Convegno ecclesiale di Verona |
20 ottobre 2006
Nell'illustrare l'articolato percorso e il denso svolgimento della discussione che ha avuto luogo nell'ambito delle fragilità umane occorre soprattutto fedeltà a quanto pervenuto dai nostri delegati.
Dalla lettura e rivisitazione dei testi delle singole sintesi è derivata però una grande difficoltà: quella di riuscire, senza penalizzare la vivezza degli stili espressivi dei loro redattori, a rendere effettivamente accessibili a tutti i tratti unitari di riflessioni caratterizzate, oltre che da elevata passione, da rilevante varietà.
Ve li propongo per quanto ne sono stato capace, nella speranza di dare così autenticamente voce ai più.
Nella prima sessione, tutti i gruppi hanno riprodotto con cura meticolosa ( riflesso di attenzione e preoccupazione vive ) l'amplissimo spettro delle fragilità umane più evidenti o emergenti sperimentate nei singoli contesti territoriali italiani; ne hanno riconosciuto il valore di risorsa idonea per attingere il vero significato e valore della persona umana; hanno ribadito e puntualizzato il bisogno che la Chiesa sia ciò che deve essere, ossia maestra di umanità autentica e piena.
Ricorrente è stato l'operarne la rassegna in veri e propri elenchi ( peraltro, con convergenza quasi unanime ).
Nell'avvertita consapevolezza delle diffuse e rilevanti insufficienze attuali delle nostre Chiese particolari ( a fronte delle più acute urgenze della presente stagione epocale ), si è sottolineata l'importanza di questo loro riconoscimento, come metodo ( più che occasione ) di maturazione e crescita.
Si è quindi fatto invito a coltivare l'esperienza della personale e comunitaria condivisione della vita soprattutto con i più poveri, nella riconoscenza di quanto offre, per far crescere la sensibilità anche collettiva nelle comunità ecclesiali; ma anche, e assai insistita, è stata la perorazione a cercare luoghi e tempi per far confrontare, collegare, promuovere e sostenere esperienze e carismi molteplici, che meritano di non rimanere frammentari ( o circoscritti agli specialisti delegati ), bensì di insegnare e apprendere insieme la virtù della corresponsabilità.
Nella seconda sessione, parte dei gruppi ha sottolineato alcuni atteggiamenti, o stili, ritenuti indispensabili per « relazionarsi » con le persone fragili e per farsi, per così dire, illuminare dall'alta dignità di ognuna: la vicinanza ( che accomuna e « converte » ); l'impegno particolare nell'attenzione e nella cura personali ( il saper « stare in compagnia » ); la ricerca della verità, della riconciliazione e del perdono; un servizio generoso, amorevole, umile ma competente, appassionato, nel vicendevole sostegno alla scuola della vita; la sobrietà e l'essenzialità nell'uso della ricchezza ( segnatamente da parte di presbiteri e Vescovi ); l'assunzione da parte delle comunità ecclesiali, in quanto tali, e non da singoli loro settori, dell'ascolto come naturale habitus per la vera condivisione nel quotidiano.
Sono state poi evidenziate alcune specifiche necessità, chiarendo come all'ascolto e all'accoglienza delle attuali forme ed espressioni delle fragilità ci si possa e ci si debba « educare » e quali risorse in particolare siano essenziali per irrobustire e rendere maggiormente credibile la testimonianza della Chiesa, come madre e compagna; testimonianza ( si è rilevato con sofferenza ) ancora sovente oscurata da esperienze di rifiuto, indisponibilità o limitata sensibilità, che ne inficiano la coerenza, e originano dal sapere ancora troppo poco cos'è e dov'è fragilità o da limiti personali ( diffusi sia tra i laici sia tra i consacrati ).
