Seminari e vocazioni sacerdotali

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II. - Educazione e cura della vocazione nel seminario

67. - Il seminario: comunità ecclesiale per la formazione dei presbiteri

Il Vangelo ci testimonia più volte la speciale attenzione dedicata da Gesù alla formazione degli Apostoli, da lui scelti e costituiti nel simbolico numero di dodici come fondamento della Chiesa, nuovo Israele e popolo della definitiva alleanza.

La tradizione riportata da Marco ( Cfr. Mc 3,13-19 ) sottolinea il profondo legame che unisce gli Apostoli con Cristo e tra loro; essi, infatti, prima di essere mandati a predicare e a guarire, sono chiamati a stare con lui. ( Cfr. Mc 3,14 )

Una prolungata e intima consuetudine di vita con Gesù appare collegata con la preparazione al ministero apostolico.

Essa richiede ai dodici di realizzare in modo chiaro la 'segregazione' e il distacco, in qualche misura proposti a tutti i discepoli, dall'ambiente d'origine, dal lavoro consueto, dagli affetti familiari. ( Cfr. Mc 1,16-20; Mc 10,28; Lc 5,9-11.27-28; Lc 9,57-62; Lc 14,25-27 )

68. - La Chiesa ha raccolto questa indicazione evangelica e l'ha tradotta in un'attenta sollecitudine per il discernimento del carisma apostolico e la formazione dei candidati al ministero ordinato.

Tale sollecitudine ha assunto, nel corso della storia, forme e modalità molteplici.

Ma dal Concilio di Trento in poi, in ogni Chiesa locale, la comunità voluta dal Vescovo per l'accoglienza, la verifica e la maturazione delle vocazioni sacerdotali, è stata il seminario.

La volontà di garantire un'esperienza di fede ricca e organicamente collegata con le varie fasi dello sviluppo della personalità, in un clima di intenso rapporto spirituale con Gesù, di esigente vita comunitaria e di seria preparazione teologica, ha condotto la Chiesa a scegliere l'istituzione seminaristica come via necessaria per la preparazione al sacerdozio ministeriale.

69. - Sottoposto, come ogni altra istituzione umana, alle vicissitudini della storia e sollecitato perciò ad una doverosa opera di continuo aggiornamento, il seminario è anche oggi consapevole della propria funzione, e si riconosce in qualche modo come la continuazione della comunità apostolica stretta attorno a Gesù, in ascolto della sua parola, in cammino verso l'esperienza della Pasqua, in attesa della missione.

Il Concilio Vaticano II ha ribadito la necessità del seminario maggiore ( Cfr. OT 4 ) e l'importanza dei seminari minori come luoghi privilegiati per coltivare i germi della vocazione. ( Cfr. OT 3 )

Anche nella Chiesa di oggi l'istituzione seminaristica si presenta come una necessaria componente della comunità ecclesiale.

Anzi, essa è già in sé comunità ecclesiale in senso pieno: il Rettore, infatti, vi rende presente il Vescovo con il servizio di comunione offerto agli altri educatori e agli alunni; e i vari membri, convocati dallo Spirito in un'unica fraternità, collaborano, ciascuno secondo il proprio dono, alla crescita di tutti nella carità, perché si perpetui nella Chiesa la presenza di Cristo buon pastore.

Si manifestano così, con rinnovata chiarezza, i motivi dell'importanza che ogni comunità cristiana deve attribuire al proprio seminario: da esso dipende la sua vitalità e la sua fecondità spirituale, da esso derivano gli impulsi decisivi per l'apostolato, dalle generazioni di preti che esso plasma viene a tutti i figli di Dio il pane della parola e del sacramento.

Giovanni Paolo II recentemente ha affermato che « la piena ricostituzione della vita dei seminari … sarà la migliore verifica della realizzazione del rinnovamento, verso il quale il Concilio ha orientato la Chiesa ». ( Giovanni Paolo II, Lettera ai Vescovi, il Giovedì Santo 1979 )

È utile perciò che i fedeli conoscano le grandi linee e i principali problemi della vita del seminario, sia perché imparino a stimarla, formandosene un'immagine esatta e non arbitraria o convenzionale, sia perché si sentano stimolati a offrirle il contributo della preghiera e del generoso sostegno.

70. - La graduale conformazione a Cristo buon pastore

Tutti gli aspetti della formazione sacerdotale devono concorrere in modo unitario a formare veri pastori d'anime, sull'esempio di Cristo maestro, sacerdote e pastore. ( Cfr. OT 4; LG 28 )

La vita del seminario è educazione a questa crescita dei futuri presbiteri nella carità pastorale, che sarà il principio unificante e il costante criterio di verifica di tutta la loro vita e del loro ministero.

