Crociata della sofferenza  

B261-A8

Anno XXIX, lettera n. 112 aprile 1993

La sofferenza nella rivelazione cristiana

1. La sofferenza accompagna la vita di ognuno

In questa lettera svolgiamo alcune considerazioni direttamente sui concetto di sofferenza alla luce della rivelazione cristiana, avvalendoci per la sistemazione e l'elaborazione della materia della trattazione che ne fa Arnaldo M. Lanz, alla voce « sofferenza », sull'Enciclopedia cattolica.1

Come osserva questo autore, la sofferenza accompagna la vita di ognuno, il che costituisce indubbiamente un problema esistenziale e morale, molto arduo sotto l'aspetto psicologico, per le profonde ripercussioni che esso implica nel nostro animo.

Per molti questo problema risulta insolubile, come in coloro che dichiarano « a me la vita è male », per citare un verso di Leopardi ( Cfr. Canto notturno di un pastore errante dell'Asia ).

Così talora capita di sentire la terribile affermazione che il vero male sarebbe l'essere nati, in pieno contrasto con quanto si eleva giornalmente nella preghiera a Dio: « Ti ringrazio di avermi creato ».

Peraltro non può non suscitare una certa apprensione il leggere nella stessa Sacra Scrittura alcune espressioni a prima vista di sconforto esistenziale, come quella di Giobbe in preda al la sventura, quando dichiara: « perisca il giorno nel quale fui generato / e la notte che disse: Ecco un bambino » ( Gb 3,3 ).

Indubbiamente questa e le altre simili espressioni formulate da Giobbe vanno intese, secondo quanto afferma Gianfranco Molli,2 come uno sfogo di un immenso dolore, più che la cosciente ribellione al proprio destino, inquadrandole in un atteggiamento di abbandono a Dio, come è attestato dallo stesso libro sacro ( « In tutto questo Giobbe non peccò e non pronunciò stoltezza verso Dio »; Gb 1,22 ).

2. Nel cristianesimo la soluzione del problema del dolore

Ma è proprio la rivelazione cristiana a dare al problema del dolore l'unica risposta che non solo calma lo spirito, ma lo sublima pur nella sofferenza più accentuata. Infatti è principio fondamentale che Dio non si diletta della morte e dei dolori degli uomini, secondo quanto è scritto: « Poiché Dio non ha fatto la morte / ne si rallegra per la fine dei viventi » ( Sap 1,13 ).

Anzi, nel disegno provvidenziale, frustrato dal peccato. Dio aveva stabilito che l'uomo passasse dalla vita terrena a quella celeste senza attraversare la dissoluzione della morte.

Questa, con tutte le dolorose sue conseguenze, è entrata nel mondo a causa del peccato ( Rm 5,17 ).

Quali siano queste conseguenze è l'esperienza generale: l'umanità è colpita dai dolori fisici, come le afflizioni corporali, l'indigenza, la povertà, la fame, la sete, le malattie più atroci, e dai dolori morali, come le tentazioni, l'aridità, l'ansietà, le incomprensioni, le avversità, fino all'odio e alle persecuzioni.

E tutto ciò si articola in un'ampia gamma di modi e di gradi.

E oltre ai dolori individuali vi sono quel I i collettivi e social i, come le guerre, le carestie e le altre calamità pubbliche.

La sofferenza è una conseguenza naturale della limitatezza umana, soggetta all'azione disgregatrice della natura e agli attacchi degli altri.

Di per sé non ha un valore soprannaturale, appunto perché è privazione di bene, ma può essere un richiamo, uno stimolo, un tonico morale, come già dimostrarono i moralisti dell'antichità classica, specialmente gli stoici, il cui ideale etico era costituito dall'apatia raggiungibile attraverso l'esercizio delle virtù, la liberazione dalle passioni, il vivere secondo natura, con fermezza d'animo e con impassibilità al dolore.

