Relazione tenuta dal Dottor Domenico Conti |
B209-A5
Segue la seconda Relazione tenuta dal Dottor Domenico Conti, Presidente Generale dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata:
« Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me » ( Gv 12,32 ).
Prospettive apostoliche e di promozione umana, incentrate nella Adorazione a Gesù Crocifisso
Il mistero di salvezza, che è essenzialmente il mistero di Cristo, si manifesta pienamente in Cristo crocifisso e, per questo, risorto.
É la morte della morte, è la morte per la vita, è il dolore per la gioia, è l'espiazione del peccato causa della morte: tutto per la rinascita e la riconciliazione dell'uomo con Dio e della sua partecipazione alla Vita che è partecipazione a Dio.
La causalità salvifica di Cristo che ci riscatta e ci reintegra si manifesta nella croce raggiungendo la sua pienezza e perpetuandosi nella sua resurrezione.
Casualità efficiente e finale oltreché causalità esemplare e meritoria.
Causalità che ha nel Padre il suo principio ( il Padre che ci attrae per il Figlio crocifisso e risorto ) e che opera incessantemente nello Spirito che ci è stato dato in forza della crocifissione e risurrezione di Cristo.
É quanto ci insegna Giovanni in modo particolarmente incisivo ( Gv 3,16; Gv 5,5-8 ).
Questa causalità salvifica opera come « attrazione ».
Attrazione realmente salvifica in quanto opera nella profondità del nostro essere e in ordine alla nostra stessa salvezza, nella profondità di tutte le cose del « mondo », della « storia ».
Causalità che non influenza semplicemente il nostro modo di pensare e di volere, ma che rinnova nel profondo il nostro essere: « Forza salutare non solo « intenzionale » ( operante attraverso la cognizione e l'affetto a cui fa appello ), ma « oggettiva », od ontologica, che precede l'attività personale dell'uomo, e trasforma il soggetto, rendendolo capace di una sua presa di posizione personale ».1
L'attrazione salvifica del Signore Crocifisso si opera in noi affinché viviamo in Lui e per Lui il nostro riscatto e la nostra liberazione, la nostra purificazione e il nostro rinnovamento, la nostra ricapitolazione in Lui, nella nostra elevazione a Dio e riconciliazione e comunione con Dio.
L'attrazione perenne del Signore crocifisso nella pienezza e suggello della sua Risurrezione e Ascensione si esercita, in ordine all'uomo e alla sua salvezza, su tutte le cose create, per il rinnovamento di tutte le cose ( Rm 8,19-20; 2 Pt 3,12-13 ).
Il « discorso sulla croce » rivelato è intelligibile solo sullo sfondo della autorivelazione che Dio ci ha dato attraverso la creazione.
Perciò la teologia cattolica considera la teologia della croce, non come un'alternativa rispetto alla contemplazione della realtà creata, ma come la sua continuazione, spiegazione e completamento.
Infatti, essendo Cristo crocifisso il centro e il culmine dell'universo, la « teologia della croce », secondo la fede cattolica, è l'aspetto più importante, il cuore della « teologia della gloria ».2
Il mistero della croce è una « rispiegazione », un « completamento » in quanto forza riproponente e rielevante della teologia della creazione.
Perché « eravamo perduti » ed ora « siamo stati ritrovati », « eravamo morti » ed ora « siamo ritornati alla vita ».
Il Signore crocifisso è costituito in se stesso, per la sua morte e nel suo sangue, « fondamento » di tutte le cose, principio di riunificazione e di pacificazione universale, principio di riconciliazione con Dio.
La crocifissione e morte del Signore è glorificante e traente in quanto causa meritoria della sua e nostra risurrezione, « per questo ( vale a dire per la croce ) gli è stato dato un nome che è sopra ogni altro nome » ( Fii 2,9 ).
Il sacrificio del Signore è glorificato in quanto perpetuato come fondamento della sua gloria e principio della nostra salvezza, dalla sua risurrezione.
