Seminario reg. di studio del Catechismo dei fanciulli Vol. 2° |
B197-A4
« Venite con me » è il titolo del secondo volume del Catechismo dei fanciulli, firmato dai Vescovi italiani, a cui l'Ufficio Catechistico Regionale Piemontese ha dedicato tre giorni di studio ( 9-15 settembre 1975 ) al « Centro La Salle » dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Torino.
Sono state giornate dense d'incontri sia a livello d'assemblea che di gruppo di studio, nelle quali i centonovanta partecipanti ( catechisti, sacerdoti, suore, religiosi … delle diocesi piemontesi ) hanno dimostrato serietà e serenità, nonostante le inevitabili critiche o riserve alle quali si espone una novità allorché viene presentata, affrontando i vari problemi con molto equilibrio e carità.
I temi presentati nelle relazioni e poi discussi erano:
- « Struttura generale del CDF/2 » a cura di don Mario Filippi;
- « Le articolazioni del CDF/2 » a cura di suor M. Luisa Mazzarello;
- « A che fanciullo parla il CDF/2 » a cura di don Carrù;
- « La vita cristiana nel CDF/2: Seguire Gesù a c. di p. Grasso;
- « L'iniziativa liturgica nel CDF/2 » a cura di don Mosso;
- « Come usare il CDF/2: Venite a me » a cura di don Costa.
Animatore e sostenitore del convegno: Don Reviglio, direttore dell'Ufficio Catechistico di Torino.
Furono presenti anche S.E. Mons. Giuseppe Almici, Vescovo di Alessandria e S.E. Mons. Livio Maritano, Vescovo Ausiliare di Torino che presiedette la concelebrazione dell'ultimo giorno.
Ecco ora alcuni cenni sui temi affrontati durante il Convegno.
- Nel suo intervento don Mario Filippi, del Centro Catechistico Salesiano, ha dato uno sguardo agli elementi essenziali del testo: la struttura, l'impianto e le scelte di fondo.
Dopo una premessa sui catechismi e i movimenti catechistici in Italia, sorti e in via di sviluppo grazie al documento sul « Rinnovamento della catechesi », si è fermato a considerare il perché di questo secondo volume indirizzato ai fanciulli di 8-10 anni.
Secondo volume - ha affermato - che coincide con il secondo momento della crescita globale del fanciullo e che presenta un aspetto di continuità e novità ( per gli approfondimenti e le nuove mete sacramentali ) rispetto al momento precedente.
Infatti « ciascun momento ha un significato ed una sua originalità in se stesso, ma viene ripreso e come ricapitolato in una esperienza umana e religiosa-ecclesiale più ampia e profonda nel "momento" successivo.
Questo secondo volume si riferisce al momento di una specifica formazione della coscienza cristiana, intesa non solo come coscienza morale ma, in senso più pieno, come coscienza ecclesiale: come vita battesimale ed eucaristica, impegno di continua conversione al Signore, servizio della carità ».
In questo secondo volume don Filippi rileva tre livelli, distinti fra loro, ma confluenti in un unico discorso:
Articolato in 11 unità o capitoli, i quali a loro volta si suddividono in sottotitoli corrispondenti, più o meno, agli incontri catechistici.
Il primo capitolo funge da Prologo e traccia le linee di tutto il cammino catechistico; dal 2° al 6° capitolo il discorso è centrato su Cristo; la seconda parte ( cap. da 7 a 11 ) presenta la vita della Chiesa, come continuazione di quella di Cristo, che salva l'uomo dal peccato e lo rinnova con il dono dello Spirito.
Nella prima parte della struttura letteraria e catechistica del testo emerge una linea narrativa « che procede quasi come una "lectio continua" del Vangelo, che utilizza i testi stessi della rivelazione neotestamentaria; mentre nella seconda si nota una linea liturgico-ecclesiale ».
Il discorso catechistico però, dall'inizio alla fine, percorre variamente tre aree:
1) la parola di Dio;
2) la vita della Chiesa;
3) l'esperienza del fanciullo.
