Fr. Teodoreto maestro di teologia spirituale |
B346-A3
Avvertenza.
Alcune espressioni potranno sembrare desuete per il linguaggio di oggi, ma i contenuti e le riflessioni sono estremamente attuali e fruttifere, per cui se ne consiglia la lettura e la meditazione.
a) Parlando delle virtù fu rilevata l'esistenza della virtù della religione, che ci dispone a rendere a Dio il culto che gli è dovuto.
A tale virtù corrisponde il dono della pietà.
Tuttavia il motivo del dono della pietà e della virtù della religione non è lo stesso.
La virtù prende per fondamento del culto che rende a Dio qualche cosa di umano, cioè il beneficio ricevuto da Dio in forza del quale l'uomo diventa suo debitore.
Il dono della pietà si eleva assai più in alto.
Essa spinge a rendere onore e gloria a Dio non perchè gli sono dovuti, ma perché Dio ne è infinitamente degno in se stesso.
L'anima arricchita del dono della pietà dice a ogni creatura: Lodate con me il Signore, e insieme esaltiamo il suo divin nome ( Sal 34,4 ).
L'anima dimentica se medesima, si eleva al di sopra di tutti i benefici ricevuti da Dio, si attacca immediatamente a Lui stesso, lo venera, gli rende i suoi omaggi, esalta le sue perfezioni divine e non considera in tutto ciò che l'infinita grandezza di Dio, e, per contro il proprio niente.
"Vi ringraziamo, o Signore Iddio onnipotente, che siete e che eravate e che verrete, perché avete rivelato la vostra forza e avete regnato" ( Ap 11,17 ).
E, con la Chiesa, l'anima canta: "Vi ringraziamo, o Signore, per la grandezza della vostra gloria" ( prefazio della Messa ).
Non è la qualità di creatore, di benefattore che spinge l'anima a onorare Dio e a lodarlo, è la sua eccellenza infinita; non è quale debitrice che a Lui si rivolge, ma quale figlia.
Vede in Dio il Padre, gode delle sue perfezioni, della gloria infinita che lo circonda, come il figlio si rallegra della grandezza di suo padre e dell'amore che gli si tributa.
Da questa prima differenza tra il dono della pietà e la virtù della religione ne deriva una seconda.
Parlando della virtù della giustizia, si è notato che non contiene solo la virtù della religione, ma una quantità di altre virtù.
E deve essere così, perché il motivo della virtù della religione è l'eccellenza propria di Dio, per cui è il supremo Padrone e il distributore di tutti i benefizi.
Ora tale titolo è riservato solo a Dio.
Perciò altre virtù devono aiutarci a compiere i nostri doveri verso il prossimo.
Ma altro è il dono della pietà.
Questo basta da solo a farci adempiere divinamente tutti i doveri che ci impone la nostra vita di relazione.
Il suo fondamento infatti è l'eccellenza di Dio infinita in se medesima e condivisa da tutti coloro che, per mezzo della grazia, partecipano alla sua natura e sono diventati suoi figli.
La virtù della pietà non si limita a onorare solamente il padre, si allarga al prossimo, a tutta la famiglia.
Lo stesso accade nella nostra divina famiglia.
La Carità ci ha fatti figli di Dio, noi lo veneriamo perciò e lo amiamo come nostro Padre, ma, nello stesso tempo, veneriamo la nostra Madre celeste.
Gesù è nostro Fratello divino; tutti gli eletti, tutti coloro che sono figli di Dio o che possono ancora diventarlo sono o possono essere un giorno nostri fratelli.
E ciò basta perché loro manifestiamo una fraterna tenerezza.
Il dono della pietà ci procura, per lo stesso motivo, una docilità, una venerazione e un amore filiale pei nostri superiori che tengono il posto del nostro Padre Celeste, un cuore paterno per gl'inferiori nostri, una tenera compassione per tutti coloro che sono nelle pene, delle viscere di misericordia pei poveri peccatori, specie per le anime più abbandonate, e un ardente desiderio di venire in loro aiuto.
È il dono della pietà che forma il cuore dell'apostolo, del missionario, del prete, della suora di carità e loro ispira l'eroica dedizione, il totale oblio di se stessi, il sacrificio di quanto a loro è più caro quaggiù per correre alla ricerca delle anime, per ricondurre i traviati in seno alla famiglia divina e rallegrare così il cuore del Padre e della Madre.