Convegno ecclesiale di Verona

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Ambito 5: cittadinanza

Sintesi dei lavori nei gruppi di studio, a cura del prof. Luca Diotallevi

20 ottobre 2006

Considerazioni generali

I verbali dei gruppi di lavoro dell'ambito « cittadinanza » documentano un confronto generoso e vivace, ricco di vigorosi accenti critici.

Dai partecipanti è emerso l'invito e innanzitutto l'impegno a proseguire il confronto anche dopo queste giornate di Verona, e a coinvolgere in esso quanto più possibile le comunità ecclesiali locali.

La piacevole sorpresa che questi resoconti ci offrono è quella di un nucleo di richieste e di proposte assai condiviso.

1. Una riflessione sull'esperienza: alcune attenzioni prioritarie

a) Generale, dettagliata e ricorrente è la domanda di formazione ai temi e alle sfide della cittadinanza.

Essa mostra una consistenza particolare perché assai spesso si presenta come desiderio di approfondimento ulteriore e non di primo approccio.

È proprio l'aver già riflettuto su pace, solidarietà, impegno sociale, ad esempio, o sulla vecchia « alternativa pubblico/privato », o sulla mondialità e la globalizzazione, o sulle forme della governance, o sui valori e sul valore storico della costituzione italiana del 1948, che fa sorgere l'esigenza di approfondire questi temi sempre più e meglio e insieme la dottrina sociale della Chiesa, la sua storia e quella del movimento cattolico, in modo - lo si sottolinea costantemente - più qualificato e scientificamente rigoroso.

Se vogliamo, questa richiesta di formazione confessa anche una sottile preoccupazione.

Non di rado, di fronte a tante novità sociali e culturali, ci scopriamo forse non in difetto di speranza ma nella condizione di coloro che a ogni costo vogliono sperare, che cercano « segni dei tempi » nei quali trovare non conferme ma spazi meno angusti per l'esercizio della speranza cristiana.

Si chiede alla formazione di far emergere eventi, processi, linguaggi, modelli di lettura, relazioni da cui la speranza cristiana certo non dipende, ma « che consentono di abitare con simpatia il cambiamento ».

La domanda di formazione permanente e integrale, di vera e propria educazione, esprime la voglia di non limitarsi a ripetere principi.

E attraverso questo sforzo di formazione e questa pratica dell'intelligenza credente che si cerca una risposta all'esigenza di identità attraverso la pratica continua della mediazione e non attraverso le scorciatoie pericolose e sterili del fondamentalismo, onde uscire dalla « cultura dell'impossibile ».

È in questa prospettiva che si suggerisce anche di guardare alle esperienze delle altre Chiese europee.

Una speciale attenzione è spesso prestata ai giovani di questo tempo, a favore dei quali vanno pensate occasioni di tirocinio cristiano alla cittadinanza necessariamente diverse ma non meno efficaci di quelle cui attinsero le generazioni del passato.

Di occasioni del genere in questo momento si avverte una grave scarsità.

b) Costante e indefesso è il richiamo a un'attenzione prioritaria agli ultimi, a coloro che fanno fatica, a una strenua partnership al fianco delle loro battaglie per una piena inclusione nel regime civile di diritti, doveri e opportunità.

Non tragga in inganno il fatto che su questo punto il numero delle righe spese è piccolo: esso appare con chiarezza inversamente proporzionale alla forza delle affermazioni che esprime.

Visto il tema dell'ambito e la pressione dell'attualità, l'attenzione di pressoché tutti i gruppi si è concentrata sulla questione della presenza di amici e amiche stranieri in cui riconosciamo una presenza nuova, che non manca di porre problemi anche seri, e che sappiamo potersi trasformare pienamente in una opportunità vitale per i nostri cuori e le nostre Chiese, e non meno per le nostre città, attraverso un percorso di dialogo, di rispetto, di corresponsabilità nella laicità dello Stato e nel riconoscimento delle istanze del diritto naturale.

Un cambiamento si chiede alle politiche pubbliche in questo campo.

c) In terzo luogo, non si può non registrare che gli atti dei lavori di gruppo ci testimoniano che i cattolici italiani hanno ancora una grande passione per la politica, vogliono fare politica, sentono l'esigenza di colmare così un vuoto grave tra fede e vita.

L'occhio del sociologo, ormai abituato a elevate medie di disinteresse, resta sorpreso.

Ma quello della Chiesa trova conforto, quello dei nostri concittadini dovrebbe vedervi un motivo di rinnovata fiducia.

Dai gruppi proviene uno sguardo dal respiro assai ampio.

Innanzitutto, la passione politica non mette in dubbio che il « luogo dell'unità dei cristiani è la Chiesa e non la politica », ne fa chiudere gli occhi di fronte a una tendenza di riflusso nel privato che non risparmia lo stesso tessuto ecclesiale.

Inoltre, è riconosciuto e difeso come non transeunte il valore dell'impegno prepolitico, ma non è idealizzato ne da solo certo appaga la passione e la responsabilità civile di chi ha preso la parola, anche quando si ricorda con soddisfazione che « le nostre esperienze ecclesiali rappresentano spesso la punta avanzata delle risposte che la società civile sta elaborando ».

L'attenzione è protesa verso nuovi modelli culturali e organizzativi che l'impegno politico richiede oggi, rispetto al passato, a tutti e non solo ai cattolici.

Questa voglia di politica appare animata da non trascurabile realismo.

