L'Anno Santo e i Santi |
B198-A2
La celebrazione dell'Anno Santo 1975 è stata resa particolarmente solenne da sei canonizzazioni e tredici beatificazioni di servi di Dio.
Essi vanno ad aggiungersi alla innumerevole schiera degli eroi della vita cristiana che lungo i secoli la Chiesa ha proposto all'esempio dei fedeli e che dimostra come la santità sia una realtà assai diffusa nella Chiesa, in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in tutte le circostanze, anzi assai più diffusa di quanto si pensi, giacché sia ben chiaro che i cristiani dichiarati santi dalla Chiesa sono soltanto quelli che la Provvidenza di Dio, nei suoi disegni imperscrutabili, ha voluto fare portatori di un messaggio particolare e propone alla comune imitazione, ma che gli eroi della virtù sono immensamente più numerosi e saranno rivelati solo alla fine dei tempi.
L'onore reso dalla Chiesa ad alcuni suoi figli è un onore reso alla virtù e ridonda su tutti coloro che in qualunque misura si sforzano di praticarla, anche se ignoti a tutti ed anche a se stessi; è un incoraggiamento a fare il bene, nonostante le difficoltà della vita: « se questi e queste, perché non io? » si chiedeva S. Agostino; è infine un potente aiuto che l'intercessione di tanti amici di Dio ottiene agli uomini viatori.
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La prima beatificazione del Giubileo 1975 è stata quella di Eugenia Milleret de Brou, fondatrice delle Suore dell'Assunzione, che venne celebrata il 9 febbraio 1975.
Nata a Metz nel 1817 da un padre volterriano e da una madre di deboli convinzioni religiose, Anna Eugenia Milleret ebbe molto a soffrire nella sua adolescenza per la totale mancanza di spiritualità nel suo ambiente, e inoltre per molti lutti, fra cui la perdita della madre, e per la rovina economica della famiglia.
Rimasta sola a 15 anni, ospite di parenti agnostici, cadde in una grave crisi di solitudine e di tristezza.
Furono le prediche quaresimali del P. Lacordaire a Notre Dame che la illuminarono, le diedero il senso della vita e suscitarono nella sua anima ardente un grande amore per la Chiesa, con il desiderio di dedicarsi totalmente ad un apostolato sociale, aderente alle necessità dei tempi nuovi, sull'esempio di Montalambert, Ozanam, Veuillot.
La provvidenza divina, che aveva dei grandi disegni su di lei, le fece incontrare l'Abate d'Alzon, fondatore dei Padri dell'Assunzione, e sotto la sua guida divenne essa stessa fondatrice di una Congregazione di Suore dedicata a N, S. dell'Assunzione, i cui membri devono attendere alla contemplazione e all'educazione della gioventù, attingendo dalla vita contemplativa l'efficacia dell'opera educativa.
Come tutte le opere di Dio anche l'opera della Milleret ebbe all'inizio dei gravi contrasti, ma li superò tutti e attualmente è stabilita, oltre che in Francia, nell'Africa del Sud, in Inghilterra, in Spagna, in Italia e perfino nell'Oceania e nelle Filippine.
L'Istituto conta circa milleottocento membri, ed è un richiamo alla vita interiore specialmente per coloro che attendono all'apostolato educativo.
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Il 27 Aprile fu beatificato il ven. Cesare De Bus, del quale abbiamo dato notizia nel nostro Bollettino n. 2 Aprile-Giugno 1975.
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Il 25 Maggio furono canonizzati Giovanni Battista della Concezione, riformatore; dell'Ordine della SS. Trinità e Vincenza Maria Lopez y Vicuna, fondatrice delle Religiose di Maria Immacolata.
La canonizzazione dei santi, a parte il lungo e difficile itinerario delle relative cause, svolte con somma prudenza, è una definizione "ex cathedra" del Sommo Pontefice, che impegna la sua infallibilità.
San Giovanni Battista della Concezione, monaco dell'Ordine della SS. Trinità, fondato da S. Giovanni de Matha per il riscatto degli schiavi cristiani, nacque ad Almodovar nella Spagna e visse dal 1561 al 1613, epoca di riforme e di rinnovamento spirituale promosso dal Concilio di Trento.
A lui si deve la riforma del suo Ordine, ottenuta a prezzo di molti sacrifici, preghiere ed eroica fedeltà alle Regole.
Il papa Paolo VI nel suo discorso celebrativo ricordò che Almodovar diede anche i natali ad un altro Santo, S. Giovanni di Avila, e che pure S. Teresa di Avila, la grande riformatrice del Carmelo, vi ebbe ospitalità, presso la famiglia di S. Giovanni Battista della Concezione.
Ambiente, dunque, saturo di santità.
È appunto la santità il segreto di tutte le riforme ed i rinnovamenti spirituali: « Un determinato periodo della Chiesa non può caratterizzarsi come epoca di autentica e fruttuosa riforma se non produce una costellazione di santi » dice Paolo IV.