Per quanto riguarda il linguaggio - ha continuato don Filippi - il CDF/2 privilegia il linguaggio kerigmatico ( = di annuncio ), di fede più che di vita quotidiana.
Pur accennando e quasi « strumentalizzando » la vita del fanciullo e le sue esperienze il catechismo vuol essere un libro della fede, con tutti i vantaggi, gli svantaggi e le obbiezioni che questa scelta può comportare.
Anche se la moderna catechesi è d'accordo nell'affermare che l'apprendimento a memoria non è certamente il suo primo scopo riconosce i valori di una sana e realistica pedagogia che attribuisce importanza al ruolo della memoria in questa età per l'apprendimento della fede.
Di fronte a queste istanze il CDF/2 presenta, nella sua struttura, delle formule ricavandole anche dalla Bibbia e dalla Liturgia senza escludere quelle propriamente dottrinali.
Sono una chiave di lettura, in mano agli educatori, « per enucleare le linee di fondo di ciascuna unità, per cogliere la struttura, il movimento, il procedimento catechistico ».
Il rapporto che vogliono creare tra fanciulli e comunità fa sì che esse siano anche rivolte ai genitori, ai sacerdoti, a tutti i membri della comunità … intessando un cammino catecumenale utile alla maturazione della fede del fanciullo e ad una riscoperta dell'identità della comunità.
Pur valutando positivamente questi documenti di tipo biblico, storico o liturgico don Filippi ha osservato come la loro natura sia prevalentemente « culturale » riguardante il passato e si è chiesto se forse non era bene accostare ad essi dei documenti più « strettamente rapportati alla Chiesa contemporanea e all'esperienza dei cristiani nel mondo ».
« Questi documenti - infatti - avrebbero anche potuto costituire l'avvio ad un discorso più concreto ed esistenziale specialmente nell'ambito della scuola e della famiglia.
E soprattutto avrebbero potuto bilanciare e dosare con più equilibrio il rapporto tra kerigma ed esperienza umana, tra parola di Dio e vita quotidiana, che sembra essere uno dei punti deboli del CDF/2 ».
Don Filippi ha poi concluso parlando delle scelte di fondo del CDF/2.
« Questo secondo momento - ha affermato - si rivolge ad un fanciullo che sta maturando una certa capacità di stare insieme.
Le categorie fondamentali che il catechismo sottolinea in questo momento sono: la solidarietà, la comunione, la riconciliazione, il sacrificio ».
Il motivo unificante è la sequela Christi.
La vita cristiana vista come dialogo tra uomo e Dio, come proposta-risposta:
- a livello personale: il progetto di Dio che mi chiama e mi conosce per nome ( 1a 'unità );
- a livello comunitario: chiamata di un popolo ( = alleanza 2a unità ); chiamata a far parte della Chiesa ( 8a unità ) attraverso il Battesimo ( 9a unità );
- a livello morale: vita cristiana come risposta, discepolato e sequela Christi ( soprattutto il 5° capitolo );
- a livello liturgico: la chiamata e la partecipazione all'Eucaristia ( 7a unità ) come segno e attualizzazione della chiamata alla festa nella casa del Padre ( 11a unita ).
Don Filippi ha concluso la sua realizzazione accennando ad alcuni tratti di quello che avrebbe dovuto essere il discorso su « L'opzione biblica del CDF/2 ».
I partecipanti al seminarlo durante una relazione
Suor Maria Luisa Mazzarello - docente di Metodologia catechistica alla Pontificia Facoltà di Scienze dell'educazione delle F.M.A. di Torino - nella sua relazione ha sottolineato come la presenza dei tre livelli, già segnalati da don Filippi, siano un'originalità metodologico-didattica del testo.
A riguardo di questo procedimento ha affermato che « la provocazione esperienziale costituisce il punto di partenza di ogni capitolo ed è ripresa all'interno della catechesi ».
Tenendo presente la meta globale del CDF/2, cioè la sequela Christi nella comunità cristiana, si nota come l'armonia costituita dall'unione del "vissuto" con lo "stare insieme" funge da punto di partenza; anche se il momento esperienziale non è sempre evidenziato completamente ( cfr. capp. 1-2-4-8 ).