Il presente assetto del sistema politico italiano, le sue regole, i suoi attori, a partire dall'attuale bipolarismo, sono accettati come un dato di fatto e nello stesso tempo considerati suscettibili di ulteriori evoluzioni.

Semmai, questo regime di bipolarismo rende ancora più urgente la difesa e lo sviluppo di un ethos condiviso, non solo nella Chiesa ma anche nella società.

Contemporaneamente, forte è la critica all'attuale legge elettorale del parlamento, e determinata è la denuncia delle drammatiche condizioni in cui la legalità versa in tante aree del Paese.

Infine, va ricordato che le preoccupazioni appena espresse negli ultimi due punti ( b e c ) costantemente convergono nel sottolineare l'attualità e l'urgenza, spesso drammatica, della « questione meridionale ».

2. Un approccio pastorale integrato: alcune proposte

Dai verbali appare che la proposta di concentrare gli sforzi verso una pastorale più integrata, proposta che costituiva uno dei motivi del Convegno sin dalla sua convocazione, è stata non solo compresa e accolta, ma addirittura quasi radicalizzata.

Proprio mentre si richiede una maggiore attenzione di tutta la comunità ecclesiale ai problemi e alle istanze di questo ambito, si contrasta preventivamente l'idea che questi vengano affidati a un nuovo, ennesimo ufficio.

Costantemente si richiede che essi siano innestati nel cuore della pastorale ordinaria.

In questo senso, più spesso che altre ricorrono tre proposte.

a) In tutti i verbali e più volte in ciascuno si richiede di implementare e qualificare tutte le istituzioni in grado di corrispondere alla urgente domanda di formazione di cui si è detto in principio.

Anche in questo caso, non perché nulla si è fatto ma perché si sente il bisogno e il dovere di fare di più, molto di più.

L'esperienza del progetto culturale, delle scuole di formazione sociopolitica, delle commissioni lustitia et pax ( di cui magari rafforzare il livello regionale ) e così via sono gli esempi più citati.

Ma non basta. A fianco di queste si vogliono, ai diversi livelli della vita ecclesiale, luoghi finalmente permanenti di discernimento comunitario, aperti a competenze e professioni, a uomini e a donne, a giovani, costantemente e rigorosamente attenti ai processi e ai soggetti civili ( politici, economici ecc. ) e ai segni dei tempi che possono custodire.

È anche in queste sedi che i politici cattolici possono superare l'esperienza di solitudine e abbandono da parte della comunità che questi denunciano.

È attraverso queste sedi che si ritiene sia possibile evitare che il bipolarismo e il pluralismo politico dei cattolici producano un'abitudine alla delegittimazione reciproca.

Queste sedi possono essere allo stesso tempo luoghi di ricezione e di elaborazione di una « nuova antropologia cristiana», e laboratori di un nuovo cattolicesimo politico.

b) Si chiede che la responsabilità per la città sia portata al cuore delle celebrazioni eucaristiche, al cuore della ricerca della Parola nelle Scritture, che risuoni nella normale omiletica, che sia tenuta presente nella catechesi ordinaria e in modi adeguati sin dai primi passi dell'iniziazione cristiana.

E a questo livello fontale, oppure mai più, che si può costruire una spiritualità cristiana non disincantata.

« La centralità della Parola e dell'Eucaristia dovranno essere il fondamento e l'alimento dell'impegno concreto del cristiano nella città ».

c) Infine, con sorprendente convergenza, sono proprio le parrocchie e le Diocesi, i consigli pastorali parrocchiali e i consigli pastorali diocesani a essere indicati come i luoghi decisivi di questa integrazione pastorale, della quale anche la responsabilità per la città vuole essere anima e dalla quale sola sente di poter trarre nuovo alimento spirituale.

Ciò richiede che nella loro vita ordinaria, e magari proprio a partire dai gradi di trasparenza dei processi di amministrazione economica, parrocchie e Diocesi offrano una testimonianza pubblica adeguata.

Una personale impressione: non è solo di alcuni la coscienza cui ci richiamava la Centesimus annus, che anche la nostra generazione di cristiani è posta di fronte a « cose nuove », e che ciò ci richiede di guardare indietro ma anche attorno e davanti.

Queste cose nuove non richiedono una fede diversa, ma magari diverse idee e il coraggio di assumere diversi rischi, certi che è nella fede di sempre che noi rinnoviamo la libertà cristiana richiesta da ogni nuovo giorno.

Quella libertà cui ogni mattino è ripetuto: « Ascoltate oggi la sua voce: "Non indurite il vostro cuore" ».

Capiamo così meglio perché mai anche la grande storia dell'impegno civile dei cattolici italiani è fatta di fasi mai del tutto contenute dalle fasi che le avevano precedute.

Questa è la storia di un impegno dei cattolici per la città che si è lasciato continuamente rinnovare dal rinnovarsi della Chiesa, e che a volte le ha restituito occasioni di rinnovamento e testimonianze di santità.

Nessuno di noi pensa di avere di fronte un'opera facile, ma nelle pagine che ieri pomeriggio andavo leggendo vedevo la fede forte di tante e di tanti che sanno che sarà il Signore ad assumersi la parte più grande dell'opera e ad aiutarci in quella più piccola e pur per noi spesso pesante che ci è affidata, e poi a compierla lui stesso: « L'opera delle tue mani, o Signore, completa ».

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