Ben più alta dimensione si verifica per le anime vivificate dalla grazia santificante, cioè per i cristiani che si abbandonano a Dio.

Per essi ogni sofferenza acquista un valore meritorio e impetratorio, cioè attira loro i favori divini.

Inoltre essa riveste un merito soddisfattorio e propiziatorio, poiché coloro che l'accettano con rassegnazione espiano le colpe e richiamano su di sé e sui propri cari la misericordia divina.

Nella vita morale la sofferenza è un rimedio preventivo contro molti peccati, poiché favorisce il distacco dalle creature.

Essa è altresì una luce che fa vedere meglio i valori della vita.

3. Imitazione di Gesù Crocifisso

Il dolore sopportato con amore e con rassegnazione aumenta il merito delle azioni, e unisce più intimamente a Dio, rendendo il sofferente più simile al Divino Salvatore che ha voluto redimere il genere umano dalla colpa attraverso il dolore e la croce.

Questa considerazione deve in particolare richiamare la nostra attenzione, e ciò per il suo valore intrinseco, ma altresì per la particolare devozione da noi serbata per il culto a Gesù Crocifisso, attraverso gli insegnamenti e la testimonianza del servo di Dio fra Leopoldo e del ven. fr. Teodoreto.

L'autentica ed esauriente risposta al problema del dolore la troviamo in Gesù Crocifisso, il quale ha voluto affiancarsi ad ogni sofferente, distendendosi sulla croce.

Potrà ancora restare non del tutto svelato il significato misterioso del problema della sofferenza, ma ciò che risulta ampiamente chiarito, e in modo da appagare le più insistenti esigenze della nostra mente e del nostro cuore, è che Dio stesso ha voluto sperimentare il dolore e la morte attraverso la natura umana da Lui assunta in Gesù.

Il sofferente pertanto non è più solo, ma ha accanto il Divin Maestro, che dall'alto della croce gli dice: « Oggi sarai con me in Paradiso »; ciò comporta già possedere nella speranza il bene eterno.

4. Valori della sofferenza nella tradizione cattolica

Riprendendo la trattazione del Lanz, vediamo brevemente come nella tradizione cattolica siano sempre stati riconosciuti questi valori della sofferenza.

Già S. Agostino osservava: « Da ogni parte Dio chiama gli uomini con il flagello della tribolazione » ( Commento ai salmi 103,8 ) e notava che il dolore ha valore diverso secondo il modo con cui si sopporta: « Non quali ( dolori ), ma quale ciascuno patisce » ( La città di Dio 1,8 ).

S. Francesco di Sales affermò che « Nostro Signore ci fa spesso un bene maggiore per mezzo dei travagli e delle afflizioni che per mezzo della felicità e delle consolazioni » ( Lettera 814 ).

Infatti attraverso la prova della sofferenza si afferma e si affina la virtù ( 1 Pt 1,7 ), che acquista consistenza come il vaso di creta al fuoco ( S. Agostino, Comm. ai salmi 75, v. 16 ).

Perciò già S. Paolo si congratulava con i Filippesi che Iddio avesse fatto loro la grazia « non solo di credere in Cristo, ma di patire per Lui » ( Fil 1,29 ).

Nell'ascetica cristiana è di grande valore l'accettazione generosa della sofferenza, secondo la parola di Gesù: « Beati quelli che piangono perché saranno consolati » ( Mt 5,5 ).

La sofferenza entra nei disegni dì salvezza di Dio non solo come momento di espiazione, ma per manifestare le opere di Dio, come apprendiamo dalla risposta di Gesù alla domanda dei suoi discepoli sulle cause della cecità del cieco nato: « Ne lui ha peccato, ne i suoi genitori, ma fu perché siano manifestate in lui le opere di Dio » ( Gv 9,3 ).

Inoltre nel disegno di Dio tutti i mali sono indirizzati a un bene.

Così fu per la malattia di Lazzaro, ordinata dalla Provvidenza affinché « il Figlio di Dio fosse glorificato » ( Gv 11,4 ).

