I servi di Cana |
B235-A6
La forza suggestiva della fraternità tra un uomo e il suo Dio, il « soli fide Deo » di un'anima proiettata verso un mistico abbraccio con il suo creatore e salvatore, la denuncia profetica - « Il mio buon Gesù crocifisso è mestissimo ( 19 sett. 1906 ) - e l'impegno del discernimento - « Io ( Gesù ) ti dò tanta grazia » ( 16 sett. 1906 ) -.
Queste le note salienti d'una meravigliosa avventura spirituale che coinvolge, e trasforma, due uomini di Dio capaci di leggere e interpretare, con singolare « intelligenza d'amore », la realtà divina nel suo desiderio d'incarnarsi in quell'ora e in quel vissuto specifico.
Nella problematica Torino d'inizio secolo, la « sapienza divina » prende per mano un francescano ( Fra Leopoldo M. Musso ) e un Fratello delle scuole cristiane ( Fratel Teodoreto Garberoglio ) e li guida, contemplativi nell'azione, verso realizzazioni spirituali ed umane che hanno del miracoloso.
Il « Crocifisso » si manifesta loro nella sua duplice dimensione, orizzontale e verticale, simbolizzata dai legni della croce.
Intesse un fitto dialogo spirituale, ricco d'accenti profetici, con il converso francescano - « una grande confidenza passerà fra me e te » ( 18 agosto 1906 ) - e lo prega di coinvolgere in alcune realizzazioni sociali e caritatevoli il Fratel Teodoreto - « Dirai al Fratello Teodoreto che faccia ciò che ha nella mente » ( 23 aprile 1913 ).
Seppur non con taglio agiografico, « queste pagine non racconteranno la biografia di Fra Leopoldo » afferma Padre Vasconi, il libro è, tuttavia, la storia di un'anima, il racconto di un lungo colloquio spirituale - « Come è bello conversare con Dio nel S.S. Sacramento nelle ore silenziose! » ( 28 ottobre 1908 ), i cui frutti maturano e matureranno rigogliosi in un domani, forse disatteso da molti, ma non dal binomio spirituale voluto e costituito da Dio stesso.
Cristo ce l'ha detto: « Io vi ho dato l'esempio affinché voi operiate come avete visto fare ».
Egli ci ha lasciato il suo esempio affinché camminiamo sulle sue tracce, egli è la sola via che bisogna seguire; colui che la segue non cammina nelle tenebre, ma perviene alla luce della vita.
Gesù conosceva l'ideale concepito da Dio per l'umanità e ognuna delle - sue azioni era espressione di questo ideale.
Progetto sublime che il « Crocifisso » comunica a Fra Leopoldo: « Se tu mi dai tanto amore nell'adorarmi e ne fai promessa per tutto il tempo della tua vita, io ti dò tanta grazia » ( 16 sett. 1906 ). « Sii umile ed abbi confidenza » ( 25 ottobre 1912 ).
Don Columba Marmion s'interrogava: « Tra noi e Dio c'è l'infinito.
L'umanità dovrà dunque disperare?
L'oltraggio fatto a Dio non sarà mai riparato? … ».
Dio solo può rispondere.
Dio solo può dare una soluzione a questo angoscioso dilemma.
A noi l'umiltà dell'ascolto, perché: « Solo chi avrà la prontezza dei servi di Cana nell'obbedire … vedrà i miracoli di Dio ».
Ecco l'insegnamento di queste pagine che, prolungando l'itinerario spirituale di Fra Leopoldo nello spessore dell'oggi, ne dimostrano la vitalità e l'incidenza sugli uomini che accettano il manifestarsi della volontà divina nel quotidiano operare umano.
In un momento di altissima intimità ascetica, Fra Leopoldo, ormai giunto al termine della sua umana avventura, si volge ancora al suo Signore crocifisso, e su quel volto sofferente rivede: le lacrime che placano il lume insostenibile, il sangue profuso dal capo trafitto, la lingua che implora perdono per lo scorno dei carnefici.
Quella croce gli si inchioda addosso e divenuto lui stesso « crocifisso », così parla: « O mio Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice tutti mi hanno abbandonato! »; e Gesù: « Fa' coraggio non siamo due amici? ».
Giovanni Braida
( dal discorso del Papa per la canonizzazione di Fr. Miguel Febres Corderò f.s.c. )
Fr. Miguel parlava dei principali misteri della nostra religione con l'accento di un cristiano profondamente convinto.
I più anziani, giunti al termine della loro vita, rievocavano commossi l'insegnamento che Fratel Miguel aveva dato loro decine di anni prima.
Egli non esitò mai a presentare un cristianesimo impegnativo ed esigente ai giovani che andavano a lui.
Come aveva già fatto San Paolo con i suoi cari Corinzi, egli « predicava Gesù Crocifisso ».
Il Crocifisso presiedeva a tutta la sua esistenza e a tutte le sue occupazioni: in classe, al suo tavolo di scrittore, come anche in cappella e nei locali della Comunità, i suoi sguardi si affiggevano spesso all'immagine del Divino Crocifisso.
Ai ragazzi che, durante il loro ritiro spirituale, si preparavano alla confessione, egli faceva contemplare il Cristo in croce, mostrando loro le sue piaghe e sottolineando che esse erano state sofferte in espiazione dei peccati.
E questi giovani, dall'animo profondamente sensibile, non resistevano mai all'unzione delle sue parole.
Diversi testimoni assicurano che molti giovani erano commossi fino alle lagrime e lasciavano la scuola senza dir parola, visibilmente addolorati al ricordo delle sofferenze del Salvatore.