Altrimenti sarebbe ormai superata la parola del Signore « Allorché sarò innalzato da terra attirerò tutti a me ».
E sarebbe senza senso rivolgersi al Cristo crocifisso che come tale non sarebbe più in nessun modo.
Parimenti, sarebbe senza senso il dover entrare nella sua passione e morte per accedere alla sua risurrezione, se quest'ultima non perpetuasse in qualche modo la prima.
D'altra parte il nostro entrare nel Signore e partecipare di Lui è possibile solo nel suo sangue e nella sua morte, attraverso le sue piaghe per le quali siamo stati sanati.
Il sacrificio del Signore rimane dunque fondamento della sua glorificazione sia come evento glorificante che come evento glorificato ( il secondo non può essere senza il primo e il primo senza il secondo ).
É proprio nella sua umanità crocifissa che si realizza la assimilazione del Signore all'uomo affinché l'uomo ritorni a Dio.
Noi siamo « innestati » in Cristo e resi conformi a Lui nella sua morte e attraverso di essa nella sua risurrezione, per mezzo delle sue piaghe sanguinanti e gloriose, vale a dire per mezzo della sua umanità immolata, o meglio, per mezzo della immolazione del Signore nella immolazione della sua umanità, umanità che è anche la nostra e che costituisce il culmine di tutta la creazione e di tutta la storia.
É mediante le sue piaghe, nell'immolazione di se stesso che il Cristo celebra il suo amore verso il Padre e per amore del Padre il suo amore verso di noi, verso ognuno di noi.
É proprio per mezzo e nelle sue piaghe che si manifesta sino in fondo il suo essere l'Uomo, il nuovo Adamo, il suo essere principio di una umanità nuova e di cieli nuovi e di terra nuova.
L'adorazione del Signore crocifisso è il principio della nostra accettazione di Lui, è l'inizio della nostra corrispondenza alla sua attrazione salvifica, espressione della sua potestà universale, potestà sacerdotale regale profetica.
Si tratta dell'adorazione a cui siamo indotti dal « volgere lo sguardo a Colui che abbiamo trafitto ».
Adorazione di lode che si alimenta ed è a sua volta alimentata dalla progressiva conoscenza di Lui e riconoscenza verso di Lui Crocifisso e Signore, infinitamente degno d'amore.
Adorazione che fiorisce nella « devozione » riparatrice, vale a dire nella nostra dedizione totale a Lui, nella intimità con Lui.
E queste sue piaghe permangono, misteriosamente, nell'eternità gloriosa e beata, non più come causa di morte, ma come principio e sorgente di vita.
La sua risurrezione suggella e perpetua il suo essere principio e sorgente di vita attraverso le sue piaghe, completando e coronando il mistero di Lui.
Detta adorazione conduce alla domanda umile e filiale affinché i frutti della promessa di Lui, vale a dire il suo regno d'amore e di pace, si manifestino nella loro pienezza.
Nell'adorazione del Cristo glorioso nelle sue piaghe fiorisce in definitiva l'adorazione al Padre « che tanto ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma viva » ( Gv 3,16 ).
Infatti, è nella croce del Figlio incarnato che noi conosciamo il « volto » del Padre, vale a dire la sua potenza, il suo amore, la sua sapienza, la sua misericordia verso di noi.
É il Padre che ci riconcilia a sé per mezzo del Figlio « nelle » piaghe sanguinanti e gloriose del Figlio incarnato.
É dal Signore crocifisso e risorto che ci è dato lo Spirito, che fa nuove tutte le cose « ricapitolandole » nel Cristo.
Così è, sempre, sia che ne abbiamo una conoscenza esplicita od implicita, attuale o virtuale.
Tutto comincia e tutto si compie, da parte nostra, con e nella adorazione glorificante del Cristo crocifisso e risorto, sulla terra come in cielo.