Il fedele deve quindi accettare la sofferenza con spirito di fede, senza ribellarsi, ma con rassegnazione.

5. Ascesi nella sofferenza

Ma oltre a questo fondamentale dovere, vi sono gradi di maggiore perfezione, quando si accetti la sofferenza come esplicita conformità alla Divina Volontà, a imitazione del Salvatore, il quale ha detto che « chi non porta la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo » ( Lc 14,27 ).

Il più alto grado di questo itinerario spirituale si verifica quando non solo si accetta la sofferenza con piena dedizione, ma la si abbraccia con gioia per amore del Signore.

Tutti i santi perciò amarono la sofferenza e la esaltarono.

S. Ignazio di Loyola chiamava la malattia « un dono non minore della sanità » ( Cost., parte III, cap. 1,17 ) e S. Giovanna di Chantal affermava: « Per me terrei in conto di grande grazia che neppure un giorno solo della mia vita fosse senza dolore, anzi neppure un'ora, per fare penitenza dei tanti peccati che ogni giorno vado commettendo » ( Lettera 310 ).

Nell'Imitazione di Cristo è compendiata la dottrina cristiana sulla sofferenza nel capitolo « La via regale della santa Croce », e ad esso facciamo rinvio, limitandoci allo stralcio di un brano, a conclusione di queste riflessioni.

In altra occasione riprenderemo e svilupperemo le considerazioni sulla sofferenza ricavate da S. Giovanni Battista de La Salle, dal servo di Dio fra Leopoldo e dal ven. fr. Teodoreto, già esposte e trattate in altre lettere, quali tematiche per noi fondamentali, perché tratte dai testi ispiratori della spiritualità dell'Unione catechisti.

6. Dall'Imitazione di Cristo

A molti sembrano assai dure queste parole: « Sacrifica te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù ».

Ma saranno assai più dure queste altre ultime parole: « O maledetti, via da me, nel fuoco eterno » ( Mt 25,41 ).

Quelli che adesso ascoltano e praticano le parole circa la croce, allora ( al giudizio finale ) non temeranno di dover ascoltare quelle altre parole di eterna dannazione.

Quando il Signore verrà all'ultimo giudizio, in cielo apparirà appunto questo segno della Croce ( Imitazione di Cristo 2,XII,1 )

Quanto più in alto uno avrà progredito nella vita dello spirito, tanto più pesanti croci troverà, perché quanto più cresce in lui l'amore verso Dio, tanto più penoso gli riuscirà l'esilio quaggiù.

Costui peraltro, anche se afflitto da tanti lati, non è del tutto privo del sollievo di qualche consolazione: perché, dal patire la sua croce, sente che gli viene un accrescimento di merito gradissimo; infatti, siccome egli si sottopone alla croce con amore, tutta l'acerbità della pena gli si converte in fiducia di consolazione divina.

E quanto più la carne viene straziata dai dolori, tanto più lo spirito si corrobora per l'interna grazia.

E ( accade persino ) talvolta che a tale punto sia confortato nel suo stato di tribolazione e contrarietà per l'amore che egli ha alla conformità con la croce di Cristo, che non vorrebbe più vivere senza dolori e avversità perché è convinto che sarà tanto più gradito a Dio quanto più numerose e dolorose pene avrà potuto tollerare per suo amore.

Certamente però una cosa simile non è virtù umana ma è la grazia di Cristo che così grandi meraviglie opera nella debole carne, conducendola al punto di farle accettare ed amare con il fervore dello spirito ciò che, naturalmente, sempre aborre e fugge » ( Imitazione di Cristo 2,XII,7-8 ).

1 Libero adattamento e sviluppo dell'articolo di A. M. Lanz, alla voce « Sofferenza », sull''Enciclopedia cattolica, ed. Città del Vaticano, 1948.