Santa Vincenzo Maria Lopez y Vicuna nacque a Cascante ( Navarra ) nel 1847 e morì agli inizi del presente secolo.
Cresciuta in una famiglia profondamente religiosa si diede fin da giovane all'esercizio della carità e sentì presto la chiamata alla vita religiosa.
Le sue inclinazioni naturali la orientavano verso la vita contemplativa, ma le necessità dei poveri chiedevano la sua dedizione.
In un corso di esercizi spirituali alla ricerca della volontà di Dio essa riconobbe di essere chiamata ad una vocazione speciale: l'assistenza alle ragazze povere, in cerca di lavoro domestico, esposte a tante miserie, per le quali aveva già tanto lavorato fino a quel momento.
Affrontò l'impegno con larghezza di vedute e sviluppò un'azione analoga a quella che contemporaneamente compiva a Torino Francesco Faà di Bruno con il Conservatorio di S. Zita.
Il bisogno era grande ed esigeva l'impegno di persone ad esso consacrate, e la Santa, che ne aveva piena consapevolezza, vi provvide, con la grazia di Dio, fondando una nuova famiglia religiosa: la Congregazione di Maria Immacolata, che rappresentò e rappresenta tuttora la salvezza di tante giovani povere, la loro elevazione spirituale, e la loro promozione sociale.
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Il 6 Luglio ebbe luogo la cerimonia della beatificazione di Carlo Steeb.
Nato nel 1773 a Tubinga, cioè nel cuore del protestantesimo, da famiglia ricca, distinta e fervente luterana, Carlo Steeb venne inviato a Verona per acquisire pratica commerciale.
Giovane ventenne, di animo retto e sensibile ai problemi spirituali, non poté evitare il confronto tra la sua fede luterana e la sincera vita cattolica che si svolgeva attorno a sé.
Entrò in crisi, studiò a fondo la dottrina cattolica e vincendo tutte le remore interne ed esterne che si possono immaginare seguì la voce della coscienza, abiurando il luteranesimo ed abbracciando il cattolicesimo.
Tutta la famiglia lo abbandonò ed egli rimase solo.
Allora si immerse sempre più in Dio e sentì germogliare in cuore la vocazione sacerdotale.
Ordinato prete nel 1796 ( a 23 anni ) mentre l'Europa era sconvolta dal turbine napoleonico, che seminava stragi e malattie, si diede alla cura dei malati infettivi, privi di assistenza, e lavorò per 18 anni nel Lazzaretto, dove scrisse le pagine più belle della sua vita sacerdotale, in un eroico esercizio di carità, di dedizione e di servizio.
Gesù Crocifisso fu la sorgente della sua eroica fortezza nella sofferenza, nelle prove e nelle fatiche dell'apostolato, nonché il modello della sua vita crocifissa.
Oltre all'assistenza dei malati si occupò dell'insegnamento ai chierici del Seminario.
Avendo poi ereditato il patrimonio di una sorella lo devolse interamente all'Istituto Sorelle della Misericordia, da lui fondato.
Ultimo suo atto fu la costruzione di una nuova chiesa, nella quale celebrò la sua ultima messa l'8 dicembre 1856, e pochi giorni dopo morì in fama di santità.
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Il 14 Settembre fu canonizzata Anna Elisabetta Bayley ved. Seton, la prima santa nord-americana.
Nata a New York nel 1774 da famiglia protestante, della setta episcopaliana, essa andò sposa a William Magee Seton nel 1794 ed ebbe cinque figli.
Il marito, dedito al commercio su scala internazionale, si recò in Italia nel 1803 insieme alla moglie e ivi fu sorpreso dal colera.
Entrambi dovettero subire la quarantena nel lazzaretto di Livorno, al termine della quale William Seton morì, lasciando Anna Elisabetta vedova.
Sola e sconosciuta in terra straniera essa trovò un aiuto provvidenziale nei fratelli Antonio e Filippo Filicchi, cattolici ferventi, che avevano avuto relazione di commercio con suo marito, e che l'accolsero generosamente in casa loro, offrendole un'assistenza fraterna e l'esempio di una vita religiosa non comune.
I Filicchi furono estremamente delicati con l'ospite in materia di religione, però Elisabetta poté parlare a lungo con Filippo, che aveva un'ottima cultura religiosa e il cristianesimo le apparve in una nuova luce.
Tornata in America, nel 1804, essa decise di abbracciare il cattolicesimo, insieme ai suoi cinque figli, nonostante le vive opposizioni di tutta la parentela.
Proscritta dai parenti e dagli amici ebbe la vita dura, ma la aiutarono i Filicchi ed altri amici.
Intanto maturava in lei la vocazione alla vita religiosa e all'apostolato, con caratteristiche ben determinate: la scuola cattolica parrocchiale, libera e gratuita, per i poveri.
