Catechismo degli Adulti |
Secondo gli Atti degli apostoli, Gesù risorto, attraverso i suoi discepoli, fa un ultimo tentativo di radunare intorno a sé l'intero Israele, per attirare poi anche i pagani.
Alla gente di Gerusalemme, sbalordita per la guarigione dello storpio, Pietro dice: "Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l'ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione e perché ciascuno si converta dalle sue iniquità" ( At 3,26 ).
Il tentativo all'inizio sembra riuscire con la crescita prodigiosa della comunità cristiana di Gerusalemme.
Ma il successo non dura a lungo.
Si diffonde un clima di ostilità.
Le conversioni degli ebrei diminuiscono; si moltiplicano invece quelle dei pagani.
Ad Antiòchia di Pisidia, Paolo e Barnaba così si rivolgono ai propri connazionali: "Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani" ( At 13,46 ).
440 Davanti alla
predicazione di Gesù e degli apostoli, Israele si divide: quelli che
credono,
entrano nella nuova alleanza e costituiscono il nucleo iniziale della
Chiesa;
gli altri formano l'"Israele secondo la carne"
( 1 Cor 10,18 ).
Progressivamente la frattura si allarga.
Dapprima i seguaci di Gesù, chiamati "nazorei" ( At 24,5 ), vengono considerati una nuova setta dentro il giudaismo.
Poi appaiono all'opinione pubblica come una setta mista di ebrei e greci, e ad Antiòchia, per la prima volta, sono chiamati "cristiani" ( At 11,26 ).
Ben presto, già al tempo di Nerone, vengono senz'altro identificati come una nuova religione, diversa dall'ebraismo e presa subito di mira con una sanguinosa persecuzione.
Verso la fine del I secolo e l'inizio del II si accentua nei loro confronti l'aggressività degli ambienti giudaici, con accuse presso le autorità romane e violenze.8
D'altra parte nei secoli successivi, soprattutto durante il medioevo, si sviluppa nel mondo cristiano una mentalità ostile agli ebrei, considerati ingiustamente deicidi e maledetti da Dio, disprezzati e temuti per la loro diversità sociale, fatti oggetto di molti pregiudizi.
Infine, alimentato da apporti culturali estranei al cristianesimo, spunta il moderno antisemitismo razzista.
441 Il concilio Vaticano II ha riprovato severamente pregiudizi, ingiustizie e violenze del passato, cercando di avviare un nuovo rapporto tra cristiani ed ebrei: "Questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo.
E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro tempo.
E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura …
La Chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque".9
Tutti i peccatori, di tutti i tempi e di tutti i popoli, sono causa della morte di Gesù.
La responsabilità storica della sua morte coinvolge solo una parte delle autorità ebraiche e degli abitanti di Gerusalemme di quel tempo; soprattutto vi hanno un ruolo decisivo anche le autorità romane.
Immotivata è l'accusa di deicidio, proprio perché la condanna di Gesù partiva dal mancato riconoscimento della sua divinità.
Nessun testo della Scrittura giustifica poi l'affermazione che Dio abbia maledetto il popolo ebraico; al contrario, i doni e l'elezione di Israele sono irrevocabili: "Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio" ( Rm 11,2 ).
La Chiesa condanna tutte le forme di persecuzione degli ebrei nella storia, fino allo sterminio programmato di cui sono stati vittime nel XX secolo.
Il rifiuto di ogni discriminazione e il riconoscimento delle responsabilità, anche dei cristiani, sono il presupposto per impedire il diffondersi dell'antisemitismo e per aprirsi ad una reciproca comprensione.
La necessità di un dialogo, amichevole e costruttivo, trova fondamento non solo nel rispetto dovuto a ogni persona umana, ma anche nel particolare legame che unisce le due religioni, legame di vera parentela spirituale.
Il cristianesimo ha le sue radici nell'ebraismo: la fede cristiana ha ereditato l'Antico Testamento e continua a nutrirsi di esso; il Figlio di Dio si è fatto uomo ebreo, ha predicato agli ebrei e rimane per sempre ebreo; la prima Chiesa è nata ebrea e ha trasmesso alle generazioni successive numerosi elementi liturgici, istituzionali e spirituali di origine ebraica.
Giustamente Giovanni Paolo II ha chiamato gli ebrei nostri "fratelli maggiori".10
443 Gli ebrei in gran parte non hanno accettato il vangelo; ma il ruolo di Israele permane nella storia della salvezza.
Secondo l'immagine usata da Paolo, sono rami tagliati dall'olivo; ma rimangono della sua stessa natura, partecipano ancora della sua santità: ( Rm 11,16.24 ) "Sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" ( Rm 11,28-29 ).
L'antica alleanza "non è mai stata revocata",11 ma perfezionata dalla nuova.
Gli ebrei, intimamente solidali con la comunità cristiana, rimangono popolo di Dio.
Congiunti pertanto al mistero della Chiesa, che ha la pienezza dei mezzi di salvezza, cooperano anch'essi all'edificazione del regno di Dio; svolgono "un servizio all'umanità intera".12
Non si può parlare di due vie parallele di salvezza, ma neppure di sostituzione di una con l'altra.
