Convegno ecclesiale di Verona |
Moderatore: don Silvio Barbaglia, docente di sacra Scrittura al Seminario diocesano di Novara
Segretario: Nicolo Terminio, psicologo, Roma
17-18 ottobre 2006
L'organizzazione degli interventi del primo confronto si è strutturata entro quattro prospettive.
La prima, di matrice biblico - teologica, ha evidenziato che ogni persona rimane una « risorsa », anche chi è socialmente più « condannabile », in quanto icona dell'immagine di Dio.
Dall'atteggiamento di Gesù con persone fragili e dall'avere egli stesso assunto la fragilità umana emerge chiaramente una prospettiva solidale di Dio con l'esperienza di fragilità umana.
La seconda prospettiva attorno alla quale si è articolato il numero maggiore di interventi è quella pedagogico - pastorale, funzionale a mettere in luce anzitutto alcuni atteggiamenti di fondo come il valore dell'attesa, dell'autostima, del sapersi accettare e dell'accettare le sfide della fragilità, della perseveranza, dello « sporcarsi le mani » nella coscienza di essere « fragili in mezzo a fragili »; nasce la domanda: soggetti o destinatari di aiuto in stato di fragilità?
Accanto agli atteggiamenti di fondo sono state riportate preoccupazioni tipiche delle varie « pastorali » con le quali viene declinata la sfida della fragilità: le preoccupazioni di chi lavora in una pastorale della sanità, di chi è nella pastorale famigliare, oppure dei sacerdoti in difficoltà, di chi si preoccupa della pastorale giovanile.
La terza prospettiva ha voluto rimarcare l'urgenza di una relazione stretta e complementare con i soggetti presenti sul territorio, chiamati al servizio dell'uomo nella società e nell'impegno politico e amministrativo.
In altre parole, la necessità di una pastorale d'insieme con realtà collegate agli enti locali, all'associazionismo per una collaborazione diretta con il civile per raggiungere obiettivi comuni e far fronte alle sfide delle nuove fragilità.
Infine, la quarta dimensione ha ricoperto un valore trasversale.
Si è trattato della sottolineatura di elementi di metodo sia nella prassi delle strutture della pastorale sovente inceppata al proprio interno, sia nella capacità di costruire un progetto che richieda l'ingresso di atteggiamenti spirituali, competenze pedagogiche, capacità di analisi culturali e abilità alla progettazione.
Viene individuata così anche una forma di « fragilità delle nostre strutture pastorali » con un dispendio di energie umane e organizzative.
Emerge anche la necessità di un lavoro di rete richiesto da più parti ma ancora troppo lontano dalla sensibilità media in ambito ecclesiale.
Nella seconda parte dell'itinerario funzionale ad approfondire alcune linee portanti sono stati sottolineati alcuni atteggiamenti di fondo della fragilità: anzitutto l'urgenza di accrescere la capacità di ascolto.
Troppo spesso si fa esperienza di rifiuto, di indisponibilità all'accoglienza; tutto ciò appare come controtestimonianza e l'ambito della fragilità invita ad andare nella direzione di una possibile valorizzazione dell'esperienza dell'ascolto profondo.
In secondo luogo, la dimensione della condivisione è apparsa una risorsa essenziale per rendere credibile un'azione di Chiesa che sappia stare in compagnia con la sofferenza e il dolore.
La terza caratteristica è data dalla forza della riconciliazione e del perdono, risorsa fondamentale per celebrare la pasqua del Risorto, offerta di salvezza in questa nostra storia.
La fragilità si trasforma in risorsa salvifica quando, toccata dalla forza del perdono, pone la persona faccia a faccia con il proprio limite creaturale, originario.
L'umiltà con la sobrietà dei mezzi appare così un ulteriore atteggiamento basilare, per costruire una comunicazione significativa per una prassi di aiuto che parta dalla coscienza della propria fragilità al fine di offrire un aiuto in una prospettiva di gratuità.
Quest'ultima è anch'essa cifra assolutamente primaria nell'illuminare il quadro sempre più ricco della fragilità che, così connotata, riveste la forma di una fragilità redenta, capace di annunciarsi nella gioia, quella di un'umanità salvata, redenta, risorta.