Il discorso catechistico illumina a sua volta, con la Parola di Dio e l'esperienza liturgica, il « vissuto » inquadrandolo nella proposta educativa del « vivere insieme » alla sequela di Cristo.
Pur non riuscendo a trovare in ogni capitolo un procedimento didattico unitario alla luce del binomio kerigma-esperienza suor Mazzarello ha rilevato una linea biblica, una liturgica e una catechistica che alle volte sono convergenti ( capp. 2-5 ) o parallele ( cap. 7 ) per poi incontrarsi in un discorso unitario di chiamata-risposta.
Suor Maria ha fatto notare, infine, come i documenti « fuori testo » sono di carattere biblico nella prima parte del catechismo e presentano i personaggi o gli avvenimenti più importanti dell'Antico Testamento, nei quali il fanciullo dovrà sottolineare l'atteggiamento degli uomini e l'azione di Dio; mentre la seconda parte si sofferma sull'educazione liturgica e la cultura in genere.
L'ipotesi di lavoro del catechismo - ha affermato don Gianni Carrù, all'inizio della sua relazione - suppone che gli estensori del testo tengano presente:
- le caratteristiche del fanciullo;
- le esperienze umane indicative;
- l'orientamento terminale ( = il fine da raggiungere );
verificabili, a loro volta, da chi esamina il testo.
Per conoscere il tipo di fanciullo presupposto dobbiamo considerare i vari « universi » ( = momenti che caratterizzano la vita del fanciullo ), che attraversa nella fanciullezza:
- 0-3 anni, universo pre-verbale;
- 3-5 anni, universo magico, il bambino distingue le cose e le persone;
- 6-9 anni, ha le prime socializzazioni, vede positivamente il mondo, si interroga e vuole sapere;
- 10-12 anni è il periodo dell'infanzia adulta;
- 13-14 anni è il periodo della pubertà e del narcisismo.
Come risulta da questo schema il fanciullo del periodo 8-10 anni va socializzandosi, quindi l'educatore deve indirizzarlo verso le dovute esperienze e crisi del suo « universo », inserendolo in situazioni concrete per stabilire dei rapporti, con la realtà, che lo portino a chiedersi ciò che deve fare ( orientamento terminale ).
Il cammino da percorrere è dunque un cammino in cui il catechista ascolta, scopre … con il fanciullo, vero soggetto della catechesi.
Il fanciullo, infatti, oltre all'intuizioni che può avere circa i valori cristiani ( = bene e male ), impara il « come vivere » del cristiano dagli adulti, all'interno della comunità.
Ecco la necessità, dunque, di far scoprire ( o meglio di scoprire insieme ) Cristo nella vita di ogni giorno, nell'ambiente « quotidiano » ( anche se il CDF/2 lo sottolinea poco in quanto preferisce partire per lo più dalla Bibbia ), con il quale il fanciullo si pone in relazione ( discorso psico-sociologico ).
Questa « relazione » costituisce, dunque, la nuova categoria che contraddistingue il fanciullo del CDF/2.
Padre Grasso ( O.P. ) nella premessa alla sua relazione ha affermato come un rapido confronto fra il CDF/1 e il CDF/2 riveli uno spazio più ampio lasciato alla dimensione morale dal CDF/2, consono d'altronde all'arco dell'età che esso abbraccia ( 8-10 a. ).
La dimensione morale del CDF/2 percorre tutto il catechismo e lo fa secondo lo stile dell'evangelo, in cui essa si identifica con la « sequela Christi ».
Dopo aver parlato della morale cristiana come « sequela Christi », il relatore è passato a considerarla all'interno della struttura del CDF/2.
In essa ha rilevato che: il cristiano percorre una strada che è Cristo e per poterla percorrere deve continuamente conoscerla ( in senso biblico: conoscere = fare l'esperienza di … ).