La prima scuola, aperta a Baltimora nel 1808, ebbe presto una larghissima e benefica diffusione in tutta la Nazione e anche all'Estero.
Nel 1809, per assicurare continuità di direzione alla nuova opera, Elisabetta fondò la Congregazione delle Suore di Carità di S. Giuseppe, a cui diede le Regole delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de' Paoli, opportunamente adattate, divenendo in tal modo madre più ampiamente e in altro modo.
Quando Elisabetta morì, nel 1821, a soli 47 anni, la sua Congregazione contava 40 suore e tre case: Baltimora, Filadelfia, New York.
Oggi le Suore di Elisabetta costituiscono 6 Congregazioni, con centinaia di istituti educativi, caritativi e ospedalieri.
Circondata in vita di una larga venerazione, Elisabetta Seton godette dopo morte una fama di santità non comune, fama che il papa Pio VI confermò con il sigillo dell'infallibilità.
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Il 28 Settembre fu canonizzato San Juan Macias, religioso laico domenicano del Perù.
Di esso abbiamo già parlato nel nostro Bollettino n. 3 Luglio-Settembre 1975, al quale rimandiamo i nostri lettori.
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Il 12 Ottobre fu canonizzato Sant'Oliver Plunkett, Arcivescovo di Armagh in Irlanda e martire.
Nato nel 1625 da famiglia anglo-normanna, Oliver Plunkett studiò a Roma presso il Collegio irlandese e fu ordinato sacerdote nel 1654 da un Vescovo irlandese rifugiatesi a Roma a causa delle persecuzioni di Cromwell.
Nell'impossibilità di tornare in Irlanda a motivo di questa persecuzione, esercitò per alcuni anni il ministero sacerdotale a Roma, si dedicò alla cura spirituale degli infermi, insegnò teologia al Collegio di Propaganda Fide, e fu consigliere per gli affari irlandesi alla S.C. di Propaganda Fide.
Morto Cromwell incominciò un periodo più libero in Irlanda, Oliver Plunkett fu nominato Arcivescovo di Armagh nel 1669 e l'anno successivo tornò in Irlanda, dove lavorò instancabilmente alla riorganizzazione dell'Archidiocesi, offrendo un eccezionale servizio pastorale.
Ricominciata la persecuzione, dopo pochi anni, egli si rifiutò di lasciare il paese e si diede alla macchia, soffrendo molto per il freddo e la fame, pur di stare con i suoi fedeli.
Dopo una breve pausa, che vide mons. Plunkett riprendere il suo ministero, scoppiò una nuova e più grave crisi.
L'Arcivescovo fu trasferito a Londra, processato e condannato a morte.
Sopportò le calunnie, il carcere e molte sofferenze con indomita fede, e morì da martire il 1° Luglio 1681.
La cattolica Irlanda doveva pagar cara la sua fedeltà a Roma.
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Il 19 Ottobre furono beatificati 4 Servi di Dio: Arnoldo Janssen, Giuseppe Freinademetz, Eugenio De Mazenod e Maria Teresa Ledochowska.
Arnoldo Janssen nacque a Goch, nella Renania tedesca, nel 1837.
Dopo aver frequentato il Seminario Minore Vescovile di Gaesdonck, proseguì gli studi a Miinster e a Bonn.
Ordinato sacerdote nel 1861, si dedicò all'insegnamento nella scuola pubblica di Bocholt e all'apostolato della preghiera come direttore diocesano a Miinster.
Il primo gennaio 1874 fondò la rivista "Il piccolo messaggero del Sacro Cuore" per le missioni tra gli infedeli.
Nel 1875 istituì a Steyl ( Olanda ) la prima casa missionaria tedesca per la formazione di sacerdoti e di fratelli, che nel 1866 prese il nome di "Società del Verbo Divino".
Nel 1889 creò la Congregazione delle Suore Missionarie e nel 1896 istituì le Claustrali dell'Adorazione Perpetua.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1909, le famiglie religiose ebbero uno sviluppo sempre maggiore, estendendo la loro presenza missionaria in tutto il mondo, e specialmente nel Sud America, in Africa, e in Cina, in Giappone, nella Nuova Guinea.
Giuseppe Freinademetz nacque a Badia, nella diocesi di Bressanone, nel 1852.
Ordinato sacerdote nel 1875, inizialmente esercitò il ministero come cappellano nella parrocchia di San Martino, quindi chiese ed ottenne dal suo Vescovo l'autorizzazione a dedicarsi all'attività missionaria a fianco di P. Janssen.
Dopo un anno di preparazione a Steyl, partì per la Cina, dove divenne cofondatore della missione dello Shantung meridionale.
Dopo trent'anni di indefesso lavoro tra molte privazioni e persecuzioni, rimase vittima, nel 1908, di un'epidemia di tifo, avendo contratto la malattia mentre si prodigava nell'assistenza ai malati.
