Il giorno del Signore |
1. - Nell'attuale sforzo di rinnovamento liturgico e pastorale voluto dal Concilio Vaticano II e promosso con impegno durante tutti questi anni dalla Conferenza Episcopale Italiana, particolare attenzione ha meritato la domenica, considerata nell'economia del mistero liturgico e di tutta l'attività pastorale della Chiesa.
« Giorno del Signore » e « signore dei giorni » ( come lo definisce un sermone del sec. V ),1 la domenica è il giorno in cui la Chiesa, per una tradizione che « trae origine dallo stesso giorno della risurrezione »,2 celebra attraverso i secoli il mistero pasquale di Cristo, sorgente e causa di salvezza per l'uomo.
« Festa primordiale »3 della comunità cristiana, Pasqua settimanale, sintesi mirabile e viva di tutto il mistero della salvezza, dalla prima venuta del Cristo all'attesa del suo ritorno, la domenica ha costituito, con il suo ritmo settimanale, il nucleo primitivo della celebrazione del mistero di Cristo nella successione dei diversi tempi e dell'intero anno liturgico.
Se la domenica è detta giustamente « giorno del Signore » ( dies Domini ), ciò non è innanzitutto perché essa è il giorno che l'uomo dedica al culto del suo Signore, ma perché essa è il dono prezioso che Dio fa al suo popolo: « Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo » ( Sal 118,24 ).
« Tutto ciò che Dio ha creato di più grande e di più sacro », ricordava Leone Magno, « è stato da lui compiuto nella dignità di questo giorno »:4 l'inizio della creazione, la risurrezione del Figlio suo, l'effusione dello Spirito Santo, ebbero ugualmente luogo in questo giorno.
Per questo, nessun altro giorno è altrettanto sacro per il cristiano quanto la domenica.
La celebrazione della domenica è per la Chiesa un segno di fedeltà al suo Signore.
Sempre, attraverso i secoli, il popolo cristiano ha circondato di speciale riverenza e ha vissuto in intima profonda letizia questo sacro giorno.
La Chiesa, infatti, lo ha ricevuto, non lo ha creato: esso è per lei un dono.
Può goderne, ma non può né manipolarlo né cambiarne il ritmo, o il senso, o la struttura; esso infatti appartiene a Cristo e al suo mistero.
Alla Chiesa non resta che impegnarsi in uno sforzo d'intelligenza e d'amore, che la conduca a penetrarne sempre più profondamente il senso, la fecondità e il valore, per rendere a sua volta il giorno del Signore sempre più trasparente e persuasivo per l'uomo a cui lo deve annunciare.
Sorretta e animata dallo Spirito, la Chiesa, attraverso i secoli, ha conferito alla domenica una fisionomia assai viva e ben caratterizzata: giorno dell'Eucaristia e della preghiera, giorno della comunità e della famiglia, giorno del riposo e della festa, giorno della libertà dalle cure e dalle fatiche quotidiane ( specie per i più poveri, i servi, gli schiavi ) nell'anticipazione della libertà ultima e definitiva dalla servitù e dal bisogno.
In questo modo la domenica cristiana ha recuperato e fatto propri anche alcuni dei caratteri del sabato ebraico.
Inoltre, essa è divenuta il giorno in cui dedicarsi più largamente alle opere di carità e all'insegnamento religioso.
5. - Ma in questo nostro tempo, specialmente nelle società fortemente industrializzate e ad elevato benessere, nuove condizioni e nuove abitudini di vita stanno esponendo la domenica a un processo di profonda trasformazione.
Questo fenomeno di natura prevalentemente socio-culturale merita la massima considerazione da parte nostra.
Esso infatti comporta acquisizioni e vantaggi largamente positivi per l'uomo e tutto ciò che concorre a una vera crescita umana merita la sincera stima della Chiesa.
Tuttavia, ciò può comportare anche pericoli non indifferenti, sia per l'uomo sia per il cristiano, e un certo sfaldamento della comunità familiare e di quella religiosa ne è un chiaro esempio.
In questa situazione è possibile che il giorno della festa perda il suo significato cristiano originario per risolversi in un giorno di puro riposo o di evasione, nel quale l'uomo, vestito a festa ma incapace di fare festa, finisce con il chiudersi in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il cielo.
Consapevoli di questo pericolo e pastoralmente solleciti della fede e della vita cristiana del popolo a noi affidato dal Pastore supremo ( cfr. 1 Pt 5,4 ), abbiamo già richiamato brevemente tutto questo in un capitolo del nostro recente documento Eucaristia, comunione e comunità.5
Ora, però, sentiamo l'urgenza di ritornare più diffusamente e più analiticamente sui problemi che l'evoluzione, oggi in atto nella nostra società e nelle nostre comunità cristiane, comporta.
Ci sorregge e ci guida la speranza di poter offrire con queste pagine un sostegno alla riflessione dei pastori e dei fedeli, e un chiaro orientamento pastorale per la vita liturgica e per la spiritualità della Chiesa in Italia.
Indice |
1 | Pseudo Eusebio di Alessandria, Sermone 16 |
2 | Conc. Vat. II, Sacrosanctum Concilium, n. 106 |
3 | Ibidem |
4 | Leone Magno Epistola 9,1 |
5 | ( C.E.I. ), doc. past. Eucaristia, comunione e comunità, nn. 75-85, Roma 22-5-1983 |