Riflessioni sul "Logos" |
B345-A4
riassunte da testi inediti di mons. Giuseppe Pollano ( sul Vangelo secondo Giovanni ).
Nei precedenti Bollettini n°. 334 e n°. 335 abbiamo iniziato la pubblicazione di riflessioni inedite di mons. Pollano sul Logos divino: così l'Autore indica la Persona della SS. Trinità fattasi uomo in Gesù.
Nel linguaggio liturgico latino, o da questo derivante, tale divina Persona è denominata Verbo.
Ma in modo più attinente all'amore tra le Tre Persone, e alla sua Incarnazione, viene chiamato e invocato Figlio: così nelle preghiere e negli atti di rilevanza fondamentale, come nel segno della Croce, nel Credo, nel catechismo, e così via.
Con diretto riferimento a don Pollano poi, sento di dovere sottolineare che nelle esortazioni personali invitava a denominare Iddio fatto uomo con il termine Figlio, oltre che, ovviamente e prevalentemente, con il dolce nome Gesù.
Di conseguenza si pone la domanda sul perché don Pollano impieghi la parola Logos nel titolo e nel contenuto delle presenti riflessioni, e soprattutto nel titolo e nel testo della sua magistrale opera inedita: "Segreti del Logos", incentrata sul Figlio di Dio, generato in eterno e fatto uomo.
Il termine Logos è vocabolo greco, ma anche italiano, con le stesse lettere ( salvo i diversi segni alfabetici ), con lo stesso suono, e soprattutto con il medesimo significato: parola, detto, affermazione.
In latino il termine corrispondente è verbum, impiegato appunto nella lingua ecclesiastica occidentale.
Va notato che Logos con l'iniziale maiuscola sta a indicare nel Nuovo Testamento il Verbo divino, il Figlio di Dio, e tale significato gli è stato conferito dall'autore del quarto Vangelo, S. Giovanni, che ha scritto in greco.
Quindi il Logos è il Figlio generato in eterno da Dio Padre, e incarnatosi in Gesù per opera dello Spirito Santo.
Potremmo affermare che la risposta è contenuta nello stesso titolo di questo paragrafo, cioè "( teo )logica".
La logica, l'arte di ragionare, deriva appunto da logos, e informa tutto il nostro pensiero, perciò in definitiva il nostro modo di agire e di essere.
Conseguentemente ci impressiona che il Figlio di Dio sia presentato da Giovanni nella sua peculiarità di Logos, con un nome a noi ben noto, che ci richiama alla nostra razionalità.
Ciò ci rivela che vi è una "logicità divina", in definitiva la Verità e il Bene assoluto proprio di Dio, e una "logicità creata" e umana.
Per tale "logicità" vi è quindi possibilità di relazione, di familiare vicinanza con il Logos, Luce vera che illumina ogni uomo pur senza rivelarsi come Persona, e giungere alla conoscenza naturale di Dio.
Ma la nostra ragione, per la sua libertà, può anche limitarsi ad una dubbiosa e lontana impressione, o negare il Logos, pur sorgente di essa ragione.
Peraltro, a fronte di ciò, il Logos ci ha soccorso, offrendoci una conoscenza diretta di Sé, con la sua venuta personale fra di noi, incarnandosi in Gesù Cristo Signore.
Incentrare un'esposizione dottrinale sul Figlio di Dio eterno e incarnatosi, chiamandolo Logos, è indubbiamente un modo di esprimersi che – pur nei limiti del nostro linguaggio umano - tende ad avvicinarci alla sua Persona, generata eternamente dal Padre nel suo seno, "irradiazione della sua gloria, impronta della sua sostanza", e da Lui e dal Padre ci è inviato lo Spirito Santo.
L'esporre ed approfondire, da parte di don Pollano, riflessioni e segreti del Logos che ci siano accessibili ( ad esempio: l'essere in principio; l'essere presso Dio; il tutto fatto per suo mezzo; l'uomo ne è espressione; l'uomo, anzi il creato, è "logoide"; il Logos si è fatto carne, per citarne alcuni ) ci elevano agli eterei cieli della divina Trinità, dandoci un assaggio della gloria, della luce e dell'amore di Dio.
Soprattutto rafforzano la nostra predilezione a Gesù, il Crocifisso Risorto, e adorando le sue Ferite sanguinanti e gloriose sia più viva in noi la coscienza, e nel cuore l'amore, che quel Corpo dilaniato e poi raggiante non solo appartiene, ma è il Logos in Persona.
V. M.