Carlo Giuseppe Eugenio de Mazenod nacque ad Aix-en-Provence nel 1782 e studiò a Torino presso i Barnabiti.
Ordinato sacerdote nel 1811, si manifestò già come un personaggio di primo piano nella storia ecclesiastica e civile della Francia del secolo scorso.
Nel 1832 riceveva l'ordinazione episcopale nella chiesa di San Silvestre al Quirinale a Roma e assumeva l'incarico di Visitatore Apostolico nelle Missioni della Tunisia e della Tripolitania.
Successivamente fu trasferito alla diocesi di Marsiglia: anche in questa fase della sua attività pastorale dette prova di grande zelo apostolico e di profondo attaccamento al Santo Padre e alla Chiesa, di cui difese strenuamente l'unità e la dottrina.
Nel corso degli anni, numerosi sacerdoti, attratti dalla sua personalità, costituirono nel mondo diverse comunità religiose.
La Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata, da lui fondata, ebbe il riconoscimento ufficiale di Papa Leone XII nel 1826.
Il Vescovo si spense a Marsiglia nel 1861 dopo una vita ricca di successi pastorali ma non priva di sofferenze che egli accettò con gran fede ed esemplare coraggio.
Maria Teresa Ledòchuwska nacque a Loosdorf ( Austria ) nel 1863.
Trasferitasi con la famiglia in Polonia nel 1882, tre anni dopo entrò in servizio presso la Corte di Toscana a Salisburgo come dama di corte.
Da un provvidenziale incontro con il Card. Lavigerie ebbe origine il suo cambiamento di vita: nel 1890 creò la rivista missionaria "Eco dell'Africa" e dedicò praticamente tutte le sue forze alla causa delle missioni.
Fondò nel 1894 l'Istituto di San Pietro Claver, che ben presto si diffuse in vari Paesi d'Europa, e poi in tutti i continenti.
Si spense il 6 Luglio 1922 a Roma dopo un'esistenza colma di illuminazione spirituale in continua tensione verso l'apostolato missionario, attivamente inserita nello spirito e nel programma di evangelizzazione della Chiesa del suo tempo.
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Il 26 Ottobre fu canonizzato il Beato Glustlno De Jacobis, Vescovo e apostolo dell'Abissinia.
Nato il 9 Ottobre 1800 a San Fele, in Basilicata, settimo di quattordici figli, da una famiglia profondamente religiosa, a diciotto anni entrava nella Congregazione della Missione presso il noviziato della Provincia napoletana.
Emessi i voti il 18 Ottobre 1820 e compiuti gli studi di teologia, prima di accedere al sacerdozio volle seguire un lungo periodo di preparazione nella Casa di Oria.
Ricevette l'ordinazione nel 1824 dall'Arcivescovo di Brindisi Mons. Domenico Maria Tedeschi.
Esercitò magistralmente per un quindicennio il ministero sacerdotale nel Mezzogiorno, distinguendosi tra l'altro nell'assistenza alle persone colpite dall'epidemia di colera nel 1836.
Seguendo l'esortazione del Cardinale Filippo Fransoni, allora Prefetto di "Propaganda Fide", Giustino De Jacobis nel 1838 partì per la Missione di Abissinia.
Dopo un lungo e avventuroso viaggio, giunse a Massaua il 13 Ottobre 1839 e ad Adua il 29 Ottobre.
In terra di missione si distinse per la saggezza e per la dedizione alla causa, che servì tra molte difficoltà, coltivando in modo particolare i delicati rapporti con le autorità locali e con la Chiesa copto-ortodossa.
Quando, dietro suggerimento di Monsignor Massaia, si decise a Roma di elevare la Prefettura di Abissinia a Vicariato Apostolico, Giustino De Jacobis ne fu nominato Vicario con il titolo vescovile di Nilopoli.
Ricevuta l'ordinazione episcopale nel 1847, proseguì con rinnovato zelo apostolico la sua missione offrendo con la sua vita fulgidi esempi di dedizione infaticabile e di grande carità.
Nel 1854, per aver rifiutato di lasciare l'Abissinia, subì il carcere.
Liberato, e poi espulso, sfuggì alla cattura rifugiandosi nelle montagne del Semien, dove apprese la notizia della sconfitta del suo persecutore Ubié e dell'incoronazione dell'Imperatore Teodosio II.
Ulteriori prove dovette poi sopportare negli ultimi anni di vita, dando ancora testimonianza di eroiche virtù e di intrepida fede.
Il Vescovo morì nel 1860 ad Halai.
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Il 1° Novembre furono beatificati 5 Servi di Dio: Ezechiele Morena, vescovo di Pasto in Colombia, Gaspare Bertoni, sacerdote, Vincenzo Grossi, sacerdote,
Maria Droste zu Vischering, suora di carità del Buon Pastore, e Anna Michelotti, fondatrice delle Piccole Serve del Sacro Cuore di Gesù per i malati poveri.
