La passione di Gesù nei Vangeli |
B199-A7
Un periodico francese, assai serio e di sicura ortodossia, « l'Homme Nouveau », che vorremmo meglio conosciuto anche in Italia, ha pubblicato recentemente un articolo a firma dell'Ab. Carmignac, sul valore storico del racconto evangelico della passione di Gesù.
E poiché l'argomento ci interessa da vicino ne diamo un sunto per i nostri lettori.
Il motivo che ha originato l'articolo è stato la trasmissione della passione di Gesù fatta dalla televisione francese durante la Pasqua degli anni 1974 e 1975.
Il regista si era attenuto fedelmente al testo evangelico, ma il pubblico aveva giudicato lo spettacolo poco verosimile e pervaso di elementi leggendari.
Ecco le obiezioni del pubblico francese:
1) La Passione di Gesù non ha potuto svolgersi come parrebbe dai Vangeli, perché la legislazione giudaica proibiva i processi notturni e ne invalidava le sentenze.
Inoltre proibiva l'esecuzione della sentenza capitale lo stesso giorno in cui veniva comminata.
Sembrerebbe dai Vangeli che il Sinedrio abbia abboracciato in fretta una parvenza di processo con molte irregolarità.
Invece il Sinedrio aveva tutto l'interesse a screditare Gesù con un processo ineccepibile nella procedura, e difatti vennero escussi dei testimoni e poiché risultarono in contraddizione fra di loro ne furono ricusate le testimonianze.
Il processo di Gesù fu enormemente iniquo, ma formalmente corretto.
I farisei erano dei formalisti per eccellenza.
2) Gli evangelisti sembrano in disaccordo fra di loro.
Ma questa è una difficoltà antica, sebbene mai risolta: la cena di Betania è posta da Marco due giorni prima della Pasqua e da Giovanni sei giorni prima.
Quando Gesù fu catturato Egli aveva già celebrato la Pasqua, mentre secondo S. Giovanni Gesù fu Crocifisso prima che i suoi nemici l'avessero celebrata.
3) Nella mattinata del Venerdì Santo, prima delle 9, ora in cui Gesù fu crocifisso ( Mc 15,25 ), Gesù avrebbe subito quattro processi:
1) presso il Sinedrio, con escussione di testimoni;
2) presso Pilato, con molti contrasti e perfino con dimostrazioni pubbliche;
3) presso Erode;
4) di nuovo presso Pilato, con la condanna definitiva.
Negli intervalli sarebbe stato flagellato ( e dopo la flagellazione doveva trascorrere un lungo tempo prima che il paziente potesse riaversi e poter stare in piedi ), insultato, deriso e coronato di spine dalla soldataglia.
In seguito caricato della croce e costretto a portarla verso il Calvario, dove soccombette e bisognò farlo aiutare dal Cireneo.
Tutto questo, nello spazio massimo di un'ora o due è semplicemente impossibile.
Come si vede sono obiezioni gravi, anche se non nuove, a cui non fu mai data una risposta esauriente.
Eppure i cristiani avevano ragione di credere all'Evangelista.
Le scoperte archeologiche, poco a poco, demoliscono le difficoltà e ci aiutano a comprendere come si svolsero i fatti.
Nel 1947 furono scoperti casualmente nelle grotte di Qumram in Palestina, presso il Mar Morto, dei manoscritti contenenti la dottrina degli Esseni, una setta religiosa fiorente ai tempi di Gesù, e quindi risalenti a quell'epoca.
Da questi manoscritti, studiati attentamente alla Sorbona di Parigi,1 risulta che a quell'epoca erano in vigore due calendari, il primo era il calendario biblico tradizionale, che faceva perno sulla Pasqua al 14° giorno della luna di Nisan, con l'immolazione dell'agnello, che avveniva sempre un martedì sera; il secondo era il calendario dei Farisei, di origine pagana, in cui la data della Pasqua variava da un anno all'altro e poteva capitare in qualunque giorno della settimana.
L'anno in cui Gesù morì, la Pasqua farisaica incominciava la sera del Venerdì ( e per questo i farisei non vollero entrare nel Pretorio di Pilato per non contaminarsi, dovendo mangiare la Pasqua ).
Gesù, che era fedele all'insegnamento della Bibbia, seguiva il calendario tradizionale, e celebrò la Pasqua la sera del martedì ( e non del giovedì ) e cioè due giorni dopo la cena di Betania, come dicono i sinottici ( Mc 14,1 ).
Se si tiene conto di questo doppio calendario e si ammette che Gesù ha celebrato la Pasqua il martedì sera, allora tutto è chiaro.
