avviene di ogni libertà che diviene distruggitrice, devastatrice, quando è abbandonata all'arbitrio individuale, cioè quando è slegata dalla propria responsabilità.

La libertà non può fare a meno di misure regolamentari che le permettano di realizzarsi, dandole un senso.

L'istituzione aggiornata è, in conclusione, ciò che permette alla libertà di esistere, ciò che permette alla libertà "selvaggia" di cambiarsi in libertà civile.

È ciò che S. Paolo, quasi due millenni fa, insegnava ai Galati: « Siete stati chiamati alla libertà. Che questa libertà, tuttavia, non si tramuti in pretesto di facilità.

Ma, tramite la carità, ponetevi a servizio gli uni degli altri » ( Gal 5,13 ).

* * *

Dio, creandomi, mi ha fissato uno scopo, ha dato un asse alla mia vita, mi ha munito di una "vocazione", vale a dire mi ha rivolto un "appello".

Ma mi ha lasciato totalmente libero di rispondere, di accogliere o di rifiutare.

Dio ha rimesso questa scelta nelle mie mani, perché l'amore forzato non è più amore.

È la scelta di questo amore, che mi fa libero.

L'idea spontanea che ci facciamo della nostra libertà è l'eliminazione di ogni costrizione.

Aspiriamo profondamente a fare "tutto ciò che noi vogliamo": a scegliere, da soli, la nostra condotta, le nostre relazioni, i nostri divertimenti, le nostre occupazioni.

Il giovane vuol essere libero. Lo ha sempre voluto.

Ma oggigiorno questo impulso alla libertà è più spontaneo, più veemente …

Egli è ansioso di battersi per la libertà così come la intende.

Ma di quale libertà si tratta?

Non si riduce talvolta, per dirla con il defunto Prof. Medi, « alla scelta della schiavitù nella quale si desidera vivere? »

« Vogliamo essere liberi da tutto quel groviglio di prescrizioni e divieti che ci perseguitano dappertutto.

A casa e dovunque andiamo.

Dovunque si vada, c'è qualcuno che vuole educarci.

Non si è liberi in nessun posto ».

Ma poi che avrai? Quando sarai libero da Dio, dalla Chiesa, dalla voce della coscienza, da ogni autorità, da ogni forma di ordine, che farai?

Voler essere liberi da qualche cosa, da Dio, dalla Chiesa e da ogni autorità porta l'uomo ad un vuoto sconsolato.

Un vuoto che significa solo decadimento e morte, e in cui precipitano tutte le figure descritte dai romanzieri e dal registi d'oggi.

Questo tipo di libertà ha la sua origine nell'egoismo e impedisce all'uomo di diventare una vera persona.

La vera libertà, invece, è libertà non "da" qualche cosa, ma "di" qualche cosa.

Ossia libertà di essere buoni con gli altri, senza impedimenti.

Autenticamente libero è colui che né il possesso, né la vanità, né la caccia ai successo o alla popolarità possono distogliere dall'essere veramente buono.

Soltanto questa libertà, la vera libertà, fa essere "uomo" l'uomo e lo conduce alla maturità.

Ma questa libertà è irraggiungibile per noi uomini, se restiamo affidati a noi stessi.

Soltanto la fede in Cristo e la comunione in Lui ci consentono di diventare uomini liberi.

La fede compenetrerà la nostra vita, e ogni nostra azione ne sarà illuminata. ( Wesseling - Problema di fede nei giovani ).

Di sfuggita si può affermare che la gioventù attuale - nella sua maggioranza - non ha niente di rivoluzionario ( ci vorrebbe ciò che più le manca: una fede! ).

Questa gioventù è piena di buona volontà, ma anarchica per carenza di principi e di maestri, diffidente malgrado la sua fondamentale docilità.

Si possono rimproverarle obiettivi limitatissimi ( stare bene, sempre meglio, non importa come e senza chiedersi nulla ), ma i suoi maestri, l'atmosfera in cui vive e la sua esperienza non le permettono di credere più in là.

« Il più grande errore della maggior parte dei giovani d'oggi, è il seguente: credono che per divenire "adulti" … basti lasciar fare al tempo, al ciclo vitale; basti crescere.

