I diritti della verità |
B232-A2
Tutti gli scrittori cattolici si propongono di dire la verità.
Non ne dubitiamo.
Quello che ci tiene talvolta in sospeso è la leggerezza con cui si fanno certe affermazioni ( per lo più citazioni ) senza la minima preoccupazione di documentarsi.
Per esempio abbiamo visto recentemente citare limitazione di Cristo così: « il Kempis ».
Ora se c'è una cosa certa è che l'autore dell'Imitazione di Cristo è sconosciuto e che il Kempis è semplicemente colui che l'ha tradotta in fiammingo.
C'è tutta una letteratura su questo argomento e l'aver preso un abbaglio come quello sopra lamentato dimostra solo un'ignoranza grave.
Ma allora non si scriva per il pubblico.
Ci sono già tanti motivi di confusione e non c'è proprio bisogno che siano aumentati.
Ci si perdoni questo sfogo, che però ha un movente pratico anche nelle cose nostre.
Si stanno cioè dicendo o c'è il pericolo che si dicano delle cose inesatte sulle cose dell'Unione, per evitare le quali inesattezze io pongo le seguenti testimonianze.
L'inizio della Messa del Povero è dovuto a una Figlia della Carità e precisamente Suor Luisa Montaldo, che presso l'O.P. Lotteri, in via Villa della Regina, oltre a distribuire molte elemosine ai mendicanti, li riuniva la domenica mattina per la S. Messa.
Dell'opera si interessavano e collaboravano due canonici di Torino, e precisamente il canonico Bertola e il canonico Marino.
Del primo si ricorderanno bene i catechisti più anziani, che andavano settimanalmente in casa sua per una lezione di religione.
Questi due sacerdoti avvertirono presto che le Suore dell'O.P. Lotteri avrebbero avuto bisogno dell'aiuto di qualche uomo per affrontare i mendicanti, tutti uomini, piuttosto grossolani e non sempre corretti.
Perciò vennero da me, che ero stato eletto poc'anzi presidente dell'Unione Catechisti e mi chiesero di mandare ogni domenica un paio di catechisti alla Messa del Povero, lo aderii volentieri alla richiesta, anzi proposi addirittura che l'Unione si assumesse la responsabilità dell'opera, compreso il relativo onere finanziario. I due canonici accettarono senz'altro e io mi misi a cercare il personale adatto all'incarico.
Naturalmente ne informai subito il Fratel Teodoreto e anche il consiglio direttivo dell'Unione e da tutti ricevetti la piena approvazione.
Dei catechisti congregati non c'era nessuno libero, perché tutti impegnafissimi alla Casa di Carità, che in quegli anni aveva anche i corsi festivi; e allora mi rivolsi ai catechisti associati.
Questi risposero con entusiasmo e con lo stesso entusiasmo si occuparono sempre dell'opera.
Citerò soltanto i fratelli Mussino e Ronco, superiori ad ogni elogio.
La Messa del Povero fu sempre un'opera assai cara anche al Fr. Teodoreto, il quale talvolta andava a visitarla e la raccomandava ai catechisti.
Intanto l'opera si consolidava e si accresceva il numero dei collaboratori.
Ma anche il tempo passava e passavano pure gli uomini.
Ora la situazione è sotto gli occhi di tutti.
I poveri non mancheranno mai: ce l'ha predetto Gesù stesso.
L'importante è avvicinarli con quello spirito di fede che in essi ci fa scorgere il Signore e quindi servirli con quella umiltà e con quella carità che si deve avere nel servizio del Signore stesso.
E al Signore bisogna ricorrere, perché mandi operai nella sua messe, specialmente di quelli che parlano poco e operano molto.
C. Tessitore