Da questa costellazione potrà emergere quale sintesi di una riflessione sulla fragilità nella Chiesa una speranza per l'uomo, quella donata da Cristo stesso.
Accanto a tali atteggiamenti per una prassi spirituale e pastorale della fragilità, il gruppo ha più volte ribadito due elementi nodali: quello della centralità della comunità cristiana quale soggetto di azione e la corrispettiva centralità dei poveri quali soggetti preferenziali per la prassi pastorale.
Ma la scelta di esprimere le « povertà antiche e nuove entro la categoria di « fragilità » fa riflettere, in quanto obbliga ad ampliare il campo di comprensione di una realtà che troppo spesso è stata intesa e ristretta all'ambito socioassistenziale o della « carità », quale aiuto materiale della Chiesa.
C'è chi, provocatoriamente, ha detto che bisognerebbe « chiudere le Caritas », divenute troppo spesso una forma di delega ufficiale da parte della Chiesa dell'esercizio della dimensione assolutamente universale della carità per ogni cristiano e per tutta la Chiesa.
Questo andrebbe a contraddire la vocazione autentica della Caritas come era voluta da Papa Paolo VI.
In risposta parziale alle domande guida per i gruppi, l'attenzione è caduta su alcune indicazioni pratiche entro un approccio pastorale integrato.
a) Anzitutto la proposta di rimettere autenticamente al centro della vita comunitaria ecclesiale la celebrazione eucaristica nel giorno del Signore, come « mistagogia », come punto di attesa, di compimento e di slancio profetico del tempo della settimana in un recupero della festa e della pedagogia dell'anno liturgico.
La « comunità eucaristica », soggetto testimoniale richiamato dal documento per il decennio pastorale Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, assume, nella proposta, un ruolo centrale nel dare vita concreta a un'idea di comunità che nell'esperienza vissuta si raccoglie e celebra il mistero centrale della speranza.
Senza dover inventare cose nuove, tale struttura, se ripensata, può facilitare l'azione di discernimento delle fragilità che abitano la comunità sul territorio.
La preghiera, il confronto sulla Parola di Dio e la celebrazione divengono luoghi essenziali dell'esercizio del discernimento tipico della comunità ecclesiale, rispetto ai problemi della storia nel territorio in cui cresce la Chiesa.
Alcune esperienze concrete in questa direzione sono state richiamate per favorire una progettazione in linea con la pedagogia già indicata dalla struttura dell'anno liturgico.
b) Da qui l'urgenza della missionarietà nel concreto territorio della comunità cristiana in una testimonianza a contatto con i bisogni concreti di un'umanità sofferente.
La proposta quindi di un'azione segnata dalla collaborazione e dalla cooperazione della comunità ecclesiale con i vari soggetti che sul territorio già operano a sostegno di situazioni di difficoltà.
Il lavoro di rete tra i vari soggetti della comunità ecclesiale e la cooperazione con altre realtà della società civile, delle istituzioni e degli enti locali vanno pensati entro la prospettiva della sussidiarietà.
Esempi raccolti da esperienze in atto documentano la positività di tale azione già intrapresa da più parti.
c) La necessità della formazione è stata espressa nei termini del recupero delle istanze messe in atto dal progetto culturale della CEI.
Anzitutto educare alla fragilità nei diversi cammini che già si attuano nella catechesi, dall'iniziazione cristiana alla preparazione al matrimonio.
Quindi l'educazione alla sobrietà come stile della comunità ecclesiale.
L'educazione al perdono a partire da esperienze e da celebrazioni comunitarie della penitenza quale risorsa profonda di speranza e, infine, l'esercizio del discernimento come luogo più alto della formazione della comunità cristiana.
In questo contesto va collocato un richiamo all'educazione al volontariato nella sua forma autenticamente evangelica e socialmente utile, e quale luogo di proposta per le nuove generazioni.
In concreto, la proposta dell'anno di volontariato sociale con alcuni mesi: offrire occasioni per sperimentare la forza generatrice della fragilità quale luogo fecondo per una via di pastorale giovanile.
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