Venite e vedrete |
CCC nn. 170-171; 185-197 CdA nn. 95-100
Il cristianesimo non è una teoria, una filosofia, una concezione del mondo e della vita umana.
Il cristianesimo è originariamente un avvenimento, una persona.
Essere cristiani non vuole dire innanzi tutto avere questa o quest'altra idea, agire in questo o quell'altro modo, ma vuol dire confessare che Gesù è Signore: "Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti sarai salvo" ( Rm 10,9 ).
Questa formula sintetica della fede risulterebbe del tutto insignificante a chi nulla sapesse di Gesù, della sua storia e del suo insegnamento, di tutta la storia del popolo d'Israele e della Chiesa stessa di oggi.
Gesù infatti è chiamato dalla fede il Cristo proprio in rapporto a questa storia, di cui è il compimento.
Per questo già nel Nuovo Testamento si trovano altre formule della fede, che, pur senza pretendere di riassumere in poche parole tutta la storia di Gesù e d'Israele, ne richiamano i momenti salienti.
Così, all'inizio della lettera che scrive ai cristiani di Roma, Paolo definisce il vangelo di cui egli è apostolo: "Vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti Gesù Cristo, nostro Signore" ( Rm 1,1-4 ).
Gesù è Signore: ma chi può essere chiamato Signore, se non Dio solo?
Gesù è Dio, è "di natura divina", uguale a Dio ( Fil 2,6 ).
È insieme Figlio di Dio.
La confessione di fede in Gesù comporta la confessione di una nuova e sorprendente immagine di Dio: un Dio che è Padre di un Figlio unigenito, in cui risplende ogni sua perfezione; un Dio che è creatore di tutte le cose ed è insieme Padre di tutti gli uomini, perché tutti li ha voluti e destinati, in Cristo, ad essere suoi figli.
Ecco, allora, come sviluppo della fede in Gesù Signore, la formula di fede a due termini: "C'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui" ( 1 Cor 8,6 ).
Ma già nel Nuovo Testamento incontriamo anche la formula destinata ad affermarsi come "simbolo" per eccellenza della fede cristiana, e cioè quella trinitaria.
È formula che ebbe origine, con tutta probabilità nel contesto della liturgia battesimale; come testimoniano le parole che esprimono la missione affidata dal Risorto agli apostoli, secondo il Vangelo di Matteo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" ( Mt 28,19-20 ).
L'ordine del Risorto, come riferito dal Vangelo di Matteo, suggerì già in epoca apostolica di battezzare mediante una triplice immersione nell'acqua, accompagnata dalla professione della fede nelle tre Persone divine.
La Tradizione apostolica di Ippolito, agli inizi del III secolo, descrive questo rito battesimale e riferisce la triplice interrogazione che era rivolta al candidato: "Credi in Dio Padre onnipotente?
Credi in Gesù Cristo, Figlio di Dio, che è nato per opera dello Spirito Santo da Maria vergine; fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, ed è risuscitato nel terzo giorno vivo dai morti, e salì al cielo e sedette alla destra del Padre; e verrà a giudicare i vivi e i morti?
Credi nello Spirito Santo, e la santa Chiesa e la risurrezione della carne?".
Questa formula interrogativa della professione di fede la ritroviamo ancora proposta a chi chiede di ricevere il Battesimo, o ai genitori che chiedono il Battesimo per il proprio figlio; a tutti viene richiesto di rinnovare l'assenso ad essa nella notte di Pasqua.
Il simbolo in forma di triplice domanda, in uso a Roma verso il 200, è già molto vicino al simbolo di fede più diffuso nelle Chiese d'occidente; il "simbolo apostolico", che è la formula di fede insegnata in occidente a tutti i cristiani ancora bambini fino ad oggi.
Il nome di "simbolo apostolico" deriva dal fatto che una tradizione antica, riferita da Rufino di Aquileia ( inizi V secolo ), lo attribuiva agli apostoli stessi, i quali Io avrebbero redatto a Gerusalemme; prima di dividersi per le vie del mondo.
Al di là degli aspetti leggendari di questa spiegazione, rimane la verità che esso è composto tutto di affermazioni appartenenti alla più originaria tradizione apostolica.
Questo simbolo, anch'esso di origine battesimale; realizza una suggestiva sintesi della duplice preoccupazione: rispettare lo schema trinitario ed esprimere però insieme i momenti salienti dell'opera di salvezza: "Io credo in Dio, Padre onnipotente; creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore; il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria vergine; patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen".
Nei secoli successivi della storia della Chiesa, altri simboli e formule brevi della fede furono elaborati, sotto la pressione di diverse necessità, proposte dalla concreta esperienza cristiana.
Non si trattava certo di simboli alternativi rispetto a quello "apostolico" ma di dilatazioni o modulazioni diverse di esso, secondo le necessità via via emergenti.
Il cosiddetto " simbolo niceno - costantinopolitano", che prende nome da due concili ecumenici del IV secolo, fu composto, ad esempio, con prevalente preoccupazione di difesa della fede autentica nei confronti dell'eresia trinitaria.
È il simbolo che ancora oggi si recita abitualmente nella liturgia eucaristica domenicale.
La formula breve della fede non è una specie di riassunto a modo di slogan; non è un concentrato a uso delle persone che hanno fretta.
Proprio perché la fede nella verità cristiana impegna tutta l'esistenza, l'unica concentrazione possibile, anzi necessaria, è la riduzione di ogni espressione alla radice permanente che è Gesù Signore.
La formula breve della fede è solo un criterio, una chiave per entrare nel mistero della persona di Gesù come ci è testimoniato nelle Scritture e nella viva Tradizione della Chiesa.
Indice |