Ezechiele Morena y Diaz nacque nel 1948 ad Alfaro ( Spagna ) da umile famiglia.
Entrato nell'Ordine degli Agostiniani Recolletti, fece la professione religiosa nel 1865 e partì missionario per le Filippine, dove fu ordinato sacerdote nel 1871.
Richiamato in sede, fu Priore del Convento di Monteagudo ( Navarra ) dal 1885 al 1888.
Si offrì poi, con sei confratelli, di recarsi in Colombia per la restaurazione della provincia religiosa della Candelaria.
Aprì nel 1889 a Bogotà la Casa religiosa che negli anni successivi divenne benemerito e prezioso centro di irradiazione apostolica.
Quando nel 1893 la Santa Sede istituì a Casanare un Vicariato Apostolico, la responsabilità ne venne affidata a P. Moreno, che fu nominato Vescovo titolare di Pinara.
Trasferitesi nel 1896 alla sede residenziale vescovile di Pasto, il Presule continuò instancabilmente a prodigarsi nella cura pastorale delle anime nonostante le precarie condizioni di salute.
Papa Leone XIII, respingendo la sua rinunzia all'ufficio, gli disse: « Tornate a Pasto, perché di Vescovi come voi ha bisogno il mondo ».
Mons. Morene si spense a Monteagudo nel 1906.
( v. Oss. Rom. l/XI-75 )
Gaspare Bertoni, fondatore degli Stimmatini, nacque nel 1777 a Verona ed ebbe una solida formazione da alcuni Padri della soppressa Compagnia di Gesù.
Scelta a diciotto anni la via del sacerdozio, già da chierico, sotto la guida del Servo di Dio Pietro Leonardi e del Beato Steeb, si prodigò nell'assistenza ai malati.
Ordinato sacerdote nel 1800, due anni dopo istituiva il suo primo Oratorio in forma di "Corte Mariana", antesignana dell'Azione Cattolica.
Nominato confessore della nascente opera delle Figlie della Carità della Beata Canossa e poi chiamato alla direzione spirituale dei chierici del Seminario, fu guida illuminata per molte anime, cinque delle quali sono oggi avviate alla gloria degli altari.
Fu un contemplativo, ma fu sempre in prima linea nel servizio sacerdotale.
Con alcuni seguaci, formati nei suoi Oratori, nel 1816 iniziò presso la chiesa delle Stimmate di San Francesco l'istituto religioso dei "Missionari Apostolici in aiuto dei Vescovi".
Con uno spirito di assoluto distacco, egli assegnò ai suoi figli come programma il ministero gratuito della parola e dei sacramenti, l'educazione della gioventù e la santificazione del clero.
Provato da continue malattie, "sotto i ferri e i coltelli" subì diverse operazioni chirurgiche.
Gaspare Bertoni morì a Verona il 12 giugno 1853.
Vincenzo Grossi, nato nel 1845 a Pizzighettone ( Cremona ) da una famiglia di profondi sentimenti religiosi, entrò nel 1866 nel Seminario di Cremona e fu ordinato sacerdote tre anni dopo.
Destinato dapprima come Vicario Cooperatore in alcune parrocchie, nel 1873 fu poi nominato parroco a Ragona, e nel 1883a Vico Bellignano, dove rimase fino alla morte.
In 34 anni si distinse per lo zelo pastorale: la sua vita di parroco fu un modello di operosità e di profonda sensibilità.
Uomo di profonda fede, visse nella tensione dell'esaltazione dell'amore verso Dio e della carità verso il prossimo, in spirito di povertà, di abnegazione, di obbedienza alla Chiesa.
Nel 1885 fondò l'Istituto delle Figlie dell'Oratorio in linea con l'esempio di San Filippo Neri per l'educazione della gioventù.
Vincenzo Grossi si spegneva nel 1917, circondato dall'affetto dei fedeli e della sua Famiglia Religiosa.
( v. Oss. Rom. l/XI-75 )
Anna Michelotti, fondatrice della Congregazione delle Piccole Serve del Sacro Cuore di Gesù per gli ammalati poveri, nacque nel 1843 ad Annecy, nell'Alta Savoia.
Discepola ardente e generosa di Santa Giovanna Francesca di Chantal, attuò concretamente quell'ideale di servizio gratuito ai malati poveri a domicilio che in altri tempi non era stato possibile realizzare.
Il suo alto ideale e la convinzione che Dio lo voleva realizzato, le consentirono di iniziare e di portare avanti - sola al mondo e senza mezzi - la Congregazione delle Piccole Serve del Sacro Cuore di Gesù per gli ammalati poveri, nella quale assunse il nome di Suor Giovanna Francesca di S. Maria della Visitazione.
Attorniata dalle sue figlie il 31 gennaio alla notizia della morte di Don Bosco, disse: « Oggi a lui, domani a me. Ci rivedremo in Paradiso ».