I sinottici, scritti prima della distruzione di Gerusalemme, si rivolgono a lettori perfettamente informati di questo duplice calendario e non sentono quindi il bisogno di dar chiarimenti.
Del resto essi non intendono fare una cronaca ordinata e minuta degli avvenimenti, ma una catechesi, che utilizza il dato storico secondo le necessità di chiarire la dottrina, e sono estremamente brevi.
S. Giovanni Evangelista invece scrive alla fine del primo secolo, quando Gerusalemme era già stata distrutta, il popolo ebraico disperso e il vecchio calendario biblico totalmente soppiantato, e perciò si riferisce unicamente al calendario ancora in vigore ai suoi tempi, che era quello dei Farisei.
In conclusione gli avvenimenti si sarebbero svolti nel modo seguente.
La domenica sera ebbe luogo la cena di Betania, due giorni prima della Pasqua di Gesù e sei giorni prima della Pasqua dei Farisei.
Il martedì Gesù celebrò la Pasqua nel Cenacolo e istituì l'Eucaristia.
La stessa sera si recò nell'Oliveto, dove agonizzò e dove fu catturato a tradimento.
La medesima sera Gesù venne condotto da Anna, suocero del gran sacerdote, per un interrogatorio preliminare, mentre giù nel cortile Pietro, intimorito, lo rinnegava.
Durante la notte fu lasciato in balia della brutalità delle guardie ( Lc 22,63-65 ).
Il mercoledì mattina, appena fu giorno, ebbe inizio il processo presso il Sinedrio, che poté occupare l'intera giornata, perché si citarono testimoni, si discusse a lungo senza poter trovare un motivo di condanna e la sera Gesù venne rimesso in carcere,
Il mattino di Giovedì il Sinedrio si riunì nuovamente e questa volta il Sommo Sacerdote trovò il modo di arrivare alla condanna.
Subito Gesù venne condotto da Pilato, con la speranza che questi avrebbe senz'altro ratificato la sentenza, ma Pilato inaspettatamente rifiutò.
Forse era troppo evidente l'innocenza dell'accusato, forse anche l'aspetto di Gesù, pur con tutti i segni dei maltrattamenti subiti, lo dovette impressionare per una arcana maestà e dovette fargli sentire un misterioso richiamo, a cui si aggiunse presto il messaggio della moglie, di « non impicciarsi nelle cose di quel giusto ».
Sentito che Gesù era galileo lo rinviò per competenza a Erode, sperando di scaricarsi di una pratica tanto fastidiosa, ma neanche Erode concluse nulla e rimandò Gesù a Pilato.
La sera di giovedì Pilato non aveva ancora deciso nulla e Gesù venne rinchiuso nella prigione romana.
Il venerdì mattina di buon'ora Filato convocò le autorità giudaiche ( Lc 23,13 ) ( le quali dunque non erano più là ) ma queste non vollero entrare nel Pretorio per non contaminarsi e Filato dovette uscire fuori, appellandosi anche al popolo, affluito numeroso e proponendo la liberazione di Gesù.
Ma la folla ormai era stata preparata dai capi e chiese la liberazione di Barabba.
I Capi dei giudei avevano trovato l'argomento per far capitolare Pilato, dando alla causa un contenuto politico: « se tu liberi costui non sei amico di Cesare, perché chiunque si fa re è nemico di Cesare ».
Pilato aveva capito benissimo che la regalità attribuitasi da Gesù era una regalità puramente spirituale, ma l'oscura minaccia lo fece tremare e si arrese, consegnando Gesù al Sinedrio per essere crocifisso.
Gesù rimase in croce sei ore e non tre, come si dice comunemente, e cioè dalle 9 del mattino alle 3 del pomeriggio ( Mc 15,25 e Mt 27,45 ).
Alla sera i capi dei giudei, legalmente puri, celebrarono la Pasqua secondo il calendario farisaico.
Così descritta la Passione di Gesù supera totalmente le tre obiezioni di cui sopra.
La legislazione giudaica risulta rispettata, i racconti evangelici si completano, senza contraddirsi e gli avvenimenti si svolgono in modo pienamente ammissibile.
La Passione quindi non durò dal giovedì sera al venerdì pomeriggio ( meno di 24 ore ), ma due giorni di più e l'agonia di Gesù in croce durò sei ore e non tre.
Molti studiosi di scienze bibliche si sono pronunciati in favore di questa soluzione, che non contraddice nessun testo sacro e soddisfa le esigenze della scienza.
1 cfr. Anna Jaubert, « La data della Cena », Gabalda, Paris 1957.