"Riflessioni sul Logos dal Vangelo secondo Giovanni" |
B349-A4
di mons. Giuseppe Pollano
Stralci di pensieri sul Prologo, liberamente riassunti.
Sesta serie, sul versetto Gv 1,14: « E il Logos si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi: e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e verità ».
Questa dichiarazione, riferendosi ad un evento storicamente avvenuto, riguarda tutta l'umanità presente, passata e futura.
Ed è appunto questo evento di portata universale che il cristianesimo annunzia e testimonia: la venuta di un uomo perfetto, partecipante alla vita divina ( cfr. 2 Pt 1,4 ), quindi l'"uomo in assoluto".
Il Logos, Persona divina, non ha solo unito a sé una persona umana, come nelle nostre adozioni, ma ha conferito la sua stessa Persona ad una natura umana incipiente, prima che questa acquisisse la personalità.
La Persona Logos ha quindi anche la stessa natura nostra umana, ma in modo eminente.
Difatti ogni persona umana è presente a se stessa e opera per sé, il che significa disporre di un ambito, di una porzione di essere, cioè di esistenza, che però nella creatura non è infinito, ma limitato.
La persona limitata intende e opera solo nella propria porzione di essere, senza altre possibilità.
Quindi rispetto a Dio la persona umana, chiusa nella sua finitezza, rimane impedita, in quanto tale, di adeguarsi alla vita della Persona divina.
L'Incarnazione è l'opera per cui il Logos, Persona divina, insoggetta, cioè inserisce in Sé, un uomo, comunicandogli il sapere, volere, amare, agire a Lei propri, e liberandolo dalla sua finitezza.
Ma quest'uomo, Gesù di Nazaret, rimane intatto nella sua identità umana, perché questa è attiva nell'azione divina che la sostiene e la trascende, senza annullarla.
Ciò significa che:
1° ) Gesù è libero come ognuno di noi, ma è immerso nella libertà di Sé-stesso-Logos, vive le proprie facoltà umane ( conoscere, decidere, amare ), ma nella vita soggettiva di Logos, e come uomo acquisisce meriti davanti a Dio, di tale sua adeguazione a Lui ( cfr. Gv 5,30 ).
2° ) Gesù annulla il peccato dell'uomo senza annullare l'uomo.
Annullando il peccato quale effetto della finitezza umana che si oppone a Dio, elimina la radicale contrarietà al Creatore da parte della creatura ( che vorrebbe riporre in se stessa il principio e il fine di tutto ).
Esultiamo quindi per l'Incarnazione, nella totale adesione nostra al Logos fatto uomo, accogliendo la sua intenzione di partecipare se stesso a tutti gli uomini!
A meno che non intendiamo arrestarci, traendo solo dalla nostra finitezza "consolazione e sazietà" ( cfr. Lc 6,24-25 ), ma ingannandoci.
Gesù invece svela e comunica, con la sua Incarnazione, la partecipazione dell'uomo alla potenza di Dio, potenza che si manifesta con:
a) la pienezza dell'amore per pensare, agire e vivere;
b) la trascendente libertà rispetto a finitezze non divine per vivere;
c) la coscienza di sussistere oltre la morte nel soggetto Logos, come uomo risorto;
d) il vitalizzare in modo sovrumano, o sacramentale, tutti gli uomini;
e) l'instaurazione del Regno, come sinergia di terra e Cielo.
Tutto questo è implicito, e perciò contenuto, nel suddetto versetto 14 del Prologo.
Tutta la vita di Gesù Cristo va interpretata con riferimento a tale contesto, soprattutto dove Egli sembra isolarsi in un cammino a noi inaccessibile, mentre è proprio nella sequela di Lui, Logos fatto uomo, che noi troviamo il senso di noi stessi.