Il giorno dopo, 1° febbraio, morì tra la venerazione di quanti la conobbero e la stimarono.
( v. Oss. Rom. l/XI-75 )
Maria Droste zu Vischering, religiosa della Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore di Angers, nacque a Munster in Westfalia, l'8 settembre 1863 da famiglia aristocratica, benemerita per la fedeltà alla Chiesa durante la persecuzione del Kultur Kampf.
Entrò a venticinque anni tra le Suore del Buon Pastore a Munster dove, dopo la formazione religiosa, divenne maestra delle ragazze bisognose di speciale protezione.
Destinata nel 1894 alla missione del Portogallo, fu nominata superiora del "Buon Pastore" di Oporto, dove rimase per tutta la vita.
In appena due anni riuscì a fare della casa-ricovero di Oporto, trovata in condizioni materiali e morali disastrose, un Istituto "Buon Pastore" modello.
Col permesso dei superiori ottenne dai suoi familiari la sua parte ereditaria come contessa Droste zu Vischering e la spese interamente per il risanamento della vecchia casa e la costruzione di nuovi reparti fino a renderla capace di accogliere oltre duecento ospiti.
Successivamente, per ispirazione divina, la suora chiese a Papa Leone XIII la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù.
Il papa, dopo le dovute indagini sull'ascetica e sulla mistica di Suor Droste, la esaudì con l'Enciclica " Annum Sacrum " del 25 maggio 1899.
Maria Droste zu Vischering morì santamente in Oporto l'8 giugno 1899 dopo che per tre anni era rimasta paralizzata e immobile.
( V. Oss. Rom. l/XI-75 )
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Il 16 Novembre fu beatificato il Servo di Dio Giuseppe Moscati, medico napoletano, nobilissima figura di laico e fulgido esempio di come la professione medica, come qualunque professione secolare, possa essere intrapresa e svolta come una vera missione.
Giuseppe Moscati nacque a Benevento il 25 Luglio 1880 da nobile famiglia.
Seguendo gli spostamenti del padre, di professione magistrato, visse alcuni anni ad Ancona e poi, dal 1888, a Napoli, la città dove egli è ricordato con grande affetto dalla popolazione che lo ha da tempo designato con l'appellativo "medico Santo".
Dopo aver compiuto gli studi medi superiori al liceo "Vittorio Emanuele", Giuseppe Moscati, nel 1897, iniziava gli studi universitari presso la facoltà di medicina.
Il 4 Agosto 1903 conseguì la laurea con pieni voti e con diritto alla pubblicazione della tesi.
Cominciò la carriera ospedaliera nell'Ospedale degli Incurabili a Napoli presentandosi, sin da allora, modello integerrimo di medico cosciente del suo dovere professionale e della sua missione sublime accanto alla sofferenza umana.
Si dedicò contemporaneamente alla carriera universitaria, diventando Assistente Ordinario nell'Istituto di Chimica Fisiologica nel 1908, conseguendo la libera docenza nel 1911.
Iniziò così un'intensa attività scientifica e cattedratica, con l'insegnamento di: "Indagini di laboratorio applicate alla chimica" e di "Chimica applicata alla medicina".
Vinse il concorso di Primario negli Ospedali Riuniti di Napoli, mentre nel 1922 conseguì una seconda libera docenza in Clinica Medica Generale.
Durante tutti gli anni che vanno dal 1903 alla sua morte, Giuseppe Moscati dedicò tutto se stesso alla ricerca scientifica - in particolare alle reazioni chimiche del glicogeno nell'organismo umano - con numerose relazioni a Congressi scientifici in Italia e all'Estero, contemporaneamente si dedicava con grande generosità e con nobile carità, al servizio ospedaliere nell'assistenza gratuita dei malati più bisognosi.
La sua fama di studioso e di medico si diffuse ben presto e gli procurò stima universale.
Uomo di scienza, nel vero senso della parola, era anche uomo di fede e di preghiera.
Morì improvvisamente, lasciando grande rimpianto tra il popolo, il 12 Aprile 1927.
( V. Oss. Rom. 16/XI-75 )
Il prof. Moscati è di tutti il più vicino a noi: più vicino nel tempo perché quasi nostro contemporaneo, essendo morto appena nel 1927, e più vicino nel modo di vivere, perché laico dedicato esclusivamente ad una attività secolare.
Anche il Papa si è soffermato particolarmente a lungo su questa simpaticissima figura, in cui risplendono tutti i valori che ci stanno più a cuore: la fede, la pietà, la purità, lo zelo.
Disse il Papa: « Chi è colui che viene proposto oggi all'imitazione e alla venerazione di tutti? -
È un Laico, che ha fatto della sua vita una missione percorsa con autenticità evangelica, spendendo stupendamente i talenti ricevuti da Dio.
È un medico, che ha fatto della professione una palestra di apostolato, una missione di carità, uno strumento di elevazione di sé, e di conquista degli altri a Cristo salvatore!