Ci è pervenuta, lo sappiamo, dal servo di Dio fra Leopoldo, attraverso il servo di Dio Fratel Teodoreto.
É pervenuta a noi, componenti della grande famiglia lasalliana: Fratelli, Catechisti, allievi ed ex allievi delle Scuole Cristiane, collaboratori ed amici dell'opera del Santo de La Salle.
Ci è stata data per aiutarci a vivere la nostra accettazione, la nostra corrispondenza personale e comunitaria all'attrazione regale e salvifica del Signore Crocifisso.
Il Fratel Teodoreto, infatti, era solito introdurre la pratica di « questa » Adorazione, citando appunto le parole di Gesù riportate da San Giovanni, il discepolo prediletto: « Allorché sarò innalzato da terra attirerò tutti a me ».
Se è vero, come è vero, che da parte nostra tutto deve incominciare nella preghiera, non può apparire sorprendente il fatto che un esercizio di pietà, vale a dire l'Adorazione a Gesù Crocifisso, sia stato dato come primo aiuto per assecondare il rifiorire e lo sviluppo della comunità lasalliana.
Infatti, è nella preghiera incentrata nella contemplazione e nell'amore al Signore Crocifisso che la famiglia lasalliana ha trovato fin dalle origini e troverà ancora la capacità di riproporre il mistero di Cristo come nucleo e sorgente della sua risposta catechistica, formativa ed educativa, al laicismo e al secolarismo dilagante, all'ateismo e all'antiteismo, manifesti od occulti che siano.
Il "paolinismo" del Santo si esprime infatti nella volontà di fondare ogni cosa in Cristo Signore, crocifisso e risorto, nelle Sue piaghe sanguinanti e gloriose.
Ogni cosa, dicevo, compresa la stessa « apertura » alle realtà mondane e secolari, compito peculiare dell'educazione cristiana, compreso altresì il sacerdozio spirituale dei Suoi figli e discepoli, nella scuola e mediante la scuola.
Il sistema scolastico-educativo, il suo significato ecclesiale e sociale, la stessa forma di aggregazione e di vita dei maestri cristiani e la loro missione catechistico-educativa quali sono sgorgati dalla mente e dal cuore del Santo Fondatore, la sua tensione verso il perseguimento di una « professionalità » onninclusiva ed onnivalente, concreta partecipazione al sacerdozio regale e profetico di Cristo, rappresentano il frutto della volontà di fondare ogni cosa nella realtà viva e palpitante di Cristo.
A fronte di dette considerazioni dobbiamo porre un'altra constatazione di fatto, quella derivante dalla nostra esperienza di mèmbri dell'Unione.
Più abbiamo insistito nell'approfondire l'Adorazione a Gesù Crocifisso più siamo stati indotti a risalire al Santo de La Salle per ritrovare in lui come la sorgente della nostra identità, del nostro stesso essere di catechisti, mentre si veniva allargando e approfondendo il nostro orizzonte apostolico di fronte ai problemi ecclesiali, sociali ed umani del mondo di oggi.
Più veniva emergendo la centralità dell' « Amabilissimo Signore Gesù Crocifisso » più ci scoprivamo figli del santo Fondatore, più trovavamo in Lui luce e sostegno per la nostra vita e il nostro impegno personale e comunitario.
La « nostra » Adorazione è destinata a « radicarsi » nella famiglia lasalliana.
Non si tratta di una sovrapposizione o di una aggiunta più o meno estrinseca.
Un esame anche rapido dello spirito del Fondatore, del carisma catechistico ed educativo dell'Istituto dei Fratelli consente di rilevare agevolmente la piena « compatibilita » tra lasallianesimo e Adorazione.
Non solo nel senso che ogni spiritualità, ogni soggetto cristiano, ogni autentico carisma non può non essere compatibile con l'Adorazione a Gesù Crocifisso, ma anche nel senso di una corrispondenza oggettiva di ordine storico, spirituale ed apostolico.