Il problema fondamentale dell'educazione seminaristica è appunto quello di mettere in evidenza, nella molteplicità degli interventi, dei richiami, delle sottolineature pedagogiche, l'unità profonda che fa convergere tutto verso la carità pastorale.

71. - La formazione alla maturità umana e alle conseguenti virtù che il Concilio raccomanda ai presbiteri ( Cfr. PO 3 ) dovrà educare alla generosità senza riserve, alla capacità di essere responsabili, alla difficile arte di comporre la sincerità e la saggezza, l'onestà e la prudenza, la tolleranza e la chiarezza: solo un uomo 'maturato' così sarà infatti capace di realizzare una piena disponibilità al servizio pastorale nel contesto in cui sarà inserito.

Lo stesso stile educativo deve, perciò, aggiornarsi, verificando costantemente nel giovane sia il senso critico di fronte alla cultura contemporanea, sia l'equilibrio emotivo, sia la capacità di collaborare con gli altri.

72. - Nello stesso modo, anche la crescita nelle virtù propriamente cristiane non si riferirà ad un modello generico di santità, ma alla figura del buon pastore: e sarà questa a consolidare nel presbitero di domani una fede insieme umile e profondamente radicata nella vita, tale da sostenere il suo impegno di testimonianza a servizio del popolo di Dio; una fede che lo renda esempio sicuro per chi è impegnato nella ricerca, ora pacata, ora drammatica, del senso della vita.

Così anche lo stimolo continuo a collocare i propri progetti per l'avvenire in un clima di speranza evangelica deve abilitare l'alunno del seminario a essere nel ministero sacerdotale non l'uomo dei 'calcoli' e delle difese, della conservazione e della paura, ma il pastore che apre al gregge il cammino verso il futuro garantito dalle promesse di Dio.

Ancora più chiaramente la formazione alla carità, come disponibilità piena alla volontà del Padre per la salvezza dei fratelli, dovrà tradursi nella lucida decisione di dare la vita per il gregge, sull'esempio del buon pastore.

73. - La professione dei consigli evangelici dovrà essere preparata, nell'arco dell'educazione seminaristica, in modo che assuma una fisionomia propria e profondamente connessa con la carità pastorale.

La povertà sarà vissuta come condizione di libertà apostolica, ( Cfr. Lc 9,2-3 ) testimonianza di gratuità nel ministero e disinteresse personale del pastore; ( Cfr. Mt 10,8; At 20,33-35; 1 Cor 9,7-18 ) la verginità come segno e stimolo della carità pastorale; ( Cfr. PO 16 ) l'obbedienza come libera adesione al progetto di Dio e alla sua manifestazione nella Chiesa, affinché chi pasce gli agnelli del Signore sia 'legato' solo dalla volontà del Padre. ( Cfr. Gv 21,15-19 )

La povertà, la verginità, l'obbedienza saranno vissute dal seminarista con sfumature che, mentre tengono realisticamente conto del mondo disorientato da cui egli proviene e verso il quale si richiede una più rigorosa contestazione ascetica, devono concorrere a plasmare la personalità armonica e capace di responsabilità comunitaria del futuro presbitero.

Egli dovrà essere obbediente, ma assumendosi le adulte responsabilità del governo della Chiesa, nel presbiterio, in comunione col Vescovo.

Dovrà essere povero, addestrandosi con spirito evangelico anche alla conduzione economica della propria vita e soprattutto aiutando le comunità cristiane, di cui sarà pastore, a rendersi evangelicamente povere.

Dovrà essere vergine per il Regno, ma in un contesto di intense relazioni, che richiedono maturità e ricchezza umana, con tutte le persone che incontrerà nel suo ministero.

74. - Questo progressivo itinerario di formazione umana, cristiana e sacerdotale, verso la piena conformazione a Cristo, è facilitato dalla quotidiana e familiare attenzione, nutrita di chiara fede e di filiali sentimenti d'amore, alla madre di Gesù, Maria.

A Maria, che intercede presso il Figlio, è collegata ogni grazia, anche la grazia della vocazione sacerdotale; e da lei, presente e sempre operante nella Chiesa, sono offerti l'esempio e l'aiuto per la custodia e lo sviluppo dei doni di Dio, come un tempo nella casa di Nazareth.

In Maria, associata a Cristo nell'ora del sacrificio, e raccolta coi discepoli in attesa della Pentecoste, chi si prepara all'ordinazione sacra trova una fonte sublime per ispirare e confortare ogni giorno il cammino intrapreso in seminario.

