Convegno ecclesiale di Verona |
Moderatore: don Antonino Raspanti, professore stabile di teologia spirituale alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo
Segretario: Giampiero Donnini, consulente, Roma
17-18 ottobre 2006
La traditio fidei presenta l'aspetto della relazione personale; dove la qualità del testimone risalta anzitutto nella sua coerenza con il credo professato, che rivela verità e attualità dell'incontro con il Risorto, e l'aspetto ampio e pubblico, dove uniti a grappolo emergono la questione della formazione, della famiglia, dei mezzi della comunicazione sociale, non disgiunti dalla parrocchia quale luogo primario del vissuto quotidiano delle comunità cristiane.
Nella prospettiva della traditio le questioni indicate vanno assunte come indisgiungibili e da collegare sia alla comunità cristiana parrocchiale sia alle specifiche istituzioni ecclesiali ( associazioni, volontariato ecc. ) che per loro natura sono snodi di grande scambio e di transito dei cristiani.
È prevalente la volontà di creare legami e sinergie dal momento che in questi luoghi sono implicati a diverso livello varie componenti, che è impensabile lasciar agire da sole.
Alcune costanti investono questo grappolo: la mediazione culturale, lo stile dialogico dell'ascolto e del donare qualcosa che l'altro è in grado di far proprio riscrivendolo nella sua soggettività con un senso a lui proprio.
Tre fattori spingono a pensare una trasversalità nella proposta pastorale oltre i settori tradizionali:
a) la frammentazione culturale in atto;
b) la complessità dei processi della traditio fidei',
c) l'esigenza di accentuare l'aspetto esistenziale nella testimonianza, senza dover cadere nello spontaneismo del quotidiano tralasciando la programmazione nei luoghi istituzionali.
Il mondo dei mezzi della comunicazione sociale ha colpito tutti per l'incidenza che hanno nella trasmissione dei saperi, del significato del vivere e dei modelli comportamentali; ragion per cui sembra indifferibile porli ai primi posti dell'agenda ecclesiale.
Si è richiesta esplicitamente sia la preparazione di persone che aiutino genitori, catechisti, insegnanti e giovani ad acquisire una capacità critica nel loro uso ( buon aiuto sono le sale di comunità ), sia ad attrezzare meglio l'ufficio diocesano corrispondente, sia a iniziare una vera produzione propria e una preparazione di operatori specifici ( giornalisti e operatori di radio e tv ).
In altri termini, far entrare nella pastorale ordinaria la cura del mondo della comunicazione di massa.
La questione educativa è connessa con il grande ambito formativo del credente, dall'annuncio semplice e informale alla catechesi, ma anche al mondo della scuola e all'IRC.
Qui servono modalità nuove, ad esempio, di annuncio e catechesi, in ogni caso ben ordinate e programmate secondo itinerari che richiamino il catecumenato, l'iniziazione cristiana, l'ascolto della Parola e la liturgia.
La necessità di porre in primo piano gli aspetti esperienziali della comunicazione farebbe prediligere la modalità della narrazione di una storia, quella biblica, nella quale è più evidente che essa ha preso il testimone e adesso è offerta in forma di racconto agli altri ( di ogni età ).
La narrazione, infatti, è un genere letterario che si differenzia notevolmente da quello dottrinario intellettualistico e lo completa.
Considerato che l'adulto è ritenuto l'elemento chiave di tutto il processo della formazione, l'obiettivo di questa non può non essere un cristiano che sappia operare il discernimento nella propria vita e in quello spazio sociale ed ecclesiale in cui è posto.
Nel campo strettamente scolastico e universitario non serve più pensare ai soli insegnanti di religione, ma al coinvolgimento di tutte le componenti cattoliche che vi operano ( docenti, studenti, famiglie, insegnanti di religione ), con la loro capacità di abitare la scuola collaborando strettamente su alcuni valori di fondo con i non cattolici.
La stessa tematica familiare è tirata in gioco sempre nel contesto della comunità ecclesiale più vasta.
Il mondo genitoriale sente il bisogno di condurre una lotta condivisa sul piano educativo, di contro a un'epoca che frantuma i legami.