Su questo argomento ci ha già intrattenuti Fratel Gustavo.
Mi limiterò a richiamare la vostra attenzione sul carattere « laico » e « popolare » di questa Adorazione, due qualificazioni che non possono non interessare in modo peculiare il mondo lasalliano.
D'altra parte, questa Adorazione aiuta efficacemente in ordine alla liturgia, sia come perpetuazione quotidiana del Venerdì Santo, sia come preparazione alla Messa e come sostegno a prolungarne nella giornata gli effetti salutari.
In ogni caso, la grande Famiglia lasalliana sarà favorita con il vincolo della preghiera, di una preghiera mediante la quale ciascuna delle sue componenti possa ritrovare un punto di riferimento per la comune identità.
L'Adorazione è una preghiera che si può praticare in qualsiasi circostanza di ambiente e di tempo, proprio come richiesto da una fraternità che si manifesta in ogni ambiente e condizione di vita.
Una preghiera che può essere un punto di incontro e di orientamento costante, che può rappresentare una comune e feconda sorgente.
Abbiamo innanzi il mondo, la società e la storia che sono realtà alle quali noi stessi apparteniamo e nelle quali siamo coinvolti.
Conoscere noi stessi è perciò conoscersi anche nel mondo e come mondo, nella società e come società, nella storia e come storia, anche se in queste realtà noi non ci esauriamo, anche se non possiamo considerarci in senso assoluto come originati da esse.
Benché siamo coinvolti nel profondo del nostro essere da dette realtà e benché in certo senso siamo come originati da esse e ad esse appartenenti, tuttavia noi non abbiamo in esse e nemmeno in noi stessi la radice prima e il fine ultimo della nostra vita.
Tuttavia il grado di compenetrazione con tali realtà è più profondo e complesso di quello che di solito siamo portati a credere.
Assieme con il mondo, la società e la storia partecipiamo alla vicenda universale dell'esistere creaturale.
Il nostro fine immanente è nel mondo e per rapporto al mondo, nella società e per rapporto alla società, nella storia e per rapporto alla storia.
Umanizzare il mondo la società e la storia e al tempo stesso mondanizzare, socializzare e storicizzare noi stessi è la nostra vocazione immanente.
La prima funzione esige la seconda e la seconda deve essere in funzione della prima, pena il nostro dissolvimento.
Ma entrambe le funzioni, entrambi i dinamismi che esse sottendono non possono trovare la loro armonia costruttiva se non in forza del fine trascendente posto « oltre » noi stessi, « oltre » il mondo la società e la storia.
Il fine trascendente è l'assoluto verso cui si muove e deve muoversi l'intera realtà e vicenda creaturale, per non ricadere e involversi su se stessa, priva di un significato supremo, di un approdo ultimo, di un valore assoluto, vale a dire di una Realtà trascendente a cui riferirsi e alla quale in qualche modo congiungersi nella pienezza e nella pace.
Il peccato, pur senza cancellare nel profondo i dinamismi esprimenti il nostro essere profondo mediante il nostro essere mondo società storia, ne ha tuttavia compromesso il loro prodursi armonico e ordinato causando e inducendo scompensi, impotenza e contraddizioni distruttive.
Per cui la nostra esistenza abbandonata a se stessa tende a prodursi in termini di infedeltà rispetto a Dio e conseguentemente rispetto all'uomo.
Dunque, umanizzare sempre più l'uomo, vale a dire « essere » sempre più quello che « abbiamo » di essere, umanizzando il mondo la storia la società, è la vocazione immanente dell'uomo.
Ma ciò non è possibile se in tutto e soprattutto l'uomo non si relaziona e si riferisce a Dio come a Principio, a Valore assoluto, a Realtà suprema, a Fine ultimo.
Altrimenti « invano l'uomo costruisce la sua casa ».