È un Professore d'Università, che ha lasciato tra i suoi alunni una scia di profonda ammirazione non solo per l'altissima dottrina, ma anche e specialmente per l'esempio di dirittura morale, di limpidezza interiore, di dedizione assoluta data dalla Cattedra!
È uno Scienziato d'alta scuola, noto per i suoi contributi scientifici di livello internazionale, per le pubblicazioni e i viaggi, per le diagnosi illuminate e sicure, per gli interventi arditi e precorritori!
La sua esistenza è tutta qui: essa è trascorsa facendo del bene, a imitazione del Medico divino delle anime; il suo itinerario è stato percorso sacrificando tutto agli altri - se stesso, gli affetti familiari, il proprio tempo, il proprio denaro - nel solo desiderio di compiere il proprio dovere e di rispondere fedelissimamente alla propria vocazione; la sua vita è stata lineare e sublime, quotidiana e straordinaria, ordinata e pur protesa in un ritmo febbrile di attività, che iniziava ogni giorno in Dio, con le ascensoni eucaristiche della Comunione mattutina per poi riversarsi come una sorgente colma e inesauribile nella carità per i fratelli.
Ecco dunque: abbiamo un Uomo dei nostri tempi - alcuni ancora lo ricordano -; un Uomo relativamente giovane: morì infatti nel 1927 a 47 anni, nel pieno della sua maturità professionale e scientifica, umana e cristiana; il "cittadino" di una grande città - dalla natia Benevento era giunto presto a Napoli, ove visse fino alla morte, amato da tutti ma specialmente dai suoi poveri, ch'egli visitava nei tuguri miserabili portando luce, speranza, conforto, aiuto concreto.
Un Uomo così giunge oggi alla Beatificazione; giunge cioè al solenne riconoscimento da parte della Chiesa di virtù eroicamente praticate, che, in vittorioso contrasto con la natura umana ferita dal peccato, con l'ambiente talora ostile, con difficoltà quotidiane, sono divenute come una seconda natura.
I - Ed ecco allora il primo pensiero di questa cerimonia lietissima: la figura del Professor Moscati conferma che la vocazione alla santità è per tutti, anzi è possibile a tutti.
È un invito che parte dal cuore di Dio Padre, il quale ci santifica e ci divinizza per la grazia meritataci da Cristo, sostenuta dal dono del suo Spirito, alimentata dai sacramenti, trasmessa dalla Chiesa.
Immersi in questa corrente divina, tutti, senza eccezione, sono chiamati alla perfezione, a farsi santi.
"Questa è la volontà di Dio che vi santifichiate" scrive S. Paolo.
E Dio tutti chiama a questi vertici, in cui semplicemente e sublimamente si definisce l'identità dei cristiani, dei membri del Popolo di Dio: "Siate santi perché Io sono santo"; "Siate perfetti, com'è perfetto il Padre vostro celeste".
E la Chiesa non si è stancata di ripetere questo invito nel corso dei secoli, e ancora l'ha ribadito fermamente a noi, uomini del XX secolo: "È chiaro - ha detto infatti il Concilio Vaticano II … che tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore, di vita più umano.
Per raggiungere questa perfezione, i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l'esempio di Lui e fattisi conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, si consacrino con tutta l'anima alla gloria di Dio e al servizio del prossimo".
È questo un punto fermo, che certamente sarà da ricordare, a conclusione dell'Anno Santo - ch'è stato ed è tutto un solenne invito alla santità e alla riconciliazione con Dio e con i fratelli - e a coronamento dei numerosi riti di glorificazione dei vari Beati e Santi, i cui esempi ci hanno allietati, confusi, spronati, entusiasmati, nel conoscerli, nell'esaltarli, nel venerarli.
La vita cristiana deve e può essere vissuta in santità!
II - Come abbiamo detto, il nuovo Beato è stato un Medico, un Docente universitario, uno Scienziato.
Questa qualificazione di Giuseppe Moscati ci presenta un aspetto particolare, da lui vissuto e realizzato nella difficile temperie culturale del suo tempo, e che anche per noi uomini delle generazioni successive conserva il suo valore apologetico: e cioè l'armonia fra scienza e fede.
Sappiamo bene che fra i due termini vi fu opposizione irriducibile, nel sec. XIX e al principio del nostro, proprio l'epoca di Giuseppe Moscati, anche se, come lui, vi furono in quel periodo figure di scienziati credenti di altissimo livello.
L'equilibrio tra scienza e fede fu per Moscati una conquista, certo, nell'ambiente in cui specialmente uno studente di medicina doveva allora modellare la propria preparazione; ma fu anche e soprattutto una certezza, posseduta intimamente, che guidava le sue ricerche e illuminava le sue cure.