75. - Strumenti e occasioni di crescita vocazionale nel seminario

È facile intuire la fresca letizia di una vita giovanile, che si concede senza riserve all'assoluta purezza del Regno, alla ricerca della perla inestimabile della sequela integrale di Cristo; ma è facile anche intravvedere i tipici problemi educativi, che la formazione al ministero sacerdotale comporta.

Già il compito di mantenere e promuovere l'unità della proposta educativa non è privo di difficoltà.

Il seminario, da un lato, ha presente la carità pastorale come ideale cristiano da vivere nella Chiesa e nel mondo d'oggi, e propone ai seminaristi un modo di vivere, che è già un'introduzione alla vita presbiterale; dall'altro, però, è consapevole della condizione 'formativa' in cui si trovano gli alunni e, quindi, prevede uno stile di vita, che ha ritmi propri e contenuti tipici e non può ridursi ad una superficiale anticipazione, del resto artificiosa, della vita pastorale.

Il progetto educativo dovrà perciò mantenere la tensione, da dosare sapientemente, tra atteggiamenti spirituali, che già sono un'iniziazione alla vita del presbitero, e impegni spirituali legati al momento formativo: il seminarista deve capire che fanno già parte della carità pastorale i momenti di attesa, di pazienza, di forte ascesi, di più intenso spazio dedicato alla contemplazione, di studio lungo e severo.

Le esperienze pastorali dirette, che ovviamente offrono un'immediata gratificazione, rischiano di farsi dispersive e di porsi in alternativa al resto della vita in seminario; dovranno essere certo valorizzate e condotte con generosa apertura di cuore, ma anche dosate con prudenza e organicamente collegate, per un reciproco arricchimento, con gli altri momenti dell'esperienza cristiana del seminarista.

76. - Negli anni della formazione è necessario che si radichi nel cuore del futuro presbitero anzitutto una fedele esperienza di preghiera.

Come il Cristo viene dal Padre e al Padre ritorna, così il prete, che lo ripresenta tra gli uomini e nella Chiesa, attesta, nel cuore delle umane vicende, il primato di Dio.

Questo 'senso religioso' sarà l'ispirazione e la misura della sua attività pastorale, il suo interesse dominante, così che gli si riveli significativa anche l'umile cura quotidiana della sua gente, svolta in confessionale, accanto al letto degli ammalati, nell'incontro con le famiglie, con i bambini, i poveri, pregando in chiese spesso deserte, trattando con persone tante volte indifferenti e che gli propongono i loro più disparati problemi quotidiani.

Un tale senso religioso non è frutto di uno stato emotivo, o tanto meno di una diserzione dal vivo dell'esistenza, ma nasce dalla 'familiarità' con Gesù Cristo, e porta ad interessarsi di ciò che sta nel profondo della vita di ogni uomo.

Questo senso di Dio si esprime e si alimenta nei tempi della preghiera, che ritmano la vita del seminario.

In particolare viene curata nel seminario la preghiera liturgica.

I candidati al sacerdozio non si addestrano a cerimonie o a riti, ma piuttosto si educano a coglierne e a viverne il senso profondo nell'esperienza diretta e nella riflessione teologica su di essa.

In un mondo attraversato da forti spinte secolarizzanti e incline, per altro verso, a forme di superstizione, è importante che il candidato al sacerdozio ministeriale scopra anzitutto per se stesso il valore della preghiera cristiana in rapporto a Dio e all'uomo, per poterlo riproporre con verità agli uomini ai quali sarà mandato.

Per questo egli fa della preghiera una dimensione della vita che non potrà più essere abbandonata, nella consapevolezza che l'intercessione per il popolo è un preciso dovere del suo futuro ministero.

77. - Il seminario offre, inoltre, ai propri alunni l'insostituibile valore della vita comune in una forma molto esigente e nettamente finalizzata all'educazione di un cuore capace di vera amicizia, premessa necessaria a quell'intima fraternità sacramentale che, secondo l'espressione del Concilio, ( Cfr. PO 8 ) dovrà unire i presbiteri tra loro e nella collegialità del loro lavoro.

Nella comunità del seminario, convocata dall'iniziativa di Dio, e non raccolta attorno a facili affinità o simpatie, ci si educa alla stima e al perdono vicendevole, all'accoglienza reciproca, all'umile rinuncia al proprio individualismo, per rendersi idonei a una più ampia e ricca collaborazione. ( Cfr. Rm 12,3-17 )

Con l'aiuto sapiente degli educatori mandati dal Vescovo, e non cercati per il loro fascino personale, ciascuno scopre la ricchezza irripetibile dei propri doni e impara a non considerarli un tesoro geloso, ma a metterli cordialmente a disposizione di tutti.