L'uomo deve « darsi » per « ritrovarsi pienamente », e deve « darsi » alla Verità, all'Amore, alla Vita, per ritrovarsi pienamente realizzato come Valore, come Vita, come Amore, come Essere.
L'Uomo deve essere contro tutto ciò che impedisce questo oltrepassamento di se stesso, altrimenti si costituisce contro se stesso come persona, come società, come storia, come mondo.
Nulla di più tragico e nefasto della radicale e falsa alternativa: « o Dio, o l'uomo ».
Le istanze emergenti dalla società e dall'uomo di oggi vanno penetrate e comprese, vanno corrisposte mediante un generoso e fiducioso impegno che porti a coglierne l'autenticità purificandole da ogni equivoco, da ogni ambiguità sia oggettiva che soggettiva, da ogni contraddizione.
Quante volte, per esempio, l'affermazione della libertà e della liberazione è risultata negli effetti illiberale e soggiogante, l'affermazione della giustizia è sfociata in nuove ingiustizie, l'eguaglianza in nuove e gravi disuguaglianze, il pluralismo nella contrapposizione, l'unità in oppressione di pochi su molti, e così via.
C'è come qualcosa di tragico che attraversa la storia degli uomini: per certi aspetti si avanza e per certi altri si arretra mentre l'orizzonte dell'umanità, nonostante innegabili conquiste, appare più problematico e preoccupante che mai, non tanto per un evento che dall'esterno minacci l'uomo quanto piuttosto per la possibilità che l'uomo sempre più possiede di distruggere se stesso.
Sono osservazioni che appena accenniamo rimanendo nel campo delle istanze e dei dinamismi relativi alla convivenza umana.
Lo stesso discorso si potrebbe fare per quanto concerne le istanze e i dinamismi individuali quali la ricerca di identità, di autenticità, di partecipazione, di promozione.
In ogni caso, se l'uomo rimane chiuso in se stesso non può che porre in termini equivoci ed ambigui e con risultati contradditori e tendenzialmente distruttivi circa l'essere profondo, il « volto » dell'uomo, anche le più valide esigenze e le più nobili aspirazioni.
La verità è che ogni cosa va ricercata in Dio e per Dio, per mezzo del suo Cristo, ogni cosa a cominciare dall'uomo, va ricercata e costruita in ordine alla comunione con Dio, vale a dire, in ordine alla Verità di tutte le verità, alla Via di tutte le vie, alla Vita di tutte le vite.
Ciò esige una sorta di oltrepassamento dell'uomo, della società, della storia, del mondo, un oltrepassamento che consenta di ritrovare l'uomo nell'uomo nuovo, la società nella fraternità nuova, la storia nella storia della salvezza il mondo per rapporto al cielo nuovo e alla terra nuova, il cui centro e la cui sorgente è il Cristo Crocifisso e risorto.
D'altra parte, con voci e intenzioni contrastanti tutti chiedono la « morte » di « questo » mondo, di « questa » società, di « questa » storia, di « questo » uomo in vista di una umanità nuova.
Tutti chiedono in termini più o meno radicali qualcosa di diverso da quello che appare.
Ma troppo spesso quello che è chiesto, è chiesto in termini contrappositivi, egemonici e di parte, sia a livello sociale che a livello personale.
Cosicché, l' « avere di più » finisce col contrastare all' « essere di più », oppure l'esigenza dell'essere di più coincide con la pretesa dell'essere di più di pochi a svantaggio dell'essere di più di molti.
Certamente occorre in primo luogo e in ogni caso salvare l'uomo; non l'uomo costruito arbitrariamente e artificiosamente da noi, ma l'uomo che è chiamato ad essere nel suo profondo.
Ciò non può avvenire senza il ricupero di quella relazionalità costitutiva dell'uomo come singolo e come comunità la cui fondamentale espressione consiste nel rapporto con Dio.
Tutto ciò passa necessariamente per il Cristo Signore, vero Dio e vero Uomo, sacerdote re e profeta.
