Convegno ecclesiale di Verona |
L'identità cristiana deve essere sempre « ritradotta » nelle forme della vita e della cultura, oggi plasmata dalla comunicazione e dai suoi strumenti.
Questi sono la ragione e il senso della tradizione, in cui convergono dunque due elementi inseparabili: la consegna di un bene da una generazione all'altra e il dinamismo per il quale ogni persona viene « rigenerata » dal contatto con questa prospettiva di senso.
Senza una visione dell'uomo e della vita, cioè una speranza da consegnare, non c'è neanche un processo educativo.
Ciò si comprende bene oggi quando, mancando spesso un orizzonte di significato, anche l'educazione è vista con sospetto, quasi fosse un'operazione indebita, oltre che destinata all'insuccesso.
In realtà ogni tradizione è viva finché è trasmissibile e la caduta della speranza si coglie soprattutto nella crisi educativa che attraversa l'intera società.
Il risultato è una difficoltà crescente a « capire il mondo » con i suoi inquietanti segnali, tra cui la diffusione di opinioni generiche e confuse, o l'avanzare di un irrazionalismo culturale, inclusi fenomeni quali il ricorso a maghi e simili, la ricerca di espressioni religiose esotiche e incoerenti, l'esoterismo, il satanismo, le svariate forme del « consumismo spirituale ».
Riannodare i fili con la tradizione cristiana rappresenta un ambito di testimonianza decisivo, da un punto di vista pastorale e culturale.
Ma è nella cultura in senso ampio, nell'arte, nella scienza, nei diversi saperi e nelle dinamiche della comunicazione sociale che la testimonianza di Gesù risorto costituisce una risorsa preziosa, un vero e proprio orientamento alla verità in grado di superare la frammentazione e la confusione per riscoprire il significato della nostra storia.
Occorre recuperare il senso escatologico della risurrezione:
Gesù risorto è il Cristo, Signore della storia.
Anche oggi la vicenda del popolo di Dio si snoda come risposta fedele a un incontro e a una promessa.
Come valorizzare la dimensione storica dell'esperienza cristiana?
Che cosa significa per la speranza - testimonianza cristiana condividere il compito educativo nelle sue varie forme e livelli?
Quale ruolo e quali forme devono saper e poter assumere le istituzioni culturali ( di istruzione e ricerca, ma anche della comunicazione ) che si qualificano come cattoliche?
La cultura aiuta a osservare e giudicare quanto accade attorno a noi; la cultura ci invita e aiuta a porci nel modo corretto le domande più radicali sul senso dell'esistenza.
Quanto nelle nostre comunità è percepito questo insostituibile ruolo della cultura?
Quanta « fame » c'è di pensiero e di idee?
Come, in particolare, valorizzare e diffondere il gusto per il servizio culturale?
Come rispondere all'esigenza di identità sempre più pressante nel dibattito culturale?
La traditio è sempre esperienza di relazione, cioè consegna di un'esperienza da persona a persona.
Come valorizzare i momenti della celebrazione e della catechesi, superandone gli attuali punti deboli?
A quali atteggiamenti e criteri improntare il rapporto tra la comunità cristiana e i mass media, luoghi decisivi di trasmissione di pensiero, valori e stili di vita?
La comunità ecclesiale è caratterizzata dalla presenza di molti e diversi soggetti educanti e modelli educativi.
Come rispettarli e valorizzarli, ma nello stesso tempo far sì che siano pienamente inseriti nella chiesa locale e ne condividano, non solo formalmente ne superficialmente, gli obiettivi e il cammino?
Dalla testimonianza di Gesù risorto scaturisce l'impegno di un annuncio di speranza alla persona e alla società del nostro tempo, anche nel trasmettere la vita e il suo senso, quindi sul terreno dell'educazione e della comunicazione.
A tale proposito, vanno formulate delle adeguate proposte.
Il dialogo tra le generazioni può aiutare a sostenere le relazioni affettive e a rigenerare la stessa tradizione?
In quale modo?
Come proporre la festa quale luogo in cui si rinnova e si comunica la speranza, valorizzando le tante feste della nostra tradizione e facendo attenzione a fenomeni, spesso fragili e consumistici, che rischiano di soppiantarle?
Anche il lavoro - lo stile con cui si lavora, il posto che il lavoro occupa nella propria giornata - contribuisce a dare un senso alla vita.
Il lavoro vale in sé, e non solo per il denaro che fa guadagnare.
Fino a che punto tutto ciò è compreso e se ne traggono le conseguenze?
Come aiutare le persone a elaborare un'immagine di sé a partire dal riconoscimento della propria fragilità, consapevolezza senza la quale nessuno può dirsi pienamente adulto?
In quali modi trasmettere la tradizione culturale ispirata alla fede e la dimensione civile della vita religiosa, in un contesto in cui si cerca di attutirne la rilevanza pubblica in nome di una presunta apertura multiculturale?
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