La dimensione contemplativa della vita

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III. Preghiera silenziosa ed eucaristia

La preghiera nasce dunque dal mistero stesso dell'uomo.

Ciascuno è invitato a riscoprire nel silenzio e nell'adorazione la sua chiamata ad essere persona davanti a un tu personale che lo interpella con la sua Parola.

Ma il cristiano vive l'esperienza della sua preghiera, anche la più silenziosa e segreta – che egli fa « entrando nella propria camera e chiusa la porta » ( Mt 6,6 ) – come membro di una Chiesa che ha nell'Eucaristia la fonte e il culmine della sua adorazione e della sua lode.

In quale rapporto sta la preghiera silenziosa con l'Eucaristia?

1. Lasciarsi coinvolgere da Cristo Eucaristia e Chiesa.

È necessario prima di tutto chiarire il rapporto tra Eucaristia e Chiesa.

L'Eucaristia, con tutta l'economia sacramentale che riassume, è il « segno » voluto da Cristo stesso e da lui continuamente gestito, addirittura con una presenza personale e reale, per mediare tra quel « segno » definitivo e inesauribile dell'amore di Dio, che è la Pasqua, e il segno che è la Chiesa.

Questa infatti è la comunità di coloro che « fanno memoria » di Cristo e del suo mistero pasquale, e che in forza del Cristo stesso, che si rende presente tra loro mediante l'Eucaristia, si amano come egli li ama e, testimoniando l'amore verso tutti, cercano di inserire tutti in questa comunione d'amore che viene da Dio.

Va superata quindi una concezione un po' impersonale e quasi meccanica del rapporto tra Eucaristia e Chiesa, quasi che la Chiesa, fatta dall'Eucaristia, sia un'entità separata dalla libertà, dall'intelligenza, dalla corrispondenza dei battezzati.

Non c'è vera e piena Eucaristia senza la partecipazione personale del credente.

Certo, la presenza del Signore Gesù è assicurata dal servizio sacerdotale che agisce a modo di mediazione « in persona Christi ».

Ma tale presenza esige sia che il sacerdote si sforzi di ripetere il gesto eucaristico condividendo l'offerta che il redentore fa di se stesso, sia che i fedeli presentino al Padre la vittima santa presente sull'altare unendosi ad essa con l'impegno di una vita conforme al vangelo.

Il comando « Fate questo in memoria di me » non dice solo la ripetizione di un rito, ma anche la partecipazione a ciò che il rito significa, vale a dire l'offerta che Cristo fa di sé al Padre per la salvezza degli uomini.

In questo senso va superata anche una concezione moralistica, sia che essa si esprima in un'enfasi dei doveri che i credenti hanno verso l'Eucaristia ( adorazione, culto ecc. ), sia che si esprima in un'enfasi dei doveri che i credenti si assumono a partire dall'Eucaristia ( impegno sociale, nuovi rapporti fraterni ecc. ).

Questi atteggiamenti sono giusti, ma vanno vissuti secondo tutta la ricchezza formatrice e plasmatrice che l'Eucaristia esercita sulla vita concreta dei credenti radunandoli nella comunità che è la Chiesa.

2. Donare « corpo e sangue » in ginocchio

Eucaristia e atteggiamento di preghiera silenziosa.

L'Eucaristia è veramente capita e accolta non solo quando si fanno certe cose verso di essa ( la si celebra, la si adora, la si riceve con le dovute disposizioni ecc. ) o si fanno certe cose a partire da essa ( ci si vuol bene, si lotta per la giustizia ecc. ), ma anche e soprattutto quando essa diventa la « forma », la sorgente e il modello operativo che impronta di sé la vita comunitaria e personale dei credenti.

Nell'Eucaristia si rende presente e operante nella Chiesa il Cristo del mistero pasquale.

È il Figlio in ascolto obbediente alla Parola del Padre.

È il Figlio che, nell'atto di spendere la propria vita per amore, trova nella drammatica e dolcissima preghiera rivolta al suo « Abba » ( cfr. Mc 14,36; Lc 23,46 ) il coraggio, la misura, la norma del proprio comportamento verso gli uomini.