Occorre, è vero, andare a scuola, seguire corsi di apprendimento, perché ci sono delle cose che bisogna sapere.

Ma tutto questo è limitato ad un piano intellettuale, tecnico.

Per loro non s'impara a vivere: vivere è cosa "naturale".

Non c'è mai stato errore più grossolano; ciò equivale a confondere l'animale con l'uomo ». ( P. Chauchard - Il progresso sessuale ).

« Il più grande pericolo per il giovane è il "si"  ( "si" pensa così, "si" giudica così, "si" fa così … ) che ci viene dai giornali, dal partiti, dalla T.V., dal cinema, dalla propaganda, dai compagni …

Quando ci si lascia travolgere dal "si", la persona diviene impotente.

Il giovane deve dunque allenarsi a giudicare, a pensare con la propria testa.

Deve nutrire una sana diffidenza contro tutte le ricette bell'e fatte, siano esse di natura teorica o pratica.

Egli deve affermarsi nella sua libertà ». ( Romano Guardini ).

« Con un accordo commovente gli educatori più anziani versano oggi delle lacrime di coccodrillo sull'uso che la gioventù fa della libertà.

La gioventù moderna, essi dicono, abusa della libertà, non sa più dominarsi: dopo che i giovani hanno lasciato il collegio o il liceo non c'è più nulla che li guidi.

Per quanto riguarda i monelli della periferia non ne parliamo.

Per loro il lìbertinismo più sfrontato non ha più segreti.

E i ragazzi dell'ambiente borghese?

Gli educatori fanno a gara per indagare le circostanze che trascinano i giovani al male.

Senza dubbio hanno ragione, quando bollano le numerose seduzioni esercitate dal vizio.

Ce ne sono di insidiose.

Il cinema che li attira irresistibilmente e li deforma; i dancings che snervano e scalzano il vero senso dell'amore; le letture audaci e pornografiche che attenuano il senso della famiglia, il rispetto di un ideale.

La radio, la T.V. e tante altre cose!

Tutto ciò è profondamente vero, ma di chi è la colpa?

Ci sono sempre state tentazioni per i giovani e se oggi sono più forti che mai, i giovani sono stati formati per resistere in proporzione al loro attacco?

È facile dire « Non sanno adoperare la loro libertà »!

Sia pure, ma quando e come, negli anni in cui sedevano sui banchi della scuola, sono stati iniziati alle virili esigenze della libertà?

L'educazione alla libertà ( ricordata dal Concilio: G.E. 1 e segg. ) deve cominciare dalla più tenera infanzia: in pratica, a mano a mano che il fanciullo diviene capace di architettare i suoi primi ragionamenti.

Allora bisogna abbandonare l'allevamento proprio del piccolo intelligente e spingere il fanciullo ad agire spontaneamente nel senso del bene.

Tutto il valore morale di un uomo dipende dall'uso che questi sa fare della propria libertà.

Difatti, non si ha formazione di giudizio né formazione atta volontà senza un allenamento parallelo alla libertà ». ( E. Froidure - L'educazione ai valori ).

« Non sarà mai troppo presto per dire al fanciullo, la cui coscienza comincia a destarsi: "Hai fatto bene?", "È male?", "Che ne pensi?".

Trascinati da una deformazione tradizionale o dalla tendenza alle soluzioni facili, sentiamo spesso: "Hai fatto male! Sei in errore!".

Più ci sostituiamo al giudizio del fanciullo, più contribuiamo all'atrofia di questa facoltà …

Non c'è giudizio senza libertà, non c'è sano uso della libertà senza giudizio », ( ìd. pag. 245 ).

« Spieghiamo chiaramente al fanciullo - già prima della cosidetta "età della ragione" - lo scopo, la ragione, il motivo di tutto quello che ci si attende da parte sua.

Cerchiamo poi di sviluppare in lui la fiducia, frutto dell'affetto … della reciproca simpatia.

Dopo la simpatia che condiziona la fiducia, c'è un secondo limite alla libertà, rappresentato dal senso della responsabilità.

Noi aspettiamo per solito che sia troppo tardi per chiedere a un bambino di cominciare ad assumere delle responsabilità …

L'arte consiste nell'esigere abbastanza e non troppo » ( id. ).

* * *

Non c'è libertà senza responsabilità.