Un gruppo di studio
I contenuti essenziali di tale sequela, che costituiscono il cosiddetto « specifico del cristiano », sono la Proclamazione ( solo il Signore, il Padre, è Dio ) e il Riconoscimento ( del volto di Cristo nella storia, negli uomini, nella realtà, … ).
Nel CDF l'aspetto morale, se inteso come sequela, diventa, inoltre, predominante a partire dal titolo: « Venite con me » e, in diagonale, lo attraversa tutto accentuandosi al capitolo 5; « Maestro che devo fare? » ( ma solo se « morale » assume il senso di « norme per l'agire ».
Senso, come abbiamo visto, forse troppo restrittivo ).
Diluendosi nei capitoli più chiaramente centrati sulla Chiesa ( capp. 8-9 ).
Concludendo possiamo affermare che la Proclamazione e il Riconoscimento sono presenti nel CDF/2 o come richiami diretti e indiretti o come « leit motiv » dell'insieme.
Inoltre si riscontra nel CDF/2 una « sacramentalità diffusa » che allontana il pericolo del giuridismo ( = il culto fine a se stesso ), in quanto il modo di entrare nella realtà sacramentale passa attraverso la vita e non immediatamente col gesto rituale.
Di rilievo è ancora il tema della strada, molto usato, che rappresenta la vita in Cristo come qualcosa di mobile, di peregrinante.
Tenendo presente, infine, lo stile di « educazione alla fede » che passa attraverso la vita dell'educatore e della comunità cristiana, è lecito considerare come l'educazione etica ( che fuoriesce dai compiti del catechista ) « impegna l'intera comunità educatrice, da cui deriva l'esigenza di luoghi educativi alternativi ( oltre la scuola e la famiglia ) ».
Don Domenico Mosso ha iniziato la sua relazione intendendo l'iniziazione liturgica come tutta la vita di preghiera della comunità cristiana.
Le celebrazioni sacramentali ne sono i momenti maggiori, ma acquistano tutto il loro significato solo se non isolate ma armonicamente inserite in un contesto che le prepara, le sostiene, ne mantiene vivi e ne sviluppa i significati e i valori.
A questo proposito il merito del CDF/2 sta nel fatto che la proposta educativa-formativa è molto unitaria; anche se difficile sarà attuarla, spesso per mancanza di condizioni ambientali di base …
Tutta l'impostazione del CDF/2 non mira, infatti, ad un « apprendimento di nozioni » ma all'iniziazione alla vita della comunità cristiana.
L'apprendimento del fanciullo diventa, quindi, presa di coscienza sui motivi e sui valori delle esperienze che vive con la comunità, che diventa così centro d'interesse della catechesi.
Questo vale a maggiore ragione per la liturgia, intesa come prassi ( = fare, operare … ), e per « l'iniziazione liturgica » che vuoi dire, appunto, imparare a partecipare coscientemente e attivamente alla liturgia della Chiesa.
Si pone qui il problema di una maggior continuità tra catechesi vera e propria e celebrazioni corrispondenti.
Non solo celebrazioni per i fanciulli ma anche le normali celebrazioni della comunità, nelle quali i fanciulli potranno verificare e applicare le cose imparate al catechismo; traendo, inoltre, vantaggio dal « veder fare » degli adulti.
L'annuncio dei sacramenti accolto nella catechesi diventerà poi celebrazione del mistero di Cristo.
Celebrazioni che nascono dal saper trasformare in preghiera le cose sentite e imparate.
È utile, a questo proposito, avere una vasta gamma di preghiere o modi di pregare:
- preghiera come ascolto della Parola di Dio.
Letture, continui richiami alla Bibbia: fondamentale preparazione ed educazione alla liturgia della Parola;
- pregare con i gesti ( ad esempio: il segno della croce ).
Partecipazione di tutto l'essere alla preghiera.
Elemento di continuità fra preghiera privata e preghiera « comune ecclesiale » ( ancora con l'esempio di prima: sia a casa che in Chiesa iniziarne la preghiera con il segno della croce ).
Il CDF/2 nel presentare esempi di questo genere si dimostra, purtroppo, un po' avaro;
- pregare con i salmi.