Pertanto la celebrazione eucaristica realizza se stessa quando fa in modo che i credenti donino « corpo e sangue » come Cristo per i fratelli, ma mettendosi in ginocchio, in attenzione di ascolto e di accoglienza, riconoscendo che tutto questo è dono del Padre, non confidando nelle proprie forze, non progettando il servizio degli altri secondo i propri modi di vedere.

Tutto questo richiede, in concreto, la coltivazione di atteggiamenti interiori che precedano, accompagnino, seguano la celebrazione eucaristica: ascolto della Parola rivelata, contemplazione dei misteri di Gesù, intuizione della volontà del Padre tralucente dalle parole di Gesù, confronto tra il progetto di vita che scaturisce dalla Pasqua-Eucaristia e le sempre nuove situazioni spirituali in cui le comunità e i singoli credenti vengono a trovarsi.

Per questo, preghiera silenziosa, ascolto della Parola, meditazione biblica, riflessione personale, non sono disgiunti dall'Eucaristia, ma sono vitalmente collegati ad essa.

Di qui l'importanza che si attui la preparazione remota al congresso eucaristico facendo in modo che la diocesi si metta, per così dire, in ginocchio, proponendo il valore della preghiera silenziosa, indicando strumenti concreti per coltivare questo clima contemplativo che è indispensabile per celebrare degnamente l'Eucaristia.

3. Obbedienza e attesa

Fede, speranza ed Eucaristia.

Il collegamento tra preghiera ed Eucaristia appare più chiaro se consideriamo il rapporto tra Eucaristia e virtù teologali.

L'Eucaristia è la forma esemplare che plasma la vita della Chiesa e dei singoli credenti sul modello della Pasqua.

In questa luce il frutto fondamentale dell'Eucaristia è la carità, come capacità di dare la vita come l'ha data Gesù.

Ma il riferimento a Gesù colloca la carità entro le coordinate della fede e della speranza: Gesù dona la vita in nome e in forza di uno speciale rapporto « contemplativo » con il Padre.

Questo rapporto di abbandono fiducioso, di ascolto, di obbedienza può essere descritto, nella sua estensione a ogni credente in Cristo, come rapporto di fede e di speranza.

La fede esprime la sicurezza dell'alleanza, l'affidamento del credente alla fedeltà amorosa del Padre che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo.

La speranza si estende oltre le insicurezze, i rischi, le contraddizioni di una libertà umana che è sempre tentata di infedeltà.

Facendo continua memoria delle promesse di Dio e riconducendo i propri progetti al progetto del Padre, il cristiano si apre al futuro del regno di Dio, può progettare, può sperare e attendere il compimento definitivo dei suoi desideri.

Ora, è proprio attorno ai valori della fede e della speranza cristiane che si costruisce l'immagine cristiana della preghiera:

– sia nella sua motivazione profonda: la preghiera cristiana è inserzione del credente nel rapporto di comunione filiale che Cristo ha con il Padre, allo scopo di esprimere nella carità il volto del Padre, riflesso nel volto di Cristo;

– sia nelle sue espressioni fondamentali: in connessione con la fede, la preghiera è lode, adorazione, ringraziamento, riconoscimento del Padre, affidamento a lui; in connessione con la speranza, la preghiera è intercessione, domanda, implorazione che accoglie in sé i desideri dell'uomo, ma integrati e purificati nel desiderio fondamentale di fare, nella fede, la volontà del Padre.

Il cuore si apre alle dimensioni del Regno e alle sue realizzazioni ecumeniche e missionarie.

In questo quadro generale della preghiera cristiana prendono il loro giusto posto i suoi vari aspetti:

quello liturgico-sacramentale,

quello personale e quello comunitario,

quello del cuore e quello delle labbra,

quello del silenzio teso all'ascolto e quello della vigilante applicazione di ciò che si è ascoltato al tessuto storico quotidiano.

Non è dunque possibile cogliere il frutto specifico dell'Eucaristia, che è la carità, senza camminare nella via della fede e della speranza.

Ma questo suppone un esercizio costante di silenzioso ascolto della Parola di Dio e di abbandono fiducioso al suo piano di salvezza.

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