Nella sua condizione di "autonomia malgrado la dipendenza" l'uomo è responsabile, perché libero.

Questa concezione di responsabilità include, in partenza, l'idea di un "senso".

A questo bivio divergono:

 - la psicologia spirituale che "intuisce" una finalità.

« Perché è dato all'uomo di essere responsabile? Quale è il "senso" di questa responsabilità? ».

- la psicologia materialista o "psicologismo" dei psicodinamisti, che non riconoscono che l'infrastruttura della vita spirituale, la dinamica affettiva, l'energia istintiva … ( uomo = pupazzo … ).

L'istanza di fronte a cui siamo responsabili è la coscienza; ad una condizione tuttavia: che ci sia un dialogo autentico, non solo un monologo.

Ma che cosa c'è dietro alla coscienza?

« Un'istanza di assoluta struttura personale - "Qualcuno" - e noi non ci vergogneremo di chiamare questa istanza come l'umanità l'ha sempre chiamata: "Dio".

Una possibilità educativa non esiste che per l'uomo che viene "attratto" dai valori, mai per quello che non viene guidato che dagli impulsi. ( A. Correi chiamava questi ultimi : "idioti morali" tanto più pericolosi quanto più sono spesso dotati di una brillante intelligenza ).

La maniera più infantile di esercitare la libertà è di fare il contrario di ciò che viene imposto, di negare tutto ciò che viene affermato, di provare tutto ciò che è vietato.

Ma non è la maniera peggiore di lasciarsi influenzare, quella di prendere di contropiede una influenza, e di conformarsi ad essa per contraddirla punto per punto?

Non è tanto semplice fare ciò che si vuole, perché non è così semplice sapere ciò che si vuole.

Se potessimo vedere per un attimo la specie d'uomo che diventeremo tra vent'anni … saremmo probabilmente guariti da parecchie follie.

Ma se gli uomini s'ingannano sui loro atti, gli atti non ingannano gli uomini: essi li riconducono inevitabilmente alla realtà che si sforzavano di ignorare.

"I nostri atti ci seguono" dice il proverbio.

In realtà, spesso essi ci precedono e ci conducono là dove non vorremmo andare.

Ci si può ribellare contro l'autorità delle persone.

È impossibile sfuggire alla logica della vita.

Essa ci rivela troppo spesso che noi volevamo ciò che allora pretendevamo di volere, e che in realtà volevamo ciò che non volevamo.

L'errore e la menzogna incatenano infallibilmente.

Solo "la verità ci libera".

La prima domanda da fare all'uomo che - molto legittimamente - mette in questione l'obbedienza e il dovere è questa: « A che cosa obbedisci quando ti credi libero?

- Chi in realtà - ti guida quando credi di andare dove vuoi?

É bella cosa essere capace di disobbedire alle leggi, ma sei capace di disobbedire al capricci?

Come già è stato scritto, la nostra indipendenza è sempre relativa.

Non possiamo che scegliere i nostri "maestri" ( cioè il bene o il male ).

La mia libertà - vera - è ciò che mi rende migliore, ciò che mi rende capace di alzarmi fino alla piena giustificazione del mio atto.

Giacché è impossibile sfuggire alle influenze, la nostra libertà si eserciterà scegliendo quelle da cui vogliamo trarre beneficio.

Il cristiano d'oggi non può, se vuole rimanere tale, fare semplicemente tutto ciò che si fa intorno a lui.

Deve imparare ad essere indipendente e "disubbediente".

Non deve conformarsi ai "figli delle tenebre".

Colui che ascolta e segue qualunque "sirena" non può essere discepolo di Cristo.

« Gesù di Nazareth, l'Uomo più libero che sia esistito, non ha mai fatto un segreto della libertà.

Ha annunciato il Vangelo "non superficialmente", ma profondamente, non con debolezza ma con forza, non limitandosi alla morte e al peccato, ma inserendosi nella vita e nella bontà dell'uomo » ( Bonhoeffer ).

È così che la Chiesa deve aprirsi alla scoperta della buona Novella.

Annunciare il Vangelo richiede un immenso disinteresse.

La Chiesa non serve la Chiesa.

Essa è a servizio dell'uomo, perché egli prenda coscienza di sé e possa rispondere così alla Verità e all'Amore che lo chiamano.