Costituisce un primo accostamento a questa preghiera che assimila anche i temi catechistici, ( cfr. pag. 25 del CDF/2: il Magnificat );
- la preghiera con formule tradizionali, senza però usarle come « formule magiche » ma « re-inventandole ».
È importante sottolineare il valore intrinseco di queste preghiere tralasciando di applicarle a motivi di intercessione ( il « Padre nostro », per esempio, è già una preghiera di per sé, con lode, domanda … si tratta di recitarla scoprendo queste componenti );
- la preghiera personale, nella quale il fanciullo possa esprimersi in modo libero e spontaneo partendo dalle esperienze che fa.
Don Mosso ha poi sottolineato lo stretto legame fra catechesi e liturgia.
Il piano del catechismo segue, infatti, molto opportunamente lo svolgersi dell'anno liturgico.
Vi è nella catechesi un continuo richiamo alle feste e celebrazioni che si svolgono in Chiesa, da valorizzare come momenti educativi; fra queste il CDF/2 insiste molto sulla domenica, anche se viene spontaneo chiedersi se il modello « domenicale » del catechismo corrisponde alla realtà delle nostre parrocchie!
Il CDF/2 inoltre offre continui richiami a momenti rituali e testi eucologici ( = di preghiera ) della liturgia domenicale: aggancio tra catechesi e formazione permanente attraverso la pratica domenicale.
Aggancio utile anche per i ragazzi che hanno finito il catechismo: questi richiami attraverso la liturgia contribuiranno a mantenere viva la loro vita cristiana.
Serviranno anche, uniti a frasi che riecheggiano i testi liturgici, per un assimilamento della Parola di Dio, che dovrebbe diventare sempre più nostra parola, cioè « Parola nelle nostre parole ».
Un ultimo punto del collegamento fra catechesi e liturgia don Mosso lo fissa a riguardo delle celebrazioni « domestiche » o di gruppo.
Celebrazioni che il relatore addita come tramite fra la catechesi-lezione e la liturgia parrocchiale; tanto più valide quanto più è intensa la partecipazione dei fanciulli, se sperimentano, così, ciò che hanno appreso.
Analizzando ancora l'iniziazione liturgica il relatore ha dato particolare rilievo al capitolo 8 del catechismo: « Credo la Chiesa ».
La liturgia, infatti, esiste in quanto è espressione della preghiera della comunità e il fanciullo deve scoprire la sua comunità, la sua Chiesa locale o meglio le persone della sua parrocchia, che con lui « fanno la Chiesa ».
Altro elemento importante è costituito dal fatto che nella Chiesa ognuno ha il suo compito da svolgere: fondamento, questo, della partecipazione attiva alla liturgia.
Partecipazione che i sacerdoti o chi per loro devono promuovere nelle assemblee liturgiche.
Don Mosso ha concluso valutando positivamente la presentazione, che il CDF/2 fa della Eucaristia, della Penitenza, della figura di Maria e del mistero pasquale.
Punto problematico dell'« impostazione liturgica » del CDF/2 è costituito dal fatto che il catechismo, per quanto riguarda il momento e l'ordine in cui si ricevono ordinariamente i diversi sacramenti ( battesimo, penitenza, eucaristia, confermazione ), parte realisticamente dalla situazione attuale.
Facendo così, tale situazione risulta di fatto implicitamente ribadita, riconosciuta come buona e opportuna, eretta quasi a principio, in contrasto, quindi, con la presentazione teologica dei sacramenti dell'iniziazione.
Come premesse al discorso sull'uso del CDF/2 don Michi Costa, della parrocchia S. Francesco da Paola di Torino, ha esposto alcune certezze acquisite dopo un anno di sperimentazione del CDF/1:
1) Alcuni SI ed alcuni NO
- SI al piccolo gruppo ( 4-6 fanciulli ), meglio se in casa, NO alla classe di 15-25 alunni;
- SI alla partecipazione dei genitori, No alla de-responsabilizzazione dei genitori ( errato giustificarli solo perché mandano i figli );
- SI alle riunioni dei genitori ( 4-6 famiglie ) protagonisti di un cammino di fede parallelo ai fanciulli, NO alle riunioni oceaniche per ascoltare una predica.