2 La Sacra Bibbia, voi. II, Marietti, p. 10.

Intenzione generale di preghiera

Preghiamo il Padre perché i cristiani, specialmente i sofferenti, trovino in Cristo Crocifisso e Risorto la sorgente della vita e dell'amore.

Intenzioni particolari

Ricordiamo nelle preghiere e nell'offerta delle sofferenze le seguenti intenzioni:

- perché i popoli trovino nella collaborazione e nella solidarietà la garanzia di un autentico e durevole sviluppo;

- perché nei cristiani, specie nei laici, si sviluppi la coscienza che tutti siamo chiamati alla pienezza della carità e alla vita come servizio nella carità;

- per i lavori del 42° Capitolo generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane;

- per la conclusione e la ripresa degli esercizi spirituali agli allievi della Casa di Carità;

- per gli sviluppi della Casa di Carità;

- per le intenzioni degli iscritti alla Crociata della sofferenza, e in particolare R. M. E. ( Biancavilla ); S. M. ( Milano ); C. G. D. ( Torino ); C. M. A. ( Vibo Valentia ) ringrazia per grazia ricevuta; R. G. ( Andora ) per il marito Gianbattista e per tutti i suoi defunti; R. R. ( Torino ); C. G. ( Giaveno ) per una persona ammalata; L. M. B. ( Desio ); B. l. ( Torino ) per Marco e genitori; P. I. ( Roma ); R. B. ( S. Matteo ) per Giovanni e Gabriele; A. M. T. ( Vibo Valentìa ); F. l. ( Catania ); N. R. ( Ad Bonaccorsi ); G. R. ( Andora ); I. R. ( Ragusa ); D'A. M., P. M. e G. S. per il figlio e per la nipote Enza, per la salute e per lo spirito; C. A. ( Torino ) per la sua salute; S. B. ( Francavilla ) per la sua salute e per Antonio; M. C. ( Vibo Valentia ); D. M. I. ( Catania ); P. E. ( Rivoli ); E. L. ( Piovono ); C. G. ( Torino ); Q. G. ( Torino ); D. M. ( Cividino ) perse e per la sua famiglia; A. A. V. ( Torino ) per la sua salute; M. M. V. ( Bologna ) per la conversione di una persona; G. W. ( Vercelli ) secondo le sue intenzioni; C. M. A. ( Vibo Valentia ); B. A. M. ( Novate Milanese ) per le famiglie dei suoi figli; V. M. ( Torino ) per persone care.

Preghiere di suffragio

La nostra preghiera si elevi per i defunti dell'Unione Catechisti, della Casa di Carità e dei Fratelli delle Scuole Cristiane, confratelli, insegnanti, parenti e benefattori. In particolare, ricordiamo i catechisti associati Mario Serra, Claudio Signorino e Pietro Valetti, fr. Achille Peiretti e fr. Adriano Pessino, il prof. Pietro Zeglio, il dott. Franco Invernizzi, l'ing. Felice Bardelli, progettista della Casa di Carità, il sig. Vincenzo Moccia, papa del nostro catechista.

Preghiamo in modo speciale per S. V .P. ( Torino ) per i suoi cari defunti; B. E. ( Milano ) per i suoi defunti; B. A. ( Mantova ) in suffragio di Augusto e Francesco; P. I. ( Roma ) per le anime del Purgatorio; P. l. ( Torino ) in suffragio di Antonio e Pierina; D. M. G. ( Ad Bonaccorsi ) in suffragio dei suoi cari defunti ); M. R. ( Tavigliano ) in suffragio del fratello Antonio; F. T. ( Asola ) in suffragio della mamma Clementina; C. M. A. ( Vibo Valentia ) per i suoi defunti; Gì. ( Torino ) in suffragio del fratello Cesare; B. A. ( Mantova ) in suffragio di Augusto Bossi; L. G. ( Torino ) in suffragio dei defunti; A. V. ( Marina di Carrara ) in suffragio della mamma Cleofe e del fratello Enrico; A. S. ( Bronte ) per le anime dimenticate.