Sono stati, in particolare, auspicati:
- la riaffermazione della specificità della missionarietà della Chiesa, che porta l'amore di Cristo risorto quale speranza per il mondo;
- il ripensamento dei percorsi educativi e catechetici;
- la « comunicazione » dell'antropologia cristiana e dei suoi fondamenti;
- la valorizzazione del servizio dell'approfondimento teologico, anche per la formazione personale integrale e alla « carità » ( soprattutto dei presbiteri e dei consacrati );
- il potenziamento dei luoghi di studio delle presenti questioni antropologiche e sociali, come momento propedeutico sia all'orientamento vocazionale e motivazionale che all'intervento sociale e all'esercizio responsabile della cittadinanza civile;
- la vigile attenzione alle forme e ai contenuti della comunicazione di massa, per educare al suo corretto e avveduto impiego;
- lo stimolo a relazioni di comunicazione e stabile cooperazione, sia intra che extraecclesiali ( con coloro che più hanno a cuore la promozione della vita umana );
- il maturo riconoscimento dei limiti della supplenza ( pur lodevole ) nei confronti delle istituzioni pubbliche in materia di politiche sociali, ma anche dell'indefettibile valore di profezia del volontariato autentico.
Nella terza sessione, infine, con dovizia assai gradita, i gruppi hanno suggerito l'assunzione di alcune specifiche linee guida, ma pure di concrete proposte di « ministero di umanità di condivisione », tra cui:
- il recupero, nella prassi ordinaria ( non solo comunitaria ), del primato dell'ascolto della Parola di Dio, della preghiera, della comunione alla mensa eucaristica, della spiritualità alimentata dallo studio, dalla vita sacramentale, dal discernimento comunitario;
- il riconoscimento del valore e dello straordinario rilievo attuale, tra i ministeri, del diaconato, « per il » e « nel » servizio alle persone fragili, con invito al suo pieno impiego;
- il porre « segni visibili » della particolare sollecitudine della Chiesa verso i fragili non solo nello spazio ecclesiale;
- il superamento della pastorale « per settori »;
- il sostegno e la valorizzazione capillari delle forme e strutture di promozione della vita dal concepimento al suo termine naturale, in particolare verso le età più vulnerabili;
- il sostegno massimo alle famiglie e alle reti di famiglie, in luoghi e prassi che ne accompagnino non solo il sorgere, ma anche l'alimentarsi e rinnovarsi quotidiano;
- la diffusione e promozione della cultura dell'accoglienza, nelle specifiche forme dell'affidamento eterofamiliare ( e del sostegno stabile alle famiglie accoglienti ) e di « scuole di carità » ( per associazioni, gruppi e movimenti, oltre che di operatori della ed. pastorale « della strada e del marciapiede » );
- la previsione di percorsi di accoglienza, sostegno e compagnia verso i separati e i divorziati, e in particolare verso i divorziati risposati;
- il rinnovato impegno per la cura educativa alla responsabilità, al senso del sacrificio e alla santità nelle generazioni dei preadolescenti e adolescenti;
- il sostegno ( e la costituzione ) di osservatori sociali idonei alla miglior conoscenza del territorio di riferimento;
- l'assunzione del ministero della rilevazione e denuncia delle forme di peccato e ingiustizia sociale che esigono vera giustizia e della relativa ortoprassi;
- l'elaborazione e avvio di iniziative di recupero nei confronti di persone coinvolte nella malavita, in particolare quella dedita al crimine organizzato;
- la formazione e valorizzazione di un volontariato competente, particolarmente motivato, già nella dimensione parrocchiale, negli ambiti più urgenti ( come quello sanitario, dell'accoglienza agli immigrati, del recupero e reinserimento sociale degli ex detenuti );
- l'attribuzione alla Caritas della formazione e della promozione culturale, con la progressiva responsabilizzazione nell'assunzione della gestione delle opere da parte delle realtà laicali territorialmente più significative;
- la redazione di un documento sulla pastorale carceraria e la creazione di una consulta ad hoc ( e, in sede diocesana, di una commissione permanente per il « mondo penale » );
- l'istituzione, in dimensione anche interdiocesana ( o regionale ), di un coordinamento delle strutture di servizio e promozione umana e l'incentivazione di strutture di rete per la cooperazione anche con soggetti non di ispirazione ecclesiale o cristiana verso le situazioni di maggior disagio sociale;
- l'invito alle scuole cattoliche all'accoglienza dei più svantaggiati.
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