78. - Il progetto educativo del seminario propone, infine, un'esperienza di studio e di ricerca teologica, che si rivela decisiva per la maturazione della fede e per la crescita vocazionale dell'alunno.

Essa consente di verificare la purezza delle scelte vitali, di motivarle in forma sempre rinnovata, di offrire i contenuti che la vita sacerdotale oggi esige.

Per prepararsi ad essere testimone della fede, il seminarista diventa discepolo umile e appassionato della parola di Dio.

Lo studio della teologia, che nel seminario maggiore occupa gran parte del tempo quotidiano, educa al rigore oggettivo nell'accostarsi alla divina rivelazione, sviluppa la coscienza riflessa della fede e la rende criterio di 'giudizio' sull'oggi dell'umanità, proprio in forza del suo tradizionale, ecclesiale, storico fondarsi sulla parola di Gesù.

Lo studio della teologia non sostituisce, né riduce o attrae in sé gli altri aspetti della vita di fede, ma li motiva secondo una sintesi, che raccoglie le istanze normative della rivelazione, le esigenze del singolo credente, le provocazioni critiche dell'uomo contemporaneo.

79. - Il seminario nella comunità diocesana

La presenza dei singoli seminaristi e della comunità del seminario nella più vasta realtà della diocesi non deve essere né episodica né strumentale, come talvolta rischia di apparire.

Questa attenzione dovrebbe favorire sia la comunità cristiana che riceve dal seminario un prezioso arricchimento culturale, oltreché l'esempio di un'intensa vita di fede e di preghiera, sia il seminario che trae profitto dall'apporto vario e significativo dell'esperienza e della collaborazione dei preti e dei laici.

I problemi suscitati dalla ricerca di una relazione corretta tra seminario e diocesi non devono far dimenticare il suo insostituibile valore.

Seguendo le indicazioni del Vescovo, che di questo rapporto è promotore e garantisce l'equilibrio, i preti e i fedeli capiranno e rispetteranno le esigenze formative del seminario, si informeranno sui suoi problemi e comprenderanno le sue difficoltà.

Spetta a loro promuovere una testimonianza magnanima e stimolante di vita sacerdotale ed esprimere la fede e la speranza con cui la Chiesa attende il dono di nuovi presbiteri.

In vista di questa testimonianza e per una costante verifica di questa attesa, si sentano impegnati soprattutto i Consigli presbiterale e pastorale.

Essi sono i luoghi privilegiati per stimolare e coordinare la collaborazione di tutta la comunità diocesana sui problemi formativi ed economici del seminario.

80. - Il giusto riferimento alla comunità diocesana offre agli alunni del seminario l'occasione per un fecondo confronto con l'umanità viva ed i suoi problemi, che essi, da preti, dovranno imparare a servire.

Di qui verrà loro l'invito a comporre una vita di sincere e non strumentali relazioni comunitarie tra coloro che vivono in seminario, con una costruttiva partecipazione alle altre comunità - famiglia, parrocchia, gruppi - che completa la vita interpersonale del futuro presbitero.

Un prudente clima di silenzio, di distacco, di austerità si deve conciliare con un'effettiva apertura a tutti gli aspetti del mondo contemporaneo.

Non si può dimenicare il valore educativo del contatto con la società, delle visite in famiglia, dell'inserimento graduale nella vita delle parrocchie.

Questo è pure il senso di una buona formazione filosofica che, unitamente a quella teologica, introduce il seminarista a un metodo di studio, alimentando in lui la ricerca della verità, e abituandolo a leggere criticamente la realtà e le varie proposte, interpretative di essa, che incontrerà nel ministero pastorale.

Lo stesso accostamento delle letterature, della storia, delle scienze, deve costituire una via per un'approfondita conoscenza dell'uomo, delle sue condizioni, delle sue istanze, del suo mistero.

Tutti i membri del popolo di Dio possono collaborare intensamente col seminario sia per le esperienze normali che i seminaristi vivono nei tempi trascorsi in famiglia e in parrocchia, sia in occasione di quei 'tirocini pastorali' speciali, che vengono talvolta proposti ai seminaristi per una maggiore maturazione.

I genitori e i preti dei seminaristi intensifichino, con prudente discrezione, i rapporti col seminario, per contribuire, con il consiglio e la presenza, a delineare l'immagine di vita seminaristica - quale è descritta nei documenti ufficiali emanati dal Concilio, dal magistero pontificio, dalla Conferenza Episcopale Italiana - che sia sempre più aderente alle caratteristiche e alle esigenze degli alunni, della Chiesa, della società, lette nella luce del Vangelo.

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