Gli ebrei rimangono depositari e testimoni delle promesse di Dio. ( Rm 9,4 )
La loro mancata adesione a Cristo è un monito anche per i cristiani a mantenersi umili, a non presumere troppo di se stessi. ( Rm 11,19-21 )
Destinati ad essere reintegrati in Cristo e ad essere salvati
dopo che "saranno
entrate tutte le genti"
( Rm 11,25 ), costituiscono un
segno permanente della
fedeltà di Dio, segno ancor più persuasivo se si tiene conto delle
gravi
minacce portate in ogni tempo alla loro stessa esistenza.
445 C'è chi nelle persecuzioni subite dagli ebrei vuole vedere un castigo divino e una conseguenza dell'infedeltà all'alleanza.
Una tale interpretazione potrebbe valere per la storia di ogni popolo.
Non va dimenticato piuttosto che più volte gli ebrei vengono perseguitati per la loro fedeltà religiosa alla Legge e danno prova di coraggio fino al martirio.
Bisogna piuttosto vedere in questa storia di sofferenza il segno della precarietà umana, che trova sostegno presso Dio.
Già in epoca biblica questo piccolo popolo rischia ripetutamente di essere distrutto dai potenti vicini e ripetutamente, contro ogni ragionevole previsione, riesce a salvarsi: così con gli egiziani, con i filistei, con gli assiri, con i babilonesi, con Antioco Epìfane.
Le aggressioni proseguono nei secoli della nostra èra.
Non è possibile dimenticare le ribellioni duramente represse dai romani, i sanguinosi tumulti popolari antigiudaici nel medioevo, la cacciata dalla Spagna nel secolo XV, l'insurrezione cosacca nel secolo XVII, infine lo sterminio nazista di milioni di ebrei.
Una tragica catena di violenze, una tradizione di martirio.
È davvero sorprendente che sopravviva e conservi la propria identità una minoranza, privata della sua terra, dispersa in mezzo a molte nazioni, emarginata e perseguitata.
La Bibbia, per quanto riguarda le crisi più antiche, attribuisce esplicitamente l'imprevedibile salvezza alla fedeltà di Dio: è da pensare la stessa cosa per quelle successive.
Con la sua storia di passione, il popolo eletto partecipa al mistero del Cristo redentore e incarna emblematicamente la figura profetica del Servo che espia i peccati del mondo.
Il dialogo tra cristiani ed ebrei deve mirare innanzitutto a una migliore conoscenza reciproca, premessa indispensabile per la fiducia e la collaborazione.
Noi cristiani dobbiamo considerare non solo l'antico Israele, ma anche gli sviluppi dell'ebraismo post-biblico: il giudaismo rabbinico e la sua feconda tradizione etica e giuridica; la Qabbalah, mistica dell'unità, in cui confluiscono speculazione cosmologica, allegoria biblica e attesa messianica; il chassidismo, religiosità semplice, intensa e gioiosa; infine le correnti moderne, come l'ebraismo ortodosso e quello riformato.
447 La diversità va presa sul serio e rispettata.
Ma ci dobbiamo anche rendere conto che il comune patrimonio spirituale è grande:
un solo Dio, creatore, signore della storia, trascendente e presente; ( Is 45,14-19 )
bontà del mondo creato, sviluppo proteso a un compimento ultimo, risurrezione dei morti e vita eterna;
( Sap 1,13-14; Sap 2,23 )tradizione orale accanto alla Scrittura, ( Dt 17,8-13 ) istituzioni ecclesiali derivate dalla sinagoga;
etica dell'amore verso Dio e il prossimo, ( Lv 19,18; Dt 6,5 ) senso della famiglia, della giustizia e della solidarietà;
liturgia come memoriale, lettura dell'Antico Testamento e preghiera dei Salmi, feste ebraiche come la Pasqua e la Pentecoste attualizzate con nuovo significato, elementi rituali di derivazione ebraica come il battesimo, la preghiera eucaristica di benedizione, la stessa struttura complessiva della Messa.
( Es 24,3-11; Lv 2,2; Ne 8,1-12 )
Conoscere la religione ebraica giova a conoscere meglio anche la religione cristiana.
Alla reciproca conoscenza è dedicata ogni anno la giornata per il dialogo ebraico-cristiano del 17 gennaio.
448 Motivo fondamentale di divisione rimane la diversa posizione riguardo al Messia.
Per noi cristiani egli è già venuto in Gesù di Nazaret; per gli ebrei non si è ancora manifestato.
Tuttavia, gli uni e gli altri attendiamo una sua venuta futura al termine della storia.
L'interpretazione cristiana dell'economia salvifica distingue la promessa, il compimento parziale e il compimento ultimo: sul primo e sul terzo di questi momenti è possibile trovare convergenze tra cristiani ed ebrei.
Ampia soprattutto può essere la collaborazione nella prassi, per la promozione della giustizia e della pace.
Per gli uni e per gli altri, pur con diversa consapevolezza, si tratta in definitiva di preparare l'umanità ad accogliere il Messia e il regno di Dio.
449 I cristiani sono legati agli ebrei da una speciale parentela spirituale: hanno in comune con loro un patrimonio religioso da mettere a frutto nel dialogo e nella collaborazione.
Indice |
8 | San Giustino, Prima apologia, 31, 5; 36, 3 |
9 | Nostra Aetate 4 |
10 | Giovanni Paolo II, Discorso alla comunità ebraica nella sinagoga di Roma, 13 marzo 1986 |
11 | Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica a Magonza, 17 novembre 1980 |
12 | Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica dell'Alsazia a Strasburgo, 9 ottobre 1988 |