2) Coinvolgere la comunità.
Il cammino di fede, infatti, viene percorso dai fanciulli con le loro famiglie nella comunità.
Essa va quindi tenuta al corrente dei modi e dei tempi della catechesi usufruendo, anche, delle celebrazioni liturgiche, delle « pagine della comunità », del catechismo fatto circolare fra fanciulli-genitori-fedeli.
Inoltre don Costa considerando il CDF/2 ha tirato queste conseguenze:
- il cammino di fede esiste se c'è la comunità catechistica mirante ad iniziare alla fede e non ai sacramenti.
Si tratta di puntare ad una maturazione della fede senza finalizzare o iniziare il catechismo in vista della prima Comunione;
- la catechista non è una « maestra » ma una « mamma » che cammina con il gruppo e camminando maturerà o ri-scoprirà ella stessa la sua fede.
Lo stesso vale per i gruppi dei genitori;
- sotto questa luce è considerato come luogo della catechesi la vita e non l'aula o il momento del catechismo.
Risultano, quindi, componenti importanti: la famiglia, il gruppo, la comunità dove si vive.
La catechesi inoltre, abbraccerà tutte quelle iniziative che sviluppano la fede del fanciullo nella comunità ecclesiale ( ritiri, celebrazioni, lavori o impegni di gruppo … ).
Il relatore ha poi esposto un piano, per l'uso del CDF/2, che si articola in quattro anni e si avvale per i primi due anni del CDF/1.
È giusto riconoscere i validi apporti dei relatori di questo convegno e ringraziare chi lo ha organizzato.
Però non possiamo nascondere qualche perplessità a riguardo delle numerose parole che si sono dette.
Perplessità che non nascono da diffidenza o prevenzioni e neanche da mancanza di fiducia sulla serietà delle relazioni ma dalla « realtà quotidiana » in cui sono coinvolte le nostre parrocchie.
Sia per le parrocchie di città, sia per quelle dei paesi, credo che la difficoltà maggiore sia la stessa: trasformare in azione le prospettive accarezzate nel convegno.
E non credo neanche che questa difficoltà verrà superata molto facilmente.
Parecchie infatti sono le barriere da superare:
diffidenza delle famiglie ( ancora sotto l'effetto di una certa mentalità ) verso la Chiesa e le sue innovazioni;
carenza di sacerdoti;
parrocchie ad alta densità di popolazione o con un livello culturale molto basso;
il « reclutamento » e la formazione dei catechisti ( adulti o giovani )
in numero e qualità sufficiente per formare quei tanto auspicati « piccoli gruppi » da inserire in un cammino di fede; ecc. …
I fanciulli, forse gli unici pronti e disposti ad adattarsi a qualsiasi « formula », giocano involontariamente il ruolo di protagonisti e di vittime, al tempo stesso, di uno movimento che è in evoluzione, in ricerca e, come tale, vive la provvisorietà tipica di ogni momento di transizione.
In questa situazione per molte parrocchie la soluzione ( o meglio: i primi avvii per una soluzione ) non sta nel voler cambiare di colpo tutto, sarebbe materialmente impossibile ma nell'accettare questo discorso, nel rompere i propri schemi e lasciar passare almeno un filo di quest'aria nuova, iniziando a farla respirare a tutta la comunità, in modo da gettare le basi per un futuro, che si potrà anche rivelare molto vicino una volta fatto questo passo.
Infatti « perché il Catechismo dei fanciulli abbia il suo vero significato, occorre collocarlo nel vivo della esperienza ecclesiale.
Ci si deve rendere conto insieme delle reali situazioni locali.
Ed è necessario risvegliare i ministeri e i carismi di tutta la comunità cristiana, perché assuma il suo ruolo insostituibile e si renda capace di operare scelte catechistiche concrete ( … ) ». ( E. Caporello, in « Via Verità e Vita », n. 48 ).
Pisanu Nicolo, F.S.C.