Un uomo che non si conosce, al quale è stata tolta la libertà personale, non può rispondere a Dio che lo cerca.

Più noi serviamo la libertà di ognuno, più lo spazio dell'uomo emerge alla luce.

Si può guidare una massa con qualche uomo indottrinato e una buona tecnica di manovra delle masse.

Ma il risveglio spirituale è di un altro ordine.

Oggi, uomini liberi interrogano il Vangelo e si rivolgono alla Chiesa per chiedergliene conto e domandare schiarimenti.

La loro esigenza è la misura di quello che sono diventati.

La loro statura è aumentata, così pure la loro severità.

A uomini liberi possiamo rispondere solo con l'incontro di Cristo, maestro di libertà e di vita per un popolo creativo. ( Feillet - Cristo sei uomo? ).

* * *

Se la libertà è a base di riflessione, se l'uomo deve orientarsi, attraverso tutto ciò che crede di volere ma che non vuole, verso ciò che vuole senza saperlo, nessuno sarà libero se non verrà liberato.

L'educazione è essenzialmente questo - o dovrebbe esserlo - il "parto della libertà.

Ora tutta la vita moderna cospira contro la riflessione e la determinazione personale.

L'uomo vi si riduce a delle funzioni: funzione di riproduzione, funzione di consumo …

Egli viene spinto a lavorare molto per guadagnare denaro, e poi viene spinto a spendere molto per distrarsi di avere lavorato tanto.

Con "humour" la penna sarcastica di Fromm, lo descrive così: « L'uomo necessario alla macchina produttiva e commerciale ragiona così: « Come mi è sempre stato insegnato, non devo rimandare a domani il divertimento che posso prendermi oggi.

Se non rinvio la soddisfazione dei miei desideri, io non ho conflitti né dubbi, lo non sono mai solo con me stesso, perché sono sempre occupato o a lavorare o a divertirmi.

Ne ho bisogno di essere cosciente di me in quanto me stesso, perché sono sempre assorto nel consumare.

Sono un sistema di desideri e di soddisfazioni, lo ho da lavorare per soddisfare i miei desideri e questi stessi desideri sono costantemente stimolati e diretti dalla macchina economica ».

L'uomo robot, l'uomo meccanico …

La caricatura dell'uomo che ha perso l'idea stessa di libertà.

Del gusto della libertà non rimane che una indisciplina astiosa: l'uomo - massa, troppo "perso" per sapere ciò che vuole, e troppo orgoglioso per obbedire.

Ma diviene perfettamente docile non appena ci s'indirizza ai suoi istinti, alla sua sessualità, alla sua paura della solitudine e dell'opinione pubblica, al suo gusto del minimo sforzo.

L'educazione alla riflessione, alla critica chiaroveggente, all'indipendenza di giudizio e di condotta, è ciò di cui la nostra epoca ha maggior bisogno.

« La prima missione della Chiesa è di insegnare.

Ossia di aiutare gli uni a pensare "giustamente", secondo i criteri di pensiero e di vita del Vangelo.

Pochi uomini pensano per conto proprio.

Lasciano ad altri la cura di pensare per loro.

Gesù Cristo non è venuto a salvare degli automi, ma degli esseri umani a cui Egli chiede il loro consenso.

Tra coloro che pensano, ve ne sono relativamente pochi che pensano giustamente.

È diventato banale dire che viviamo nella confusione dei valori.

E coloro che sanno vivere non sono talmente numerosi.

Perfino, non si sa più che cosa è la vita.

È per vivere che siamo stati creati, e per vivere da uomini liberi e responsabili, in una maniera personale e non come degli esseri anonimi.

Questo suppone che ciascuno diventi innanzitutto padrone di sé, nella sottomissione alle esigenze del ritmo della vita.

Per scoprire il suo pieno equilibrio, occorre che il cristiano accetti - con tutto ciò che questo suppone - di lasciarsi amare da Dio.

È una scoperta che non si esaurisce mai.

Non sono tanto gli psicoterapeuti quelli che aiuteranno l'uomo moderno a guarire nel suo equilibrio.

Ma il ritorno alla sapienza biblica: "la verità vi farà liberi!". ( Elchinger )

Fr. Joseph Clémence