La valorizzazione dei laici è letta come capacità di tutta la Chiesa di comprendersi in modo non autoreferenziale, lasciandosi anche raccontare da persone esterne a lei, e comunque affrontando apertamente i luoghi di laicità, civili.
Lì non solo la valorizzazione del laicato avrebbe meno un sapore di rivendicazione, in confronto o concorrenza con il clero, ma farebbe riscoprire, a laici e clero insieme, il grande valore della secolarità e della possibilità di ricevere questa da Dio e restituirla a Dio, trasformata dalla collaborazione con l'umanità intera.
Riecheggiano i richiami a una parrocchia non templare ma operante nel territorio, alla scuola non solo cattolica, ma scuola tout court, alla mediazione culturale.
Questo sguardo, cristiano ma quasi esterno su noi stessi, motiva ancor di più ad assumere la missione come gioia di condividere l'esperienza di Cristo e la responsabilità nella restituzione di questa gioia agli altri, che vivono la drammaticità del non senso.
Per scavare a fondo nell'ambito proposto, si accetta di lavorare all'approfondimento di qualcosa che accomuna gran parte degli interventi: prendendo a modello sia nello stile sia nel contenuto il progetto culturale orientato in senso cristiano, è possibile pensare a un progetto formativo, probabilmente all'interno di quello?
Si esclude di pensarlo come allestimento di un libretto programmatico, quanto piuttosto come uno strumento e un itinerario che metta insieme diverse realtà ( famiglia, parrocchie e aggregazioni ecclesiali, scuola in tutte le sue componenti, mezzi della comunicazione sociale con operatori, strumenti, produzioni ) attorno alla ricerca della figura di credente del secolo XXI.
Dando per scontata la conoscenza delle tessere del mosaico della vita pastorale, ci si volge al modo di comporle.
Si propone concretamente di raccogliere la sfida degli ambiti non lanciando singole tematiche per riflettervi e farne fiorire iniziative conseguenti, bensì stimolando le comunità ecclesiali a munirsi di metodi e capacità di discernimento degli avvenimenti.
Il progetto formativo sarebbe un grande quadro di riferimento nazionale nel quale entrino i singoli soggetti ecclesiali, evitando la dispersione, incontrandosi per conoscersi e scambiare strumenti posseduti o crearne di nuovi.
In ogni caso non deve discendere dall'alto, bensì creare le condizioni perché ogni singola realtà di base, diocesana o altro, sia in grado di attivare la propria libertà - corresponsabilità di una comunità che è già plurale al suo interno.
Esso assicurerebbe una certa unità di indirizzo, che scaturirebbe da un terreno comune creato dal servizio centrale, come la CEI, che lentamente favorisca la convergenza sulle grandi tematiche antropologiche e offra un servizio di raccolta di « migliori pratiche » ( best practice ) a disposizione di tutti gli altri.
Insomma, esso assomiglierebbe a un quadro di riferimento aperto, dove tutti entrino comodamente e siano attivi secondo il proprio carisma.
D'altra parte il progetto implica che ci si porti nei luoghi del trasmettere con qualcosa di pensato, seppur in costruzione e rispettoso delle singolarità.
Quanto alla direzione di un progetto del genere, sarà decisivo ascoltare le domande dell'uomo di oggi ( per non rispondere a domande che non ci sono ), accompagnare la formazione lungo tutto l'arco dell'esistenza e far interagire i contesti della vita.
Sembra convincere l'ipotesi di lavorare a qualcosa da costruire insieme seppur con fatica, dove si soddisfi l'esigenza di esperire Cristo e seguirlo insieme.
Lavorare a e per un progetto torna a favore di chi progetta, perché dovrà sforzarsi di capire chi ha davanti e se necessario di modificarlo in corso d'opera.
L'ipotesi antropologica a cui inizialmente lavorare potrebbe essere quella dell'uomo nuovo che in Cristo realizza la felicità nello sperimentare la vittoria sulla morte, nel sapersi fratello di ogni uomo e mandato a essergli prossimo, anche se ciò comporta esporsi al tradimento della crocifissione.
Indice |