Convegno ecclesiale di Verona |
Saper leggere il nostro tempo, con i suoi rapidi cambiamenti, in una chiave positiva e propositiva e non catastrofica e distruttiva è un servizio alla speranza.
Il tema della città e della cittadinanza ha infatti per la fede cristiana un rilievo non solo etico e pratico, ma anche teologico, poiché si tratta della comunità degli uomini.
Si deve partire riflettendo sulle origini della cittadinanza.
Se con questo termine si individua infatti la soggettività all'interno della propria realtà sociale, occorre sottolineare che ciò non deriva da una sorta di creazione dall'alto ( lo Stato ), ma per l'acquisita consapevolezza dei propri diritti e dei corrispettivi doveri, di cui l'ordinamento civile si fa garante.
Ciò che ci occorre non è uno Stato che regoli e domini tutto, ma uno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le iniziative delle diverse forze sociali.
Occorre essere più consapevoli che è necessario un discernimento cristiano sui temi della cittadinanza.
Esso richiede la capacità di immaginare istituzioni e strutture sempre più a misura e a servizio della persona.
È necessario dunque un deciso miglioramento del modo in cui viene concepito e praticato il valore della laicità, senza deleghe in bianco e senza venir meno al necessario coinvolgimento personale richiesto da una testimonianza credibile.
I confini tradizionali della cittadinanza si sono trasformati.
È perciò importante dare alla riflessione e all'esperienza della cittadinanza un respiro globale, promuovendola in prospettiva al tempo stesso locale e nazionale, europea e mondiale, nella direzione di identità e appartenenze non esclusive ma inclusive.
Come coniugare la prospettiva escatologica, che guarda al domani e al lassù, con l'impegno « qui e ora », attento al quaggiù della vicenda umana?
Come recuperare modi e strumenti che permettano il discernimento cristiano, a partire dalla vita quotidiana?
Il Paese ha bisogno di cittadini consapevoli e responsabili.
È possibile un cammino formativo che conduca alla convinzione che non ci sono diritti senza doveri, e la garanzia dei diritti si accompagna alla consapevolezza di doversi impegnare per produrre i beni e i servizi che si vuole avere a disposizione?
La dottrina sociale della Chiesa non smette di rivelarsi profonda, solida e moderna.
Ma quanto è conosciuta nella comunità ecclesiale?
Può diventare un riferimento fecondo, passando da una conoscenza generica e per sommi capi a un'interpretazione calata nella realtà della vita sociale? Come?
L'impegno di un annuncio di speranza alla persona e alla società rispetto all'esperienza della cittadinanza in questo tempo, originato dalla testimonianza di Gesù risorto, va declinato attraverso una serie di proposte specifiche.
Come educare le giovani generazioni a relazioni autentiche, capaci cioè di sviluppare un'affettività matura e responsabile, e di fondare famiglie stabili, aperte alla comunità?
Come ridare centralità ai temi del lavoro e della festa?
In particolare, come il lavoro oggi va regolato, affinché non riempia l'intera giornata e occupi tutti i pensieri, ma rispetti le singole persone e soprattutto i tempi della famiglia, prima cellula della comunità civile ed ecclesiale?
I bisogni di bambini, anziani, disabili, immigrati, carcerati e molti altri interpellano la Chiesa.
Come favorire l'acquisizione e l'esercizio reale dei diritti fondamentali di cittadinanza da parte di persone e gruppi in difficoltà?
È possibile e opportuno costruire un terreno comune di incontri e di valori condivisi fra tutte le componenti sociali, finalizzato al bene comune?
Come superare, nello stesso spirito, le lacerazioni che la contrapposizione politica rischia di apportare nella società?
Come favorire una cultura e una prassi improntate a un rapporto rispettoso e fecondo tra la società e la Chiesa?
In quale modo il realismo cristiano contribuisce a determinare delle scelte politiche che, nell'affrontare i principali problemi del nostro tempo, mettano sempre e comunque al centro la persona?
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