É in Cristo e per Cristo che le esigenze e i dinamismi immanenti e trascendenti dell'uomo trovano la loro armonia dinamica e realmente costruttiva.
É in Cristo, con Cristo e per Cristo che il momento oblativo e di superamento trova il suo modello e il suo significato, la sua sorgente e il suo fine.
É in Cristo che il momento di riappropriazione trova parimenti il suo modello e significato, la sua sorgente e il suo fine.
É in Cristo che l'uomo può lavorare a costruire se stesso, la sua cultura, il suo mondo, la sua società.
Il Cristo crocifisso e perciò risorto attrae a sé l'uomo, la società, la storia, il mondo rinnovandoli nel profondo e irreversibilmente salvandoli in vista della pienezza.
L'adorazione a Gesù Crocifisso è stata data a noi, componenti del mondo lasalliano, proprio perché la assumessimo come punto di riferimento, come espressione di un carisma che ci aiuti nel nostro essere nella Chiesa, e nel nostro essere con la Chiesa a servizio del mondo.
A dimostrazione di quanto andiamo affermando stanno le opere, vale a dire i « frutti » dell'Adorazione.
In primo luogo, l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, singolare risposta e proposta per tutto un complesso di problemi attualissimi e concernenti l'identità e la funzione della scuola e dell'educazione cristiana, della presenza e dell'impegno dei laici nel mondo e come per mezzo del mondo.
Poi, la Casa di Carità Arti e Mestieri, chiara riproposta della « professionalità » sia come sbocco di tutti i processi educativi e formativi, sia come nuovo punto di riferimento per l'azione politica e sociale relativa ai diritti civili, allo sviluppo economico, al miglioramento complessivo della società.
Senza contare il modo nuovo di intendere i collegamenti tra lavoro e fede, lavoro e cultura, lavoro e società.
In ordine allo sviluppo della spiritualità cristiana in qualsiasi ambiente e condizione di vita, ecco il movimento degli Adoratori dell' « Amabilissimo Signore Gesù Crocifisso » e l'opera de « La Sorgente ».
Nella direzione dei più emarginati e dei sofferenti ecco la « Messa del Povero » e la « Crociata della Sofferenza ».
Quest'ultima con particolare riferimento alle vocazioni sacerdotali e religiose.
L'Adorazione si viene inoltre dimostrando come valido punto di riferimento per il rinnovamento della Catechesi, un rinnovamento inteso a porre in termini di sempre più effettiva ed efficace centralità il mistero di Cristo Crocifisso e risorto.
Oggi, poi, tutto ciò risulta più evidente se ci riferiamo all'Ostensione della Sacra Sindone che ha già richiamato e ancora richiama un grandissimo, imprevedibile numero di pellegrini.
Per il lavoro delle vostre Commissioni siete invitati ad approfondire e ad assecondare, con proposte concrete, le linee di sviluppo dell'azione di Dio in ordine alla grande Famiglia lasalliana e per mezzo di essa in ordine alla Chiesa e alla società.
Detta azione ha la sua prima concretizzazione ( come seme per tutto il resto ) nella Adorazione-Divozione a Gesù Cristo Crocifisso.
Per questa azione il Signore si è avvalso come profeta del servo di Dio Fratel Teodoreto, aiutato dal servo di Dio Fra Leopoldo Maria Musso.
Constaterete ancora una volta come ciò sia destinato a gloria dell' « Amabilissimo Signore Gesù Crocifisso », in tanto che constaterete come tutto ciò è per aiutarci nel servizio che come comunità lasalliana dobbiamo rendere agli uomini.
Ancora una volta, troverete, troveremo tutti insieme, più vicino e più attuale che mai, il Santo Patriarca de La Salle.
E tutti insieme ci sentiremo più veramente suoi figli e più fratelli fra di noi.
1 ) Flik, II mistero della Croce, Querinlana, pag. 27.
2 ) Op. Cit. pag. 17.