Se si è perfino potuto vedere nelle eccezionali doti della sua arte medica e chirurgica una qualche scintilla di illuminazione soprannaturale, carismatica, ciò è stato certamente dovuto alla sintesi luminosa ch'egli aveva compiuta tra le acquisizioni della dottrina umana e le "imperscrutabili ricchezze" della fede e della grazia divina.
Per raggiungere questo supremo, pacificante traguardo, il Prof. Moscati non scese a compromessi, non temette irrisioni: "Ama la verità - scriveva per sé il 17 ottobre 1922, tra le poche righe che di lui ci sono rimaste di questo genere -; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi.
E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se tormento, e tu sopportalo.
E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio".
Il problema si pone ancora oggi, talora in modo acuto e drammatico; lo sanno bene gli illustri clinici e studiosi che sono venuti oggi alla glorificazione del loro collega, e che salutiamo con rispetto profondo.
Ma è anche vero che oggi l'opposizione si fa cauta, per la crisi filosofica della scienza e per l'avvertenza che i due ordini di conoscenza sono distinti e non opposti.
Anzi si delinea una concezione dei due ordini della conoscenza - scienza e fede - che non solo li distingue, ma che li rende complementari e convergenti nella ricerca trascendente della verità.
Questa complementarietà e questa convergenza sono documentate specialmente dall'esperienza vissuta: di scienziati credenti e di credenti scienziati; allora e oggi.
Ed essi ci dimostrano, come ha fatto il nostro Beato, che la scienza non esclude la fede, anzi ha bisogno del suo complemento.
Come ha sottolineato il Concilio Vaticano II, proprio dieci anni fa, "la ricerca metodica in ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio.
Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza avvertirlo viene come condotto dalla mano di Dio".
Così, davvero, è stato il Professor Moscati: "condotto dalla mano di Dio" nell'esercizio di un'attività divorante, che lo ha trovato attento collaboratore e docile adoratore di Dio per la salute fisica dei corpi martoriati come per la salvezza spirituale delle anime ferite.
Possa egli comunicare le stesse sue certezze a tante anime nobili e rette, che pur temono di perdere qualcosa della loro autonomia nel riconoscere quanto è di Dio!
III - Questo connubio vissuto tra scienza e fede ci fa intravedere infine qualcosa di quella che fu la "religione" di Giuseppe Moscati, quella per cui lo proponiamo all'imitazione e alla emulazione dei nostri contemporanei.
Essa fu semplice, sicura, pensata e studiata, professata con devozione lineare, ma sapiente, con un'anima di fanciullo nascosta nella complessità del suo spirito grande e coltivato.
Ma questa religione fu soprattutto viva, perché professata nell'esercizio della carità!
La fama del Professor Moscati brilla per questa fioritura instancabile, nascosta, eroica, di carità, che lo ha fatto spendere tutto per gli altri, nel beneficare i poveri, nel curare i corpi, nell'elevare le anime, senza chiedere mai nulla per sé, fino all'ultimo respiro, tanto che la morte lo colse durante le visite dei prediletti malati.
Si sono raccolti innumerevoli episodi di questa carità sovrumana, fatta di piccole cose, in una continua e lieta donazione, tanto che a Napoli hanno cominciato a chiamarlo il "medico santo" già fin dalla sua morte.
Sono i Fioretti di un Beato del nostro secolo!
Come grandeggia, in questa luce, la professione della medicina in Giuseppe Moscati! e come dobbiamo augurarci che tale professione, umana e provvida quant'altre mai, sia sempre animata e idealizzata dalla carità!
Per comunicare calore, bontà, speranza nelle corsie degli ospedali, negli studi austeri dei medici, nelle aule sacre della scienza!
Per difenderci dall'egoismo, dal freddo, dall'aridità che minaccia la società, spesso più preoccupata di diritti che di doveri.
E così ogni altra professione onesta e civile deve ancor oggi essere animata dalla carità!
La mite figura del Beato ce lo ripete col suo esempio suadente ed efficace: "Pietas ad omnia utilis est: la pietà è utile a tutto".
Fratelli e Figli nostri!
Il Concilio Vaticano II ha parlato della figura e del ruolo dei laici nella Chiesa, come di coloro che nel secolo "sono da Dio chiamati a contribuire quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esempio del proprio ufficio … e a manifestare Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro stessa vita, e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità".
La figura del Professor Moscati, con la straordinaria autorità che gli viene dalla sua statura morale, dal suo esempio vissuto, e dalla glorificazione della Chiesa, ricorda oggi che questo è vero, che questo è possibile, che questo è necessario.
Ne ha bisogno la Chiesa e il mondo!
È la consegna che viene specialmente al laicato dal rito odierno, dall'Anno Santo!
Ecco il perché della nostra grande gioia: ch'essa rimanga viva in noi, faccia seguire opere fruttuose, e possa zampillare fino alla vita eterna, nell'incontro a faccia a faccia con Dio, nella luce dei Santi ».
( v. Oss. Rom. 17-18/XI-75 )