Santità laica |
B197-A5
Il termine « laico » che in origine significa solamente « non sacerdote » e cioè membro comune del popolo cristiano, soldato semplice nell'esercito di Dio, sta acquistando un significato di opposizione al « sacro » e di agnosticismo religioso, se non addirittura di avversione alla Chiesa.
Il grosso della stampa ostenta puntigliosamente la sua distinzione dal cristianesimo, tutti i partiti politici, eccetto uno solo, insistono sul loro carattere laicistico e se in ogni altra questione sono profondamente divisi tra di loro, fanno tutti fronte comune quando si tratta di affermare la loro assoluta estraneità a tutto ciò che è trascendentale.
Si tende a confondere laicità con laicismo, stabilendo un equivoco che disorienta la mentalità popolare: la religione è affare di preti e di monache; chi gli interessa vada in chiesa, ma fuori di lì la religione non deve avere alcuna influenza.
È un modo di combattere la religione senza volerlo ammettere, anzi pretendendo di affermare la libertà.
Pretendere di rispettare la fede religiosa impedendole di animare la vita sociale con i suoi insegnamenti è come volere che un animale viva impedendo al suo cuore di funzionare.
Ebbene, proprio in questo clima laicistico sta fiorendo come non mai la santità dei laici.
Non è che in passato siano mancati dei semplici fedeli che abbiano esercitato la virtù in grado eroico.
Ecco per esempio ciò che riferisce il Martirologio Romano sotto la data del 20 dicembre:
« In Alessandria i santi soldati martiri Ammone, Zenone, Tolomeo, Ingene e Teofilo; i quali assistendo ai tribunali si studiavano col volto, con gli occhi e con i cenni di animare un cristiano che, posto nei tormenti, paventava ed era già quasi inclinato a rinnegare Cristo.
Ed essendosi perciò sollevato un grido di tutto il popolo contro di loro, essi, slanciandosi nel mezzo confessarono di essere cristiani ».
E naturalmente furono passati per le armi.
I primi secoli della Chiesa sono caratterizzati dai martiri: tutti i santi all'onore degli altari sono dei martiri, che appartengono a tutte le categorie sociali.
Nei secoli successivi la santità fiorisce particolarmente tra il clero ed i religiosi, e questo è naturale.
Ai nostri giorni, abbiamo veduto sorgere delle figure gigantesco, come D. Bosco, il Curato d'Ars, S. Teresa di Lisieux, ecc.
Ma accanto a questi ecco emergere dei santi laici, viventi nel secolo e appartenenti alle più disparate condizioni sociali, quasi un messaggio della provvidenza divina, a testimoniare che tutto il mondo è ordinato a Gesù Cristo, che dovunque lo si può e si deve servire e che tutte le cose « sono scala al suo Fattor, chi ben le estima ».
« Il mondo, la vita e la morte, le cose presenti come le future, tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio » ( 1 Cor 3,22-23 ) dice S. Paolo rivolgendosi al popolo di Dio che è in Corinto.
È compito specifico dei laici la consacrazione del mondo con l'orientamento di tutto verso le finalità ultime, nel rispetto della gerarchia dei valori e dei fini specifici di ciascuna cosa: questa consapevolezza, maturata particolarmente oggi, trova una conferma, nell'azione incessante dello Spirito Santo, il quale distribuisce i suoi carismi secondo le necessità della Chiesa.
In questi giorni le competenti Congregazioni Romane hanno emesso i decreti per il riconoscimento della eroicità delle virtù del Servo di Dio Bartolo Longo, e la validità dei miracoli proposti per la beatificazione del Servo di Dio Giuseppe Moscati.
Bartolo Longo era sposato ed esercitava la professione forense.
Egli è il fondatore del santuario della Madonna di Pompei e degli annessi collegi per i figli dei carcerati.
La professione di avvocato l'aveva messo a contatto con la miseria di tanti innocenti, su cui la società faceva pesare la colpa dei genitori ed egli, uomo di viva fede e di ardente carità, volle offrir loro una nuova famiglia in cui risplendesse il sorriso materno della Vergine Maria.
Giuseppe Moscati era medico e nell'esercizio della sua professione rifulse, per tutte le virtù.
Egli era celibe e napoletano.
Bartolo Longo e Giuseppe Moscati vanno ad aumentare la schiera dei santi laici, vissuti nel secolo e che nell'esercizio delle attività secolari hanno raggiunto un alto grado di santità.
Ne ricordiamo alcuni, fra i più celebri, anche se non di tutti è ancora conclusa la causa di beatificazione:
Contardo Ferrini, professore di diritto romano all'Università di Pavia, già beatificato da Pio XI.
Egli era vissuto celibe per potersi dedicare totalmente agli studi giuridici ed era riconosciuto universalmente il primo romanista d'Italia ai suoi tempi.
La principessa Clotilde di Savoia, figlia del re Vittorio Emanuele II e vedova del principe Bonaparte, al quale la ragion politica l'aveva sacrificata.
Francesco Faà di Bruno, ufficiale dell'esercito sardo e combattente alla battaglia di Novara; scienziato noto in tutto il mondo per i suoi studi e le sue pubblicazioni sull'astronomia, la matematica infinitesimale e le scienze fisiche; insegnante universitario; architetto geniale e fondatore di quel complesso di opere per la difesa e l'elevazione della donna, opera sociale di primo ordine, che va sotto il nome di Conservatorio del Suffragio.
È vero che a cinquant'anni passati, cedendo alle insistenze di molti, si fece ordinare sacerdote, ma ciò che più lo caratterizza è la sua attività da laico nel secolo.
Paolo Pio Perazzo, capo-ufficio alle Ferrovie dello Stato, presso la stazione di Porta Nuova a Torino, dove si prodigò in un lavoro intelligente e assiduo che non conosceva orari e comprendeva anche la domenica mattina.
Egli è l'iniziatore di quell'opera che va sotto il nome di « Adorazione quotidiana universale perpetua a Gesù Sacramentato » e che ha sede nella chiesa di S. Tommaso a Torino, che il Perazzo frequentava, godendo anche dell'